Si può essere licenziati per una relazione sentimentale con un collega?

rapporti sentimentali tra colleghi
(foto Shutterstock)

Cosa succede se nasce una storia d’amore sul posto di lavoro?

Sul lavoratore incombe l’obbligo di comunicare al datore di lavoro qualsiasi situazione di potenziale conflitto che possa compromettere gli interessi aziendali”: è questa la conclusione a cui è giunto il Tribunale di Roma con la sentenza del 14 marzo 2023, confermando la legittimità del licenziamento per un dipendente accusato di aver intrattenuto una relazione clandestina con una collega.

L’uomo, secondo l’accusa, avrebbe persino chiesto alla donna di non annunciare la sua gravidanza per evitargli ripercussioni e problemi sul lavoro. La donna ha quindi denunciato il comportamento del collega e l’azienda ha invocato il licenziamento per giusta causa. Ma aveva effettivamente il diritto di farlo?

L’azienda può vietare relazioni sentimentali tra colleghi?

Alla luce della sentenza, ci si potrebbe chiedere se il datore di lavoro possa effettivamente avere il potere di limitare le relazioni sentimentali tra i colleghi di lavoro. In linea teorica, infatti, un comportamento del genere rappresenterebbe un’interferenza ingiustificata nei rapporti personali.

Il Codice etico e le relazioni personali

In realtà, sebbene l’azienda non abbia il diritto di vietare i rapporti sentimentali tra colleghi, ciò non significa che questo aspetto non possa essere regolato dal Codice etico o dal Regolamento aziendale.

Molte aziende contemplano infatti tali situazioni nel proprio regolamento interno, con l’obiettivo di evitare che la relazione possa pregiudicare la serenità e/o condizionare i rapporti, anche tra gli altri colleghi, sul posto di lavoro.

Come possono essere disciplinati i rapporti sentimentali tra colleghi?

Il regolamento dell’azienda oggetto della sentenza del Tribunale di Roma offre spunti interessanti sulle modalità con cui l’azienda può effettivamente disciplinare i rapporti sentimentali e/o parentali tra colleghi.

Ad esempio, un regolamento aziendale potrebbe vietare che:

  • Le relazioni personali e i rapporti di parentela creino situazioni vantaggiose o svantaggiose per altri colleghi.
  • Sorgano problemi di riservatezza, indipendenza e conflitti di interesse, anche solo percepiti.
  • Risulti un reale o percepito nepotismo e/o favoritismo.

Inoltre, secondo il Regolamento Aziendale in questione, “partner o membri dello staff non possono essere impegnati nella stessa unità organizzativa/funzione in cui lavorano parenti o individui con cui hanno stretto una relazione personale”, e “in nessun caso una delle due persone dovrà essere il diretto superiore dell’altro né in alcun modo partecipare ai processi di valutazione, avanzamento di carriera, assunzioni di responsabilità e decisioni riguardanti il trattamento economico dell’altro”.

Dove finisce l’obbligo alla privacy?

La dipendente protagonista di questa storia aveva inoltre fornito all’azienda una copia di tutte le conversazioni WhatsApp con il collega. Quest’ultimo, sin da subito, ha contestato la violazione della privacy e della segretezza della corrispondenza. 

Il giudice ha tuttavia rigettato questa eccezione preliminare: non c’è stata, secondo la sentenza, alcuna violazione della privacy, in quanto la conversazione sarebbe stata fornita da uno dei due partecipanti e in quanto il diritto di difesa “prevale sulle esigenze di riservatezza”.

L’obbligo di comunicare la relazione con la collega

Inoltre, sebbene il Regolamento aziendale prevedesse un generico obbligo di cooperazione, e non “un puntuale obbligo di informazione”, il Giudice del lavoro ha ritenuto che i principi generali che disciplinano il rapporto lavorativo obbligassero di fatto l’uomo a comunicare la sua relazione.

La sentenza ha specificato che “la diligenza richiesta dall’art. 2105 c.c. nell’espletamento della prestazione lavorativa ricomprende, infatti, anche l’obbligo di adottare un contegno conforme alle disposizioni organizzative e ai protocolli di comportamento imposti dal datore di lavoro”, e che “dai canoni generale di buona fede sorgono obblighi aggiuntivi di protezione della controparte contrattuale”. 

Sulla base di tali motivazioni, il Tribunale conclude che  “sul lavoratore incombe l’obbligo di comunicare al datore di lavoro qualsiasi situazione di potenziale conflitto che possa compromettere gli interessi aziendali” come, in questo caso, una relazione sentimentale tra colleghi.

 

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