Diritti sindacali: cosa sono e come si tutelano

Tutela dei diritti sindacali dei lavoratori

I diritti sindacali sono tutelati dall’art.39 della Costituzione, ecco quali sono nel nostro ordinamento

Cos’è il diritto sindacale?  

Per diritto sindacale si intende l’intera normativa che regola e tutela la libertà sindacale  nel nostro ordinamento. È una disciplina che interessa più persone e opera su più livelli, tutti fondamentali: il lavoratore, il datore di lavoro, il sindacato e gli enti pubblici. Incide inoltre sia nel rapporto di lavoro sia nei rapporti tra azienda e sindacato e con le istituzioni.

Quali sono le norme del diritto sindacale?

La norma più importante è l’art. 39 della Costituzione che specifica che l’organizzazione sindacale è libera, democratica al suo interno, è classificata come personalità giuridica e non può essere loro imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali. Inoltre, i sindacati più rappresentativi possono stipulare contratti collettivi di lavoro, ai quali devono aderire obbligatoriamente tutti gli appartenenti alla categoria di riferimento del CCNL. Di tutto ciò, solo il primo comma (organizzazione sindacale libera) è stato rispettato, almeno fino ad oggi.

Tuttavia, l’art. 39 è importante perché constata che l’esistenza di un sindacato ha rilevanza costituzionale e il diritto di riunirsi in associazioni sindacali è tutelato dalla Costituzione.

Norme di rango ordinario disciplinano nel dettaglio il diritto sindacale nel nostro ordinamento. Tra queste la più importante è sicuramente lo Statuto dei Lavoratori, ossia la legge numero 300 del 1970, che, come vedremo, contiene norme fondamentali in tema di diritto sindacale

Perché non è stato attuato l’art. 39 della Costituzione?

Come anticipato, nonostante siano passati oltre 70 anni dall’entrata in vigore della Costituzione repubblicana, solo il primo comma dell’art. 39 ha trovato applicazione. Tutti gli altri commi non sono mai stati applicati: nessuna sigla sindacale si è iscritta presso “uffici centrali o locali”, né è mai stata emanata una legge che definisse le condizioni per questa registrazione. Questo incombente sarebbe servito unicamente per poter godere di “personalità giuridica”. 

Per comprendere le ragioni della mancata attuazione di tale previsione bisogna ritornare all’Italia del secondo dopoguerra, quando era appena terminata l’esperienza corporativista e in cui lo Stato aveva una fortissima influenza nei confronti dell’unico sindacato di ciascuna categoria. 

Per evitare che si ripetesse questa situazione di subalternità nei confronti dello Stato, tutte le associazioni sindacali non hanno mai rispettato, né richiesto l’attuazione degli ulteriori commi dell’art. 39. In questi 70 anni, dunque, le associazioni sindacali hanno agito e agiscono, dal punto di vista del diritto privato, come “associazioni non riconosciute”. Ciò non toglie che, al di là dei tecnicismi, le organizzazioni sindacali siano in grado di rappresentare gli interessi dei lavoratori e possano interloquire con tutte le persone e le aziende coinvolte nei rapporti di lavoro.

Che cos’è la libertà sindacale?

La libertà sindacale si può declinare in più versioni, tutte ugualmente importanti e tutte con la stessa rilevanza costituzionale.

In primo luogo, significa libertà di iscriversi ad una sigla sindacale. Ciascun lavoratore ha diritto a iscriversi alla sigla sindacale che preferisce. 

Allo stesso tempo, però, ciascun dipendente è libero di non iscriversi e di rifiutare l’iscrizione ad un sindacato: nessun può essere costretto ad avere la tessera di un sindacato.

C’è poi un altro aspetto, strettamente legato alla libertà sindacale: nessun lavoratore può essere discriminato, sanzionato o licenziato per aver aderito (o non aver aderito) ad una sigla sindacale. 

Quali diritti ha il sindacato?

Con riguardo ai diritti delle associazioni sindacali, si possono citare le previsioni dello Statuto dei Lavoratori:

  • libertà di indicare o nominare i proprio rappresentanti sindacali aziendali (RSA);
  • libertà di riunirsi in assemblea presso l’unità produttiva;
  • diritto alla “bacheca”, ossia di  “affiggere, su appositi spazi, che il datore di lavoro ha l’obbligo di predisporre in luoghi accessibili a tutti i lavoratori all’interno dell’unità produttiva, pubblicazioni, testi e comunicati inerenti a materie di interesse sindacale e del lavoro;
  • se l’azienda ha più di 200 dipendenti, i sindacati hanno diritto ad avere “un idoneo locale comune all’interno della unità produttiva o nelle immediate vicinanze di essa”;
  • raccogliere contributi e di svolgere opera di proselitismo per le loro organizzazioni sindacali all’interno dei luoghi di lavoro;
  • godere di permessi per lo svolgimento dell’attività sindacale.

In cosa consiste la tutela dei diritti sindacali? 

Significa tutelare, in modo concreto, effettivo e tempestivo, il diritto alla libertà sindacale. Il nostro ordinamento ha previsto uno strumento particolare per permettere ai sindacato di denunciare un comportamento lesivo della propria libertà sindacale. L’articolo 28 dello Statuto dei Lavoratori è perciò denominato “Repressione della condotta antisindacale”.

Questa norma consente alle associazioni sindacali di agire in giudizio avanti al Tribunale del Lavoro ogni volta che un’azienda violi od ostacoli la libertà sindacale. C’è un aspetto importante: la norma non elenca i casi di violazione, ma è una “fattispecie aperta” e ciò consente di attivare tale strumento non solo in casi (meno frequenti) di palese violazione dei diritti sindacali (ad esempio negati permessi sindacali o mancato uso dei locali o interruzione o diniego di riunirsi in assemblea), ma anche in tutti quei casi di comportamenti apparentemente neutri, ma in realtà lesivi dell’attività sindacale. Se il Tribunale, al termine del procedimento di urgenza, accerta la violazione, ordina all’azienda di cessare immediatamente tale condotta.

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