È possibile ottenere una riduzione del costo del lavoro anche grazie ai risparmi fiscali e contributivi sui premi di risultato
Uno degli obiettivi principali delle recenti riforme in ambito di lavoro è il “taglio del cuneo fiscale”, ovvero la riduzione delle imposte e dei contributi nella busta paga per aumentare lo stipendio netto dei lavoratori dipendenti.
Per questa finalità è stato confermato per il 2023 (e quasi certamente anche per il 2024) l’incentivo fiscale sulle somme erogate ai lavoratori come premi di risultato, in continuità con il regime agevolato sui premi che era già stato introdotto nel 2016 come misura di carattere strutturale per migliorare la produttività e l’innovazione all’interno delle aziende.
La tassazione si applica esclusivamente sui “premi di risultato”, cioè quelle somme di ammontare variabile che sono corrisposte dal datore di lavoro in correlazione un aumento di produttività, redditività, qualità ed efficienza e innovazione, nonché sulle somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa.
Tra gli indicatori di produttività, redditività, qualità e innovazione, ci possono essere ad esempio la diminuzione dei tempi di consegna, la riduzione di turni o del lavoro straordinarioÈ l’attività lavorativa svolta oltre l’orario normale di lavoro (in genere 40 ore settimanali). More, la riduzione dell’assenteismo, il risparmio sui consumi energetici, una maggiore fungibilità delle mansioni, la flessibilizzazione degli orari di lavoro.
Sono quindi escluse dalla tassazione agevolata sui premi di risultato tutte quelle somme erogate in busta paga che non sono qualificabili come premi di risultato, come ad esempio la retribuzione per lavoro straordinario, le maggiorazioni e indennità varie.
L’incentivo fiscale consiste nell’applicazione di un’imposta sostitutivaÈ un prelievo che si applica alla fonte su taluni redditi (ad es. interessi sui conti correnti bancari o postali che non sono relativi all’attività d’impresa, interessi sui BOT o altri titoli di debito pubblico); i redditi soggetti a imposta sostitutiva, come quelli a tassazione separata, sono esclusi dalla base imponibile. More dell’IRPEF e delle addizionali regionali e comunali che, per l’anno 2023, è stata ridotta nella misura del 5%.
L’importo massimo delle somme assoggettate a tassazione agevolata sui premi di risultato è di 3.000 euro lordi annui, inteso come imponibile fiscale e cioè al netto dei contributi Inps a carico del lavoratore.
Solamente i lavoratori dipendenti del settore privato, che non abbiano espressamente rinunciato per iscritto all’applicazione dell’agevolazione, con un reddito da lavoro dipendente percepito nel precedente periodo d’imposta non superiore a 80.000 euro.
La misura agevolativa richiede come condizione necessaria che l’erogazione del premio di risultato avvenga in esecuzione di un accordo con i lavoratori previsto da contratti aziendali o territoriali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali o dalle RSU.
Viene pertanto riconosciuta alla sola contrattazione “decentrata” (contratti collettivi territoriali o aziendali) la possibilità di prevedere dei criteri oggettivi di misurazione presso l’azienda degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione ai quali commisurare la corresponsione di premi di risultato di ammontare variabile. Questi contratti devono inoltre essere depositati presso la sede territoriale dell’Ispettorato del Lavoro competente, che li mette a disposizione delle altre amministrazioni ed enti pubblici interessati.
Sempre l’attuale normativa prevede una ulteriore agevolazione, a favore sia del dipendente che del datore di lavoro: la possibilità di usufruire della completa detassazione e decontribuzione (in alternativa all’imposta sostitutiva del 5%) qualora il lavoratore scelga, anche parzialmente, che il premio o gli utili siano sostituiti da beni o servizi che rientrano nel welfare aziendale.
In questo caso tali somme non concorrono alla determinazione del reddito imponibile e saranno quindi totalmente esenti da tassazione e contribuzione, sempre nel rispetto del limite agevolato pari a un importo di 3.000 euro all’anno.
Si tratta quindi di una scelta che comporta dei sicuri vantaggi anche per l’impresa: infatti prevedere un premio di risultato comporta comunque la piena imponibilità a fini previdenziali dell’importo erogato al lavoratore; mentre la conversione in welfare dei premi garantisce l’esenzione dal versamento dei contributi e la non computabilità della stessa somma a fini del calcolo del TFR, con un risparmio che può arrivare anche 30% sul totale del costo del lavoro.