Robotica e nuove tecnologie. I robot fanno studiare di più

img 1: “Ingegnere meccanico”
(foto Shutterstock)

Automazione e robotica non sono un pericolo: le persone vogliono studiare e migliorare la propria formazione, per essere competitive

Niente paura, la tecnologia migliorerà la vita delle persone, e non potrà mai sostituire il valore e le capacità dell’intelletto umano. Il timore che l’introduzione di robot e tecnologie avanzate possa rubare posti di lavoro, sta lasciando spazio ad una nuova consapevolezza: per stare al passo con i tempi ed essere competitivi, è necessario essere più preparati. Le persone stanno diventando più ambiziose, e vogliono dedicarsi allo studio e alla formazione

2,7 milioni di robot negli ultimi 30 anni

Negli ultimi decenni i processi produttivi sono stati rivoluzionati grazie alla tecnologia di automazione: nelle fabbriche e nelle industrie sono entrate macchine in grado di svolgere attività manuali in totale autonomia. In particolare, queste tecnologie vengono utilizzate nell’industria elettronica, automobilistica e nella metalmeccanica, per tutto ciò che riguarda la saldatura, l’assemblaggio di pezzi, la movimentazione di carichi. 

Secondo l’International Federation of Robotics, lo stock globale di robot è aumentato da 500.000 a 2,7 milioni di unità negli ultimi trent’anni,  con Giappone e Corea del Sud a farla da padrone: ogni 1000 lavoratori vengono impiegati rispettivamente 10 e 5 robot. I Paesi europei e gli Usa si stanno ponendo sulla scia di quelli asiatici, ed è qui che l’automazione fa più paura alle persone, che temono di essere sostituite dai robot nei luoghi di lavoro

Addetti ai robot, aumento del 50%

In parte, questo processo si sta verificando ma, in Italia, l’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche evidenzia che, nelle zone a più intensa robotizzazione, la quota di occupazioni routinarie di tipo cognitivo è addirittura aumentata. Ci sono importanti differenze legate alle mansioni dei lavoratori: da un lato, le categorie occupazionali potenzialmente esposte al rischio di sostituzione da parte dei robot industriali non sembrano, nel loro complesso, aver risentito dell’introduzione di questi ultimi. Dall’altro, i posti di lavoro destinati agli addetti ai robot, ovvero a tutte quelle figure professionali che, a diversi livelli, si occupano della programmazione, dell’installazione e della manutenzione dei robot, sono aumentati di circa il 50% in poco meno di dieci anni.

In particolare, lo studio evidenzia che un aumento dell’1% nell’adozione di robot porta a un incremento di 0,29 punti percentuali nella quota locale di operatori di robot. Questo risultato è in linea con l’idea secondo cui, se le imprese investono di più nei robot, il numero di lavoratori che svolgono le attività complementari cresce a sua volta.

I robot fanno studiare di più

Il progresso tecnologico porta con sé elementi positivi, come l’aumento della produttività e la creazione di nuovi lavori, ma le nuove occupazioni richiedono anche nuove competenze. L’aumento dei robot nell’industria e nel mercato del lavoro sta inducendo nelle persone il desiderio di accrescere le proprie competenze e, dunque, ad incrementare la propria formazione. In particolare, per ogni robot addizionale, 5 individui si iscrivono all’università, e ciò è strettamente legato al divario salariale tra laureati e non laureati: questa differenza aumenta dato che l’utilizzo di robot incrementa la domanda di lavoratori laureati ad essi complementari.

L’aumento del numero di iscritti all’università è concentrato nella fascia d’età che va dai 18 e 35 anni: si tratta, in gran parte, di individui che pur non essendo direttamente rimpiazzati dai robot, osservano la differenza di salario, e decidono di acquisire un livello di istruzione più elevato. I nuovi studenti preferiscono corsi di studio che siano complementari o indifferenti rispetto all’automazione: ingegneria e scienze informatiche coesistono accanto ad economia e altre scienze sociali.

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