Regime forfettario: le ultime novità

regime forfettario
(foto Shutterstock)

Vediamo insieme quali sono i requisiti, i vantaggi, i limiti e tutte le novità del regime forfettario 2025

Negli ultimi anni il regime forfettario è diventato una delle formule fiscali più utilizzate da lavoratori autonomi, freelance e professionisti. La sua semplicità e i vantaggi in termini di tassazione agevolata lo rendono una scelta interessante per chi avvia un’attività o cerca una gestione più snella degli adempimenti fiscali. 

La normativa non è rimasta ferma: anche nel corso del 2025 sono state introdotte alcune novità che riguardano requisiti di accesso, limiti di fatturato, cause di esclusione e modalità di applicazione dell’imposta sostitutiva.

Non tutte le partite IVA devono applicare lo stesso regime fiscale. Ne esistono infatti di diversi a seconda del cosiddetto “volume d’affari”, cioè il fatturato che un professionista produce in un anno, oppure dalla libera scelta di ciascun contribuente. 

Il regime fiscale è un insieme di regole da seguire per definire il reddito, annotare le spese sostenute e i ricavi incassati e determinare le imposte e i tributi da versare. 

Il regime forfettario è una soluzione particolarmente vantaggiosa perché, all’interno di una forbice di reddito piuttosto ampia, la percentuale di tasse da pagare non aumenta al variare del reddito, ma è stabilita in misura fissa. Anche per il 2025, la soglia massima per usufruire del regime forfettario è esteso a 85.000 euro di fatturato.

Andiamo quindi a conoscere in modo più approfondito come orientarsi all’interno del sistema fiscale e gestire correttamente la propria posizione.

Regime forfettario: cos’è e come funziona

Il regime forfettario è un meccanismo fiscale agevolato pensato per favorire l’apertura di nuove attività di lavoro autonomo e per sostenere quelle già attive, ma comprese entro un certo volume d’affari, oggi pari a 85.000 euro.

Si parla di regime forfettario perché prevede l’applicazione di una percentuale fissa di tassazione su una parte di reddito determinato “a forfait”, ossia a prescindere dalle spese e dai costi sostenuti. 

Chi vuole aprire una partita IVA forfettaria quindi può trovare questo metodo molto vantaggioso, tenendo in considerazione che l’aliquota dell’imposta sostitutiva all’IRPEF applicata all’imponibile che ne deriva è generalmente più bassa rispetto agli altri regimi di tassazione.

La legge a cui fare riferimento quando si vuole aprire la propria partita IVA regime forfettario è la L. 190/2014, che ha definito i principi basilari di questo particolare regime.

Come funziona il regime forfettario?

Più nello specifico, capiamo meglio il regime forfettario come funziona e cosa prevede:

  • una percentuale IRPEF molto bassa, pari al 5% per i primi 5 anni e poi al 15% (ed è per questo definita “flat tax”) sulla parte di reddito determinata a “forfait” e in base al settore professionale di appartenenza;
  • non c’è obbligo di applicazione e versamento dell’IVA
  • non c’è obbligo di registrazione degli importi finanziari in entrata e in uscita
  • non c’è obbligo di redazione del bilancio a fine anno.

Attenzione: non tutti possono optare per questo regime. Rimangono escluse  tutte le società sia di persone (S.n.c., S.a.s.) che di capitali (S.p.a., S.r.l.) qualunque sia il loro fatturato.

Novità regime forfettario 2025: cosa cambia rispetto al 2024

Rispetto all’anno precedente, non sono state introdotte grosse novità riguardo il regime forfettario 2025, che quindi è pressoché uguale rispetto alla versione in vigore nel 2024.  È stato confermato il limite dei ricavi e compensi a 85.000 euro, con un rafforzamento dei controlli sui superamenti del tetto massimo.

È stata inoltre introdotta una maggiore attenzione sulla tracciabilità dei pagamenti, e si conferma l’aliquota dell’imposta sostitutiva al 15% (o al 5% per le nuove attività nei primi cinque anni). 

Tra le novità del regime forfettario 2025, spicca anche l’inasprimento delle cause di esclusione, in particolare per chi svolge attività congiuntamente a forme societarie o percepisce redditi da lavoro dipendente superiori a determinate soglie. 

Per il solo 2025, infatti, è stata innalzata la soglia di redditi da lavoro dipendente che puoi avere, mantenendo il regime forfettario: dai 30.000 euro delle disposizioni del regime forfettario 2024, oggi questa soglia è di 35.000 euro.

Regime forfettario: i requisiti​ 

Per godere delle agevolazioni previste dal regime forfettario 2025 è obbligatorio rispettare precisi vincoli, in particolare:

  • se nell’anno si è lavorato anche come dipendente, bisogna aver percepito massimo 35.000 euro da lavoro subordinato
  • avere massimo 20.000 euro di spese accessorie se ci si avvale di personale dipendente o collaboratori per la propria attività 
  • massimo 85.000 euro di ricavi e compensi incassati nell’anno.

Se l’attività è già avviata, i requisiti regime forfettario devono essere rispettati rigorosamente. Per le partite iva in regime forfettario appena aperte, invece, viene considerato il presunto.

Aprire una partita IVA in regime forfettario: i requisiti

Aprire una partita IVA a regime forfettario è un’operazione piuttosto semplice, ma è importante seguire alcuni passaggi precisi per evitare errori fin dall’inizio. 

Il primo passo è individuare il codice ATECO corretto, cioè quello che descrive in modo più accurato l’attività che si intende svolgere. Una volta scelto, si può procedere con la comunicazione di inizio attività all’Agenzia delle Entrate, presentando il modello AA9/12, in cui si indica l’opzione per il regime forfettario. Questo regime, infatti, va segnalato sin da subito al momento dell’apertura della posizione fiscale. 

In alternativa, si può aprire la partita IVA in regime forfettario anche con il supporto di un intermediario abilitato, come un commercialista. 

Dopo l’apertura, sarà necessario iscriversi alla gestione previdenziale di riferimento (INPS o altra cassa professionale) e, se previsto, registrarsi presso la Camera di CommercioAnche se l’aspetto fiscale è semplificato, il rapporto tra IVA e regime forfettario comporta comunque degli obblighi, come l’indicazione della dicitura specifica in fattura e la numerazione progressiva dei documenti emessi.

Quali sono i costi di una partita IVA regime forfettario​

Quando si valuta l’apertura di una partita IVA, uno degli aspetti più rilevanti riguarda le spese da sostenere. I costi della partita IVA regime forfettario sono generalmente contenuti, proprio perché il regime è pensato per semplificare gli adempimenti e alleggerire il carico fiscale. 

Tra i principali costi della partita IVA a regime forfettario rientrano i contributi previdenziali (INPS o cassa di riferimento) e quelli relativi al pagamento dell’imposta sostitutiva (tassazione).

Ci sarà poi da considerare l’eventuale compenso per il commercialista o per chi gestisce la contabilità. 

Tassazione regime forfettario: come si calcola

Si capisce il nome di questo particolare regime fiscale dall’applicazione pratica della sua disciplina. Infatti, il calcolo delle tasse in regime forfettario è da considerarsi a parte rispetto agli altri regimi. La tassazione del regime forfettario prevede una flat tax (del 5% o del 15%) che si applica esclusivamente su una percentuale dei compensi effettivamente incassati e fatturati. 

Questa percentuale – detta “coefficiente di redditività” – cambia in base al settore di appartenenza e in base al proprio codice ATECO.

Facciamo quindi un esempio di calcolo delle tasse in partita iva regime forfettario: per le attività professionali è previsto un coefficiente del 78%, mentre per l’attività di intermediazione commerciale un 62%. 

Ad esempio, se un architetto ha incassato 50.000 euro di compensi, la prima somma da considerare è la percentuale del 78% su questi compensi. Da tale importo si può dedurre esclusivamente l’importo versato a titolo di contributi previdenziali obbligatori. 

Una volta ottenuto questo importo, si applica la percentuale di tassazione (5% o 15%), già comprensiva anche di tutte le tasse da pagare a titolo di addizionale comunale e regionale. È un sistema molto semplice di determinazione delle imposte da pagare ogni anno.

Attenzione: poiché si tratta di una percentuale forfettaria, nessun tipo di spesa può essere detratta o, come si dice informalmente, “scaricata”. Un esempio comune sono le spese mediche, oppure le spese legate all’attività, come un computer, un viaggio di lavoro, ecc. Con questo regime, tutti questi costi non possono essere scaricati, ad eccezione dei contributi previdenziali obbligatori. Infatti, la legge determina – appunto “forfettariamente” – l’ammontare delle spese e degli oneri sostenuti in base al settore di appartenenza. 

Limite forfettario: cosa succede se si supera?

È questa una delle domande più frequenti: che cosa succede se si incassano compensi superiori alla soglia massima? Come abbiamo visto, il regime forfettario 2025 ha dei limiti di ricavi e compensi, quindi analizziamo cosa può succedere. 

Gli scenari sono due: 

  1. i ricavi incassati superano il limite forfettario 2025 di 85.000 euro ma rimangono entro i 100.000 euro: in questo caso,la perdita del regime avverrà nell’anno successivo 
  2. i ricavi incassati sono superiori a 100.000 euro: la decadenza è immediata non appena viene superata tale soglia, il contribuente è tenuto ad applicare l’IVA sul fatturato eccedente la soglia e dovrà pagare le tasse sull’intero fatturato secondo la tassazione ordinaria.

In questa circolare, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito i casi e le conseguenze del superamento del limite massimo del regime forfettario.

Dopo quanto tempo si può rientrare nel regime forfettario?​

Chi è uscito dal regime forfettario per il superamento dei limiti o per altre cause di esclusione può chiedersi dopo quanto tempo si può rientrare nel regime forfettario. 

La normativa non prevede un periodo di attesa fisso valido in tutti i casi: molto dipende dalla causa che ha determinato l’uscita.  Se, ad esempio, il contribuente ha superato il limite di ricavi o compensi fissato a 85.000 euro, l’anno successivo dovrà cambiare regime, ma se poi rientra di nuovo sotto tale soglia, l’anno dopo ancora potrà rientrare nel regime forfettario. 

Diverso è il caso di esclusione per esercizio di attività in forma societaria o per altre situazioni non compatibili con il regime agevolato: in questi casi, il rientro chiaramente non è possibile fino al termine della causa ostativa. 

Contributi previdenziali regime forfettario

Oltre alla tassazione agevolata, chi adotta il regime forfettario deve tenere conto anche dei contributi previdenziali, che rappresentano una voce di costo importante nella gestione della partita IVA.  I contributi previdenziali nel regime forfettario variano a seconda del tipo di attività svolta e dell’ente previdenziale di riferimento. 

I lavoratori autonomi senza albo professionale, infatti, sono tenuti al versamento dei contributi INPS per partita IVA in regime forfettario, versati generalmente alla gestione separata INPS, e calcolati in base al reddito. I professionisti iscritti a una Cassa autonoma, invece, seguono regole e aliquote specifiche per la propria categoria. 

Alcune agevolazioni sono previste per i forfettari, come la possibilità di richiedere la riduzione del 35% dei contributi INPS per artigiani e commercianti. È quindi importante considerare con attenzione anche questo aspetto, perché i contributi previdenziali nel regime forfettario incidono direttamente sul reddito netto disponibile.

Regime forfettario 2025: fattura elettronica obbligatoria

Cosa cambia rispetto al regime forfettario 2024? Nulla. Il cambiamento c’è invece stato rispetto al 2023. Dal 1 gennaio 2024, infatti, la fatturazione elettronica diventa obbligatoria per tutti i “forfettari” a prescindere dal fatturato annuo.

Addio vecchia fattura cartacea: a partire dal 1 gennaio 2024 la fatturazione, nel regime forfettario, deve essere obbligatoriamente trasmessa in formato elettronico attraverso gli appositi portali. 

Attenzione alle scadenze: la fattura deve essere emessa entro al massimo 12 giorni dall’incasso delle somme o dall’operazione, a seconda del settore di appartenenza. Le sanzioni? Tra il 5% e il 10% dell’importo oppure da 250 a 2.000 euro.

Maternità partita IVA regime forfettario

Anche le lavoratrici autonome che operano con partita IVA in regime forfettario hanno diritto alle tutele in caso di maternità, se regolarmente iscritte alla gestione previdenziale di riferimento e in regola con il versamento dei contributi. 

Per quanto riguarda gli iscritti alle casse professionali di riferimento, si dovranno seguire le regole specifiche di ogni cassa. Per i genitori iscritti alla Gestione Separata INPS, verrà invece riconosciuto un importo calcolato in modo diverso a seconda del reddito o del minimale contributivo. Ad esempio, l’indennità è pari all’80% di cinque mensilità del reddito medio giornaliero. 

La prestazione viene riconosciuta anche in assenza di astensione dal lavoro, proprio per tenere conto della natura autonoma dell’attività. 

Regime forfettario e pensione​

Il rapporto tra regime forfettario e pensione è un tema spesso sottovalutato, ma di grande rilevanza per chi lavora come autonomo. 

Infatti, anche chi aderisce al regime agevolato matura il diritto alla pensione, a condizione di essere iscritto alla gestione previdenziale corretta e di versare regolarmente i contributi. 

Bisogna comunque tenere presente che la base imponibile su cui vengono calcolati i contributi può risultare ridotta rispetto al reddito effettivo, a causa del coefficiente di redditività applicato nel regime forfettario. Questo può tradursi in un accantonamento pensionistico inferiore rispetto ad altri regimi fiscali.

Spesso, chi ha partita IVA sceglie quindi di destinare parte del suo compenso a forme di previdenza complementare, che funzionano ad integrazione della pensione futura. 

Come si fa a chiudere una partita IVA regime forfettario?​

Per chiudere una partita IVA in regime forfettario bisogna ripercorrere al contrario gli adempimenti effettuati per la sua apertura.  La comunicazione di cessazione attività deve essere inviata all’Agenzia delle Entrate, compilando il modello AA9/12, cioè lo stesso utilizzato per l’apertura, indicando la data di chiusura dell’attività. 

L’invio può essere effettuato online tramite i servizi telematici dell’Agenzia oppure con l’assistenza di un intermediario abilitato. In caso di iscrizione all’INPS o a una cassa previdenziale, sarà necessario comunicare la cessazione anche all’ente di riferimento per interrompere il versamento dei contributi. 

Chi è iscritto al Registro delle Imprese dovrà infine provvedere anche alla cancellazione presso la Camera di Commercio. 

Partita IVA forfettaria: approfitta della consulenza gratuita di Fiscozen

Uno degli aspetti che bisogna considerare quando si ha un’attività autonoma riguarda la scelta del commercialista. Si tratta di un professionista iscritto all’albo che gestisce la tua contabilità, ti prepara la dichiarazione dei redditi… ma non solo! È un vero e proprio punto di riferimento che può chiarire tutti i tuoi dubbi e rispondere alle tue domande.

Fiscozen è un servizio dedicato proprio a chi ha una partita IVA: ti offre un commercialista dedicato e una dashboard da cui tenere tutto sotto controllo, dalla fatturazione (anche elettronica) al calcolo delle tasse in tempo reale. Hai già p.iva? Vuoi aprirla e hai bisogno di chiarirti le idee con un professionista? In entrambi i casi puoi chiedere una consulenza gratuita e senza impegno prenotando al nostro link.

Leggi anche:

Come fare la dichiarazione dei redditi in partita iva regime forfettario

IRPEF, cos’è e come si calcola

Iscriviti alla nostra newsletter

Ricevi gratuitamente le ultime novità, le storie e gli approfondimenti sul mondo del lavoro.