I licenziamenti collettivi – a differenza del licenziamento individuale, che è un atto unilaterale rivolto ad un solo soggetto – riguardano almeno 5 lavoratori impiegati nella stessa unità produttiva, o nella stessa provincia se l’azienda ha una pluralità di unità produttive.
Possono essere svariati i motivi per cui i datori di lavoro devono procedere a questa forma di licenziamento, ad esempio a causa di un calo di fatturato, la chiusura di un ramo produttivo, una ristrutturazione aziendale o una crisi aziendale strutturale.
Le aziende con più di 15 dipendenti devono procedere a un iter che anticipa e accompagna i licenziamenti collettivi.
Dapprima, il datore deve dare comunicazione alle rappresentanze sindacali aziendali, e alle organizzazioni sindacali di categoria di voler procedere al licenziamento, fornendo i dettagli e le motivazioni di tale necessità. Successivamente vi è un esame congiunto con i sindacati nel corso del quale si valutano eventuali alternative al licenziamento. L’esame può portare a un accordo sindacale all’interno del quale l’azienda e i sindacati definiscono il momento, la collocazione del personale in esubero ed eventuali incentivi.
Una volta espletate le fasi amministrative l’azienda può procedere a licenziare i lavoratori comunicandogli il preavviso, i motivi che hanno portato il licenziamento e i criteri di scelta adottati. In ultima battuta l’azienda comunicherà i licenziamenti all’Ufficio Regionale del Lavoro, alla Commissione regionale per l’Impiego, e alle associazioni di categoria dei lavoratori licenziati.
Se vi è un accordo è possibile determinare con il sindacatoÈ un’organizzazione che ha il compito di rappresentare e difendere i diritti e gli interessi di categoria dei lavoratori o dei datori di lavoro. More dei criteri diversi di valutazione, ad esempio è ammessa la possibilità di negoziare l’uscita dei lavoratori prossimi alla pensione.
I criteri legali sono quelli legati ai carichi di famiglia, all’anzianità di servizio e alla professionalità, in base alle esigenze aziendali. Ogni criterio ha un peso specifico che determinerà chi ha priorità nell’essere licenziato.
Il decreto Rilancio ha previsto l’estensione del divieto di licenziamento al 17 agosto 2020 oltre che per motivi oggettivi anche per quelli collettivi.
Inizialmente il decreto Cura Italia aveva previsto il divieto sino al 17 maggio 2020, oggi, invece, al Governo si sta parlando di estendere il divieto fino a fine anno unitamente alla proroga della cassa integrazione Covid-19 già in atto.
INPS e Ministero del Lavoro, con recenti messaggi e note, hanno chiarito i dubbi di chi, in forza del divieto di licenziamento, pensava che i lavoratori licenziati per motivo oggettivo e con licenziamenti collettivi non potessero accedere alla NAspILa “Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego” (NASpI) è un’indennità mensile di disoccupazione, istituita in relazione agli eventi di disoccupazione involontaria che si sono verificati dal 1° maggio 2015. More. Ebbene, trattandosi comunque tipologie di licenziamenti che non dipendono dalla volontà di interrompere il rapporto di lavoro da parte dei lavoratori, il diritto a percepire l’assegno di disoccupazione rimane assicurato ai lavoratori licenziati dopo il 17 maggio 2020.