Come l’innovazione ridisegna lo sviluppo locale e perché la coesione territoriale è decisiva per la crescita del Paese
L’Italia è un paese caratterizzato da diversità geografiche che sono divenute nel tempo anche diversità strutturali sulle quali si innestano oggi le sfide dell’innovazione e della produttività.
Quando parliamo di trasformazioni tecnologiche e innovazione nelle imprese, non possiamo ignorare come i territori influenzino queste dinamiche. Ne abbiamo parlato nel corso della sessione pomeridiana di IMPACT2030 lo scorso 22 ottobre. Giulio Buciuni, Professore Associato in Entrepreneurship & Innovation al Trinity College Dublin, ha portato uno sguardo europeo sul futuro del lavoro analizzando proprio queste sfide territoriali.
Nel suo intervento ha mostrato come territori, imprese e università possano collaborare per creare ecosistemi capaci di attrarre innovazione e trattenere talenti, anche nelle aree più periferiche. Come ha ricordato Buciuni, “la transizione tecnologica non è solo questione di strumenti, ma di cultura e coesione”. In questo scenario, l’AI diventa leva di sviluppo locale e sociale, non solo di competitività economica.
Uno studio OCSE sulla concentrazione dell’innovazione in 30 Paesi mostra che:
Durante IMPACT2030 abbiamo appreso che le principali 20 città al mondo assorbono il 70% di tutti gli investimenti in innovazione e startup e che in Italia più di 2000 multinazionali straniere hanno il proprio HQ a Milano.
A livello globale, l’attività legata all’innovazione – ricerca tecnologica, investimenti in R&S, presenza di capitale umano altamente qualificato – è sempre più concentrata in pochissimi luoghi. L’Italia, con le sue peculiarità, riesce comunque a ritagliarsi un ruolo significativo.
Il principale polo nazionale dell’innovazione è Milano, oggi il punto di riferimento per attrazione di investimenti esteri e attività ad alto contenuto tecnologico.
La città,l’unica ad essere inserita nelle rilevazioni OECD tra le “città superstar” a livello globale, ospita oltre 2.000 imprese a capitale estero, pari a circa il 45% del totale italiano (dati OECD e Assolombarda).
Accanto a Milano, l’intera Lombardia si conferma un vero e proprio “knowledge hub”:
Un ecosistema che combina ricerca, formazione, imprese e investimenti, generando un livello di concentrazione di capitale umano e tecnologico unico nel panorama italiano.
L’Italia possiede in questo momento un’unica grande città che rientra a pieno titolo nello schema delle “superstar cities” a livello globale.
La concentrazione di capitale umano, tecnologia, finanza e funzioni corporate in un solo polo può essere un vantaggio, ma anche un rischio.
Senza politiche di coesione territoriale capaci di rafforzare altre regioni, l’Italia rischia di rimanere ai margini dei grandi flussi globali dell’economia della conoscenza. In un Paese caratterizzato da piccole e medie imprese, questi divari rischiano di trasformarsi in un freno strutturale all’innovazione e alla produttività.
Il Rapporto CNEL 2025 sulla Produttività in Italia evidenzia che nelle PMI italiane l’adozione di tecnologie digitali – come ERP, IoT, cloud, big data – è ancora limitata, con uno scarto di 20 punti percentuali rispetto alla media UE per maturità digitale.
Secondo il rapporto, il sottoutilizzo di R&S e digitalizzazione riduce la domanda di lavoratori con competenze digitali con ulteriori conseguenze negative: salari più bassi, minori incentivi per investire in capitale umano e un impedimento alla crescita della produttività in Italia legata agli asset intangibili.
I dati sulla produttività in Italia influenzano anche lo sviluppo dei territori.
Prendiamo ad esempio le zone intermedie, rurali o montane che soffrono da tempo per un ritardo strutturale nell’attrazione di capitale umano qualificato, investimenti in R&S, servizi avanzati, infrastrutture di rete e presenza di imprese strutturate.
Spesso queste zone sono le prime a pagare con l’invecchiamento demografico, lo spopolamento, la perdita di servizi e le difficoltà di accesso a infrastrutture digitali e sociali.
Storicamente, la montagna e le aree interne italiane sono sempre state trattate come “aree da proteggere” piuttosto che “aree da sviluppare” secondo una logica spesso assistenziale e non di valorizzazione sistemica.
Questo approccio ha aumentato il gap con i grandi centri urbani. La forte variabilità nei livelli di produttività in Italia tra regioni e territori conferma la necessità di politiche territoriali mirate (infrastrutture, istruzione, servizi, incentivi), altrimenti non si può pensare ad una crescita omogenea.
Parallelamente, la digitalizzazione e la formazione del capitale umano devono diventare priorità per le PMI italiane, per sostenere una crescita equilibrata e nazionale.
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