Il rapporto tra AI e mondo del lavoro si sta intrecciando sempre di più, aprendo anche a sfide di natura giuridica
L’intelligenza artificiale sta cambiando molti aspetti della nostra vita, in particolare il lavoro. Questa evoluzione porta nuove opportunità per rendere più efficienti e di qualità i processi HR, ma apre anche sfide legali. L’uso dell’AI può mettere a rischio diritti fondamentali: protezione dei dati personali, possibile presenza di pregiudizi nelle decisioni, scarsa trasparenza dei processi automatizzati, responsabilità in caso di errori.
La Legge italiana n. 132/2025 (AI Act) introduce principi generali anche per il diritto del lavoro.
Capire bene le implicazioni giuridiche dell’AI nei rapporti di lavoro è essenziale per usare questi strumenti in modo responsabile e in linea con le norme.
L’uso dell’AI nella selezione del personale è ormai diffuso. Gli algoritmi analizzano grandi volumi di curriculum vitae e pre-selezionano le candidature in base ai criteri indicati dall’azienda. Se da un lato riduci tempi e costi, dall’altro aumenti il rischio di discriminazioni, soprattutto quando i modelli sono addestrati su dati storici che contengono pregiudizi.
Sul piano legale, un esito discriminatorio viola il principio di non discriminazione previsto dall’articolo 15 dello Statuto dei lavoratoriSi tratta della legge 300/1970, che ha introdotto importanti norme a tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale, dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento More e dalla Direttiva 2000/78/CE. Inoltre, l’articolo 12 della legge italiana sull’IA stabilisce che l’uso dell’AI nell’organizzazione e gestione del lavoro deve tutelare i diritti inviolabili e impedire discriminazioni legate a sesso, età, origini, credo, orientamento sessuale, opinioni e condizioni personali o sociali, in coerenza con il diritto dell’UE.
Restano centrali i dati personali. Il GDPRIl Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati è un atto dell’Unione Europea che si occupa del trattamento e della circolazione dei dati personali, applicabile a partire dal 25 maggio 2018 More richiede trattamenti leciti, trasparenti e proporzionati alle finalità di selezione. Quando viene usata l’AI per scegliere i candidati, servono una valutazione d’impatto sulla protezione dei dati e un’informativa chiara alle persone che si candidano.
L’intelligenza artificiale può servire anche per valutare le prestazioni e la produttività. I sistemi basati su AI monitorano produttività, qualità e collaborazione, ma l’uso di questi dati apre questioni legali importanti. La sorveglianza tecnologica ha limiti chiari. L’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori consente controlli solo per specifiche esigenze organizzative e richiede accordo sindacale oppure autorizzazione dell’Ispettorato del lavoro.
Anche se il dato è anonimizzato, in quanto dipendente devi ricevere informazioni su come funziona il processo decisionale automatizzato che ti riguarda. Il Decreto Trasparenza impone al datore di lavoro di informarti quando usa sistemi di monitoraggio automatizzati. In questo modo si tutela il tuo diritto a capire quali dati vengono raccolti e come incidono sulle valutazioni.
L’uso dell’AI nella gestione delle performance richiede trasparenza e responsabilità. La legge 132/2025, che attua il Regolamento AI della Commissione Europea (AI Act), impone regole severe per i sistemi “ad alto rischio”, compresi quelli usati nei rapporti di lavoro. Le decisioni automatizzate devono essere comprensibili, verificabili e imparziali, con verifiche periodiche e controlli interni. Hai anche il diritto di chiedere chiarimenti sulle motivazioni delle valutazioni e di ottenere l’intervento umano se contesti un esito.
La legge italiana è chiara, l’AI deve migliorare le condizioni di lavoro, proteggere salute e dignità, rispettare la privacy e funzionare in modo sicuro, affidabile e trasparente.
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