Indagine Microsoft: anche dopo la pandemia, la maggior parte delle grandi aziende adotterà modalità di lavoro flessibili tra casa e ufficio. La sfida sarà trasmettere «un approccio umano all’innovazione»
Il futuro del lavoro è ibrido e flessibile: l’anno appena passato ha modificato in modo indelebile l’organizzazione e la struttura stessa degli uffici, dove ormai sembra impossibile tornare indietro. Lo smart workingÈ una nuova modalità di svolgimento dell’attività lavorativa, introdotta dalla l. 81/2017 e caratterizzata dall’assenza di precisi vincoli di orario e di luogo di lavoro per il dipendente. More comporta pregi e difetti, ma se oggi è una condizione forzata si suppone che, dopo la pandemia, diventerà una libera scelta. Che permetta a dipendenti e manager di beneficiare dei vantaggi e di minimizzare gli svantaggi. È quanto suggeriscono i risultati dell’indagine su “Remote working e futuro del lavoro” di Microsoft, realizzata nel mese di agosto. La ricerca, commissionata a Boston Consulting Group e KRC Research, ha coinvolto oltre 9 mila manager e dipendenti di grandi imprese in Europa occidentale, tra cui oltre 600 in Italia.
Nel corso dell’anno appena passato il lavoro in modalità “smart” ha fatto un balzo in avanti mai visto prima: dal 15 al 77%. Ed ora le aziende non intendono tornare indietro: il 66% dei dipendenti, infatti, continuerà a lavorare da remoto almeno un giorno alla settimana anche dopo la pandemia. In questa “nuova normalità”, i leader aziendali hanno registrato benefici sia in termini di produttività sia di efficienza. L’87% degli intervistati ha riscontrato una produttività pari o superiore a prima del lockdown e il 71% è convinto che le nuove modalità “ibride” di lavoro comportino significativi risparmi in termini di costi. Inoltre, sei intervistati su dieci (64%) credono che garantire modalità di lavoro da remoto possa essere un modo efficace per trattenere i collaboratori migliori.
Guardando al futuro, oggi l’ampia maggioranza dei manager prevedono di poter trascorrere, in media, un terzo del proprio tempo al di fuori del tradizionale luogo di lavoro. I principali benefici di poter lavorare da casa sono ormai conosciuti, e lo studio Microsoft conferma il senso comune. I lavoratori amano la comodità di potersi vestire in modo più casual, di personalizzare il proprio ambiente di lavoro. A migliorare la qualità della vita c’è anche il fatto di avere più tempo per i propri hobby, per i figli e anche per gli animali domestici.
Ciò che manca, invece, è la socialità e tutto ciò che ne deriva, anche sotto l’aspetto produttivo. Una delle principali sfide del lavoro da remoto è, infatti, la sensazione di essere più isolati e meno in relazione con i colleghi. Un fattore che potrebbe comportare anche un importante calo nel tasso di innovazione. La ricerca di Microsoft ha evidenziato come il lavoro da remoto possa inibire la condivisione di idee tra le persone e porti i dipendenti a essere meno invogliati a chiedere aiuto o a delegare in modo appropriato.
«L’emergenza sanitaria ha rivoluzionato il nostro modo di vivere e lavorare – spiega Luba Manolova, direttore della divisione Microsoft 365 di Microsoft Italia – rendendo le nuove tecnologie ancora più essenziali per la nostra vita quotidiana. Grazie al supporto del nostro vasto ecosistema di partner, negli ultimi mesi abbiamo aiutato le organizzazioni italiane a lavorare, comunicare e collaborare da remoto, garantendo la loro sicurezza e quella degli asset aziendali. Ma il successo di un percorso di digitalizzazione non dipende solo dagli strumenti tecnologici implementati. C’è anche la capacità di far sentire i dipendenti uniti tra loro, apprezzati e liberi di esprimere le proprie idee.
La nostra ricerca mette in luce l’importanza di un approccio umano all’innovazione. I team che avranno davvero successo saranno quelli caratterizzati da un maggiore spirito di gruppo, da empatia e fiducia negli altri. Fondamentale continuare a promuovere la cultura del digitale contestualmente alla cultura dell’innovazione e mettere a disposizione tecnologie in grado di favorire l’empowerment dei singoli. Ma anche la collaborazione dei team».
Leggi anche: