Con i rimborsi spesa l’azienda rimborsa direttamente in busta paga le spese sostenute dal lavoratore e collegate all’attività lavorativa
Capita spesso quando, ad esempio, il lavoratore deve svolgere la propria attività lavorativa al di fuori della sede abituale e deve anticipare dei soldi per compiere un’attività collegata al proprio lavoro.
Nel caso in cui il rimborso spese sia collegato a delle trasferte effettuate dal lavoratore, vi sono 3 differenti modalità di rimborso. Tali tipologie sono alternative tra loro e variano in base agli usi aziendali:
In base alla tipologia di rimborso scelto vi sono limiti diversi di esenzione fiscale. Quindi, il dipendente non pagherà i contributi e le tasse in base al rimborso scelto dall’azienda e in base alle soglie di importo previste dalla legge.
Il lavoratore dipendente che deve spostarsi per effettuare una trasferta, anziché utilizzare un’auto aziendale, può utilizzare un mezzo proprio. In questo caso può farsi rimborsare tramite l’indennità chilometrica.
In generale, i rimborsi analitici delle spese di viaggio, anche sotto forma di indennità chilometrica e di trasporto, non concorrono comunque a formare il reddito se le spese sono rimborsate sulla base di idonea documentazione.
Il rimborso chilometrico non è, quindi, soggetto a tassazione in capo al dipendente, in quanto non è classificabile come retribuzione ma si tratta di un indennizzo per coprire i costi sostenuti dal dipendente per conto dell’impresa.
Per risultare esente è necessario calcolare il rimborso chilometrico sulla base delle tabelle ACI pubblicate ogni anno in gazzetta ufficiale. In queste tabelle viene stabilito un importo di rimborso al chilometro, suddiviso per ogni auto in produzione o fuori produzione.
In questa categoria sono incluse tutte le spese non collegate ai costi di viaggio, vitto e alloggio delle trasferte. Possono essere, ad esempio, il costo del parcheggio o le spese telefoniche. Tutte le spese di questo genere sono esenti da imposte e contributi purché supportate da idonea documentazione e quindi ricevuta fiscale, scontrino o fattura.
Quando il lavoratore non riesce a fornire l’idonea documentazione fiscale che attesti i costi che ha sostenuto per lo svolgimento dell’attività lavorativa, si parla di rimborso spese non documentate.
Può accadere, infatti, di aver smarrito la fattura o lo scontrino. In questo caso, qualora l’azienda decida di rimborsare ugualmente la somma, anche senza i giustificativi di spesa, essa viene considerata al pari della retribuzione del lavoratore. Quindi, su tale somma verranno calcolati sia i contributi che le tasse.
Nel caso in cui si tratti di spese sostenute per lo svolgimento dell’attività lavorativa in smart working (ad esempio l’energia elettrica o le spese per la linea internet), in linea generale, concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente le somme rimborsate dal datore di lavoro sulla base di un criterio forfetario, quando non vi siano parametri oggettivi accertabili da documenti.
Non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente i rimborsi spese riconosciuti con criteri analitici che consentono di determinare per ciascuna tipologia di spesa la quota di costi impiegati dal dipendente.
Quindi, se il dipendente non è in grado di fornire una documentazione dal quale si possa evincere l’effettiva spesa collegata all’attività lavorativa e viene erogato, quindi, un rimborso a forfait, questo verrà assoggettato a contributi e tasse.
Nel caso in cui, invece, sia possibile avere un documento con dei dati molto precisi che distinguono l’attività lavorativa dal resto, i rimborsi non saranno imponibili.
Leggi anche: