In caso di infortunio sul lavoro, il dipendente ha diritto al risarcimento dei danni. L’indennizzo versato dall’Inail non è l’unica tutela prevista a favore del danneggiato, che può chiedere il risarcimento di tutti i danni che ha subito, patrimoniali e non patrimoniali.
Partiamo da un esempio: un operaio si infortuna ad una mano in orario di attività lavorativa a causa di un macchinario difettoso per omessa manutenzione.
Il lavoratore si deve assentare dal lavoro per alcuni mesi, deve sostenere delle spese mediche per le cure e, al rientro in azienda, non può più essere adibito alle stesse mansioni svolte in precedenza. In questo caso, quali danni può chiedere il lavoratore? Può chiedere ulteriori danni se ha già ricevuto le somme dall’Inail?
Nel nostro ordinamento, in tema di danno, c’è un principio fondamentale: chiunque abbia subito un danno, ha diritto a vedersi riconosciuto l’integrale risarcimento di tutte le voci di pregiudizio.
La definizione dei singoli «danni» traccia il perimetro delle richieste che può avanzare il lavoratore infortunato.
I danni patrimoniali sono i pregiudizi alla sfera economica del soggetto: la mancata percezione dello stipendio integrale, una riduzione della retribuzione per mansioni inferiori, i costi per le visite mediche.
I danni non patrimoniali, invece, non riguardano la sfera economica del soggetto, ma interessano altri «beni» costituzionalmente tutelati e legati alla qualità della vita. Ad esempio: il danno biologico è il pregiudizio alla salute del lavoratore; il danno morale rappresenta la sofferenza che il dipendente ha patito in seguito ad un illecito; il danno esistenziale è il pregiudizio alla sfera dinamico-relazionale del lavoratore. Queste voci di danno, seppur non patrimoniali, devono essere tradotte in un equivalente economico ad opera del Giudice.
Tornando alla domanda di partenza, anche se ha già ricevuto una somma da parte dell’Inail, il lavoratore ha diritto a chiedere all’azienda il risarcimento degli ulteriori danni subiti. Perché?
Perché l’Inail copre solo una parte del danno e perché le somme erogate dall’Istituto hanno natura previdenziale-assistenziale.
Si chiama «danno differenziale» l’ulteriore somma che il dipendente può chiedere al datore di lavoro per vedersi integralmente risarcito. Questo istituto è previsto dall’art. 10 del Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
Attorno a questa disposizione c’è un forte dibattito giurisprudenziale e dottrinale, con particolare riferimento alle modalità di computo delle voci di danno già risarcite dall’Inail e quelle invece che rientrano direttamente nell’ulteriore danno differenziale. In generale, si può affermare che in caso di danno alla salute (es. indennità temporanea o permanente), il lavoratore può agire per il riconoscimento del maggior danno differenziale.
Il lavoratore ha comunque diritto ad agire in giudizio per il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno morale e del cosiddetto danno esistenziale, oltre a tutte le personalizzazioni del danno che l’Inail non può considerare. Si tratta di due voci del danno non patrimoniale che non rientrano nelle voci indennizzate dall’Inail.
Per questo motivo vengono definiti anche « danni complementari», perché vanno appunto a completare la tutela del lavoratore infortunato in virtù del citato principio di «integrale risarcimento».
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