Quando un licenziamento è nullo: casi e tutele per il lavoratore

(foto Shutterstock)

La disciplina e le tutele previste nel caso del vizio più grave di illegittimità del licenziamento.

La nullità è il vizio (termine giuridico che indica un errore o un difetto) più grave che può colpire il licenziamento. Secondo l’ordinamento, il licenziamento nullo è come se non fosse mai avvenuto e quindi non ci sono conseguenze. 

In questo caso hai diritto alla reintegra nel posto di lavoro e al pagamento di tutte le retribuzioni dalla data del licenziamento fino a quella di effettiva ripresa in servizio. 

C’è però un aspetto importantissimo: queste tutele non scattano in automatico, ma è sempre necessario impugnare il licenziamento, anche quello nullo, per poter usufruire delle garanzie previste dalla legge.

Quali sono i casi di nullità?

I vizi che invalidano il licenziamento tipicamente sono previsti dal legislatore. Lo stesso vale, dunque, per la nullità, che rappresenta la violazione più grave e sanzionata con i rimedi più efficaci.

I casi più frequenti di nullità sono quelli previsti in questi casi:

  • durante il periodo tutelato di gravidanza, ossia, dall’inizio del periodo di gestazione fino al compimento di un anno di età del bambino;
  • “causato dalla domanda o dalla fruizione del congedo parentale e per la  malattia del  bambino da parte della lavoratrice o del lavoratore”. In caso di fruizione del congedo parentale, infatti, il divieto si estende anche al padre fino al compimento di un anno di età del bambino;
  • entro 1 anno dalla data di celebrazione del matrimonio: si parla di licenziamento “per causa di matrimonio” se è intimato dal giorno delle pubblicazioni fino all’anno successivo alla celebrazione
  • licenziamento discriminatorio, ad esempio per l’iscrizione a un sindacato, per credo politico, religioso.

Che cosa significa motivo illecito?

C’è poi un’ipotesi più generale, prevista dallo Statuto dei Lavoratori e dal Jobs Act: è il cosiddetto licenziamento nullo perché determinato da motivo illecito

L’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori parla di “un motivo illecito determinante ai sensi dell’articolo 1345 del codice civile”. Il legislatore in questo caso utilizza un’espressione generica e quindi affida ai giudici il compito di individuare in concreto i vari casi. 

Si è così giunti a ritenere che il motivo illecito deve essere esclusivo, cioè deve essere l’unico che ha davvero per motivo il recesso dell’azienda. Il caso più frequente è quello del licenziamento ritorsivo, che si verifica quando l’azienda reagisce con l’espulsione nei confronti del lavoratore che ha semplicemente esercitato i suoi diritti, ad esempio preannunciando una causa o un esposto all’ispettorato del lavoro.

Le tutele in caso di nullità

In tutti i casi in cui il licenziamento è dichiarato nullo, il lavoratore ha diritto alla reintegra in azienda, oltre a un risarcimento del danno pari a tutte le mensilità dalla data del licenziamento fino a quella di effettiva reintegra in servizio, oltre al pagamento dei contributi previdenziali. In ogni caso, il risarcimento non può essere inferiore a 5 mensilità.

Tutele e rimedi per tutti i lavoratori

Le tutele in caso di nullità del licenziamento sono garantite a tutti i lavoratori, a prescindere dalle dimensioni dell’azienda. 

Proprio perché si tratta del vizio di illegittimità più grave e riguarda le ipotesi più spregevoli di estromissione dal lavoro, la tutela è identica per tutti i dipendenti, senza le consuete distinzioni tra piccole aziende e medio-grandi.

 

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