I premi di risultato, conosciuti anche con l’acronimo PDR, sono somme che il datore di lavoro può riconoscere ai propri collaboratori a titolo di premio nel rispetto di precise condizioni di legge.
Per introdurre in azienda un premio occorre rispettare una procedura precisa: il datore deve sottoscrivere un accordo aziendale o territoriale nel quale sono indicati i parametri che consentono l’erogazione del PDR.
Qualora almeno uno di questi subisca un incremento positivo, allora il lavoratore può ricevere una somma di denaro variabile. Su questo importo è necessario però pagare una piccola percentuale di tasse.
Quest’ultima nel 2022 era pari al 10% dell’importo, oggi invece grazie alla Legge di Bilancio del 2023 si è ridotta di ben 5 punti percentuali.
Dove si annida quindi il vantaggio per il lavoratore? Quali sono i parametri da rispettare? Scopriamolo insieme.
Il Premio di risultato agevolato dal punto di vista fiscale è stato definitivamente introdotto nel 2016 quando veniva prevista la seguente disposizione: “sono soggetti a un’imposta sostitutiva (…) pari al 10 per cento (…) premi di risultato di ammontare variabile la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili”.
Dalla lettura di questa norma capiamo che il lavoratore non ha sempre diritto al premio. Lo ottiene solo nel caso ci sia un incremento individuato dall’accordo aziendale, purché sia possibile misurarlo e quantificarlo in modo oggettivo.
L’erogazione può essere effettuata da tutti i datori di lavoro, ad eccezione della
Pubblica Amministrazione, e ne possono godere tutti i lavoratori dipendenti del settore privato a patto che nell’anno precedente abbiano dichiarato un reddito da lavoro dipendente non superiore a 80.000 euro.
Attenzione: per il calcolo della soglia di reddito vengono incluse tutte le somme percepite in connessione con il rapporto di lavoro dipendente. Sono quindi considerate sia le retribuzioni percepite nell’anno precedente da altri rapporti di lavoro, che le pensioni di ogni genere.
Il PDR di per sé non è welfare, ma la legge riconosce la possibilità al lavoratore di convertirlo integralmente o parzialmente in welfare aziendaleÈ l’insieme di benefit e prestazioni che un datore di lavoro riconosce ai suoi dipendenti, in aggiunta alla normale retribuzione, con lo scopo di migliorarne la qualità della vita privata e professionale. More, cioè in una vasta gamma di beni e servizi che l’azienda può mettere a disposizione, come specificato nel TUIR.
Effettuando questa scelta vengono azzerati non solo i contributi da pagare, ma anche le tasse. Questo perché il welfare, per definizione, è privo di qualsiasi tipo di trattenuta.
Il lavoratore che intende optare per questa scelta, ovviamente, dovrà comunicarlo tempestivamente al datore di lavoro.
La legge fissa un limite massimo di importo erogabile pari a 3.000 euro lordi. Con il termine “lordo” si intende la somma che il lavoratore incassa prima che vengano applicate su di essa le percentuali di tasse e contributi da pagare.
Va detto comunque che non tutti i lavoratori riceveranno 3.000 euro, perché l’erogazione dipende dai parametri e dalle condizioni che l’azienda ha stabilito all’interno dell’accordo aziendale o territoriale sottoscritto con le parti sociali.
Come abbiamo avuto modo di anticipare sopra, la Legge di Bilancio 2023 al comma 63 ha previsto un’importante novità: si riduce dal 10% al 5% il carico di tassazione sostitutiva IRPEF per i PDR con un consistente risparmio di denaro per il lavoratore.
Questa modifica, che non influisce sui metodi di introduzione di un PDR in azienda visti in precedenza, consente al lavoratore di incassare un importo netto più elevato perché minore sarà la quantità di tasse che dovranno essere versate allo Stato.
Attenzione: si tratta di una novità temporanea. Salvo diverse indicazioni, è stata introdotta in misura sperimentale solo per il 2023.
Facciamo un esempio pratico, così da capire meglio quanti soldi in busta paga si riceveranno in più.
L’azienda xx eroga al proprio collaboratore Mario Rossi un PDR pari a 2.000 euro.
Su questa somma devono essere pagati i contributi e le tasse.
Mettiamo a confronto l’anno 2022 con l’anno corrente:
2022 | 2023 |
2.000 PDR LORDO | 2.000 PDR LORDO |
9,19% INPS (generale)
=183,80 quota contributi INPS da pagare |
9,19% (generale)
=183,80 quota contributi INPS da pagare |
10% IRPEF SOSTITUTIVA
=181,62 quota tasse da pagare |
5% IRPEF SOSTITUTIVA
=90,81 quota tasse da pagare |
1.634,58 PDR NETTO | 1.725,39 PDR NETTO |
Rispetto a quanto percepito nel 2022, il lavoratore nel 2023 guadagna 90,81 euro in più. Qualora, invece, decidesse di convertire il PDR in welfare, i 2.000 euro lordi corrisponderebbero ai 2.000 euro netti.
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