Con i rimborsi spesa l’azienda rimborsa direttamente in busta paga le spese sostenute dal lavoratore e collegate all’attività lavorativa
I rimborsi spesa servono a restituire al dipendente le somme che ha anticipato per conto dell’azienda, durante lo svolgimento del lavoro.
Le spese possono riguardare, ad esempio:
In questi e in molti altri casi, puoi avviare una procedura per ottenere il rimborso di quanto speso.
Tuttavia, questo processo deve seguire regole precise, perché se non viene gestito correttamente, le somme rimborsate potrebbero essere considerate parte dello stipendio e quindi tassate.
Il rimborso spese è il sistema con cui il tuo datore di lavoro ti restituisce le spese che hai anticipato per motivi di lavoro. Può riguardare costi come viaggi, pasti, alloggi o altre spese legate all’attività che svolgi per l’azienda.
Esistono diverse modalità di rimborso, tra cui:
Su cosa si basa il rimborso forfettario? Si calcola in base a una stima media delle spese che di solito servono per svolgere un certo tipo di attività, e può variare a seconda del contratto o della prassi aziendale. È spesso usato per semplificare la contabilità, ma bisogna prestare attenzione per evitare problemi fiscali.
Lo stesso vale anche se lavori come professionista. Il rimborso spese per autonomi segue regole particolari, e nel 2025 sono previsti controlli più attenti su tracciabilità e coerenza delle spese rispetto all’incarico svolto.
In generale, tutte queste spese sono esenti da tasse e contributi, solo se accompagnate da documenti validi: scontrini, ricevute o fatture.
Cosa succede se perdi uno scontrino o una fattura? In questo caso si parla di rimborso spese non documentate. Se l’azienda decide comunque di rimborsarti, la somma viene trattata come parte dello stipendio. Quindi, su quell’importo si pagano sia le tasse che i contributi.
Negli ultimi anni ci sono stati cambiamenti fiscali sui rimborsi spesa, soprattutto per chi lavora in modo autonomo.
Nel 2025, il sistema dei rimborsi spese ai dipendenti continua a seguire i principi di trasparenza e tracciabilità già introdotti in passato, ma con una novità importante: la Legge di Bilancio 2025 ha stabilito che, per essere deducibili per l’azienda, i rimborsi devono essere tracciabili.
I rimborsi possono essere gestiti in diversi modi, in base al tipo di spesa e alla policy aziendale:
Per i rimborsi spese 2025, è fondamentale che tu fornisca documenti precisi e verificabili: ricevute, fatture e note spese devono essere in regola.
Inoltre, le spese devono essere pagate con strumenti tracciabili. Cosa significa? Che saranno deducibili solo se pagate con carta di credito, carta di debito o carta prepagata, anche se la carta è personale e non aziendale.
Per semplificare il tutto, molte aziende usano piattaforme digitali per gestire i rimborsi riducendo scartoffie, gli errori e anche i tempi di attesa.
Il tema del rimborso spese per tirocinanti è spesso molto discusso, soprattutto perché chi svolge uno stage, sia curricolare che extracurricolare, viene pagato poco o per niente.
In molti casi non è previsto un vero stipendio, ma potresti ricevere un rimborso spese come forma di riconoscimento per il tempo e l’impegno dedicati.
Questo contributo serve a coprire almeno in parte i costi sostenuti per raggiungere il posto di lavoro o affrontare altre spese legate all’esperienza formativa.
Il rimborso è regolato da normative regionali e dalle convenzioni firmate tra l’ente promotore (come un’università o un centro per l’impiego) e il soggetto ospitante (l’azienda). Spesso viene stabilito un importo minimo, che può variare in base alla durata e alla tipologia del tirocinio.
Per questo è importante verificare se esiste una soglia minima di rimborso fissata dalla tua regione, che il datore è obbligato a rispettare.
Se lavori con il regime forfettario, il tema dei rimborsi spese richiede un po’ di attenzione.
Anche se non puoi dedurre i costi in modo analitico, puoi comunque ricevere dal tuo cliente un rimborso per spese documentate, ma solo se sono state sostenute “in nome e per conto” del committente. In questo caso, le somme non vengono tassate e non fanno parte del tuo reddito, a patto che siano chiaramente indicate e giustificate.
Attenzione, però: se il rimborso non è legato a una spesa specifica anticipata per il cliente, allora verrà considerato un compenso, e quindi sarà soggetto a tassazione.
Quando emetti la fattura, ricorda di separare bene le spese anticipate da quelle forfettarie, così da evitare problemi quando fai la dichiarazione dei redditi.
Con la crescita del lavoro da remoto, il tema del rimborso spese per lo smart working è diventato sempre più attuale.
Quando lavori da casa, infatti, sostieni spese che, se fossi in ufficio, sarebbero a carico del datore di lavoro.
Ad esempio, potresti aver bisogno di un rimborso per la connessione internet, fondamentale per lavorare, oppure di un rimborso per l’energia elettrica, legato all’uso prolungato del computer e di altri dispositivi.
Anche se al momento non esiste una regola unica e obbligatoria, molte aziende stanno adottando accordi individuali o collettivi che prevedono dei rimborsi, anche forfettari. In pratica, ti possono riconoscere una somma fissa per ogni giorno di smart working, per compensare le spese sostenute.
I rimborsi spese analitici, cioè quelli calcolati in modo preciso per ogni voce di spesa, non vengono tassati, a patto che tu riesca a fornire una documentazione chiara, che mostri la parte di costo davvero legata al lavoro.
Se invece ricevi un rimborso forfettario e non puoi dimostrare le spese collegate all’attività lavorativa, quella somma verrà considerata parte del tuo stipendio e quindi sarà soggetta a tasse e contributi.
In breve: più la documentazione è precisa, meno rischi ci sono che il rimborso venga tassato.
Il rimborso per il tragitto casa-lavoro di solito non è previsto in busta paga.
Tuttavia, nulla vieta che, durante la fase di assunzione o anche in un secondo momento, l’azienda possa decidere, soprattutto se la sede è difficile da raggiungere, di riconoscerti un contributo per le spese di viaggio. In questo caso, però, si tratta di un’indennità soggetta a tassazione.
In generale, le spese per andare e tornare dal lavoro sono considerate a carico tuo, salvo diversi accordi con il datore.
Se per una trasferta di lavoro non puoi usare un’auto aziendale, puoi spostarti con il tuo mezzo personale e chiedere il rimborso tramite l’indennità chilometrica.
In generale, i rimborsi analitici delle spese di viaggio, compresi quelli chilometrici, non vengono tassati, purché siano giustificati da una documentazione corretta. Questo perché non si tratta di una retribuzione, ma di un rimborso spese per coprire costi sostenuti per conto dell’azienda.
Il rimborso chilometrico viene spesso usato quando non è disponibile un’auto aziendale e ti sposti con il tuo veicolo. Questo rimborso copre non solo il carburante, ma anche una parte proporzionale dei costi generali, come manutenzione, assicurazione e usura dell’auto.
L’indennità chilometrica si calcola usando le tabelle ufficiali ACI (Automobile Club d’Italia), che indicano il costo al chilometro in base al tipo di veicolo.
Per sapere quanto ti spetta, ti basta moltiplicare i chilometri effettivamente percorsi per la tariffa prevista dalle tabelle ACI.
Questo sistema si applica anche se sei un lavoratore autonomo: puoi richiedere un rimborso chilometrico anche come professionista con auto propria, seguendo le stesse regole.
Nel contesto aziendale, non tutte le spese che sostieni durante il lavoro sono facili da documentare.
Pensa, ad esempio, a piccoli acquisti o a spese occasionali durante una trasferta.
In questi casi è possibile ricevere un rimborso spese non documentate, ma entro limiti ben precisi, che di solito sono più bassi rispetto ai rimborsi standard.
La normativa fiscale stabilisce che, anche se non hai uno scontrino o una fattura, puoi dichiarare la spesa e ricevere un rimborso esente da tasse, fino a:
Tuttavia, questo tipo di rimborso non è molto usato, perché in genere viene richiesta una prova della spesa, come una ricevuta o un documento fiscale.
Quando l’azienda ti riconosce un rimborso spese, deve indicarlo chiaramente nella busta paga, con una voce specifica sul cedolino.
Questo è importante non solo per trasparenza, ma anche per rispettare gli obblighi fiscali e contributivi previsti dalla legge.
L’obbligo riguarda sia i rimborsi analitici (cioè quelli documentati con scontrini o fatture), sia quelli forfettari, come nel caso delle trasferte.
Il rimborso deve essere separato dallo stipendio, così è evidente che non si tratta di un compenso, ma della restituzione di una spesa sostenuta.
In questo modo si evitano problemi con il fisco: se il rimborso è correttamente documentato e indicato, non fa parte del reddito da lavoro dipendente e non viene tassato.
Quando l’azienda ti riconosce un rimborso spese, deve inserirlo in modo chiaro nella busta paga, con una voce specifica sul cedolino mensile.
Questo serve non solo a garantire trasparenza, ma anche a rispettare gli obblighi fiscali e contributivi previsti dalla legge.
L’obbligo di indicare il rimborso riguarda sia le spese documentate (cioè con ricevute o fatture), sia quelle forfettarie, come succede spesso in caso di trasferte.
La voce del rimborso deve essere separata da quella dello stipendio, per far capire che non si tratta di un compenso, ma di una restituzione di spese sostenute.
Così si evita ogni dubbio sul trattamento fiscale: se il rimborso è ben documentato e correttamente indicato in busta paga, non entra nel calcolo del reddito da lavoro e non viene tassato.
Capita spesso che tu debba svolgere attività fuori sede e anticipare dei soldi per compiti legati al tuo lavoro.
Quando il rimborso spese è collegato a una trasferta, ci sono tre diverse modalità con cui l’azienda può rimborsarti. Queste opzioni sono alternative tra loro e vengono scelte in base agli usi aziendali o al contratto collettivoÈ l’accordo stipulato a livello nazionale tra i sindacati di rappresentanza dei lavoratori e dei datori di lavoro per regolare determinati aspetti dei contratti individuali di lavoro di un certo settore (es. orario di lavoro, retribuzione minima, ferie, congedi, ecc.). More:
Ogni tipologia di rimborso ha limiti fiscali diversi. Quindi, a seconda del tipo scelto, potresti non pagare tasse o contributi su certe somme, se resti entro le soglie stabilite dalla legge.
Quando si parla di trasferte, è utile capire se queste compaiono nella Certificazione UnicaÈ un documento ufficiale utile ai fini previdenziali, assicurativi e fiscali che attesta i redditi percepiti e i contributi versati per un determinato contribuente. I sostituti di imposta sono i responsabili dell’emissione per i redditi erogati. More (CU), cioè l’ex CUD, il documento fiscale che riassume i redditi e le trattenute del tuo lavoro dipendente.
La risposta dipende dal tipo di rimborso. Se ti vengono riconosciute spese documentate per viaggio, vitto o alloggio, queste non sono reddito imponibile e non vengono tassate ai fini IRPEF.
Se invece ricevi indennità forfettarie oppure rimborsi superiori ai limiti previsti dalla legge, una parte o tutta la somma può essere considerata imponibile.
Tieni presente che la presenza della trasferta nella CU o nel 730 non significa automaticamente che paghi le tasse su quelle somme: esistono campi specifici dove vengono indicate le voci esenti, cioè quelle su cui non si applicano imposte.
In alcuni casi, il rimborso spese può diventare uno stipendio mascherato, cioè un compenso che viene presentato come rimborso solo per evitare tasse e contributi.
Succede, ad esempio, quando il datore di lavoro ti riconosce importi fissi e regolari, senza che tu abbia fatto una trasferta, sostenuto spese reali o fornito documentazione a supporto.
Il rischio è doppio, visto che da una parte si viola la legge fiscale e contributiva, dall’altra si danneggia la tua posizione contributiva, cioè i versamenti INPS che servono per pensione e tutele.
L’Agenzia delle Entrate e gli enti previdenziali controllano con attenzione questi casi, soprattutto se i rimborsi sono sproporzionati o non giustificati da un’attività lavorativa concreta.
Quindi, fingere un rimborso per mascherare uno stipendio è una pratica rischiosa sia per chi assume che per chi lavora.
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