Cosa vuol dire licenziamento “orale” (verbale), quali sono i rischi e le tutele, cosa dice la disciplina in merito
Nel nostro ordinamento non è consentito licenziare verbalmente un lavoratore. Nemmeno le ipotesi più gravi ammettono un licenziamento verbale. Il licenziamento orale è nullo e comporta la reintegra del lavoratore in azienda.
Infatti, qualunque cosa accada l’azienda non può licenziare improvvisamente un suo dipendente ma deve avviare il procedimento disciplinare, consentire al lavoratore di difendersi e solo alla fine adottare il provvedimento del licenziamento.
La procedura ha le sue regole, tempistiche e formalità inderogabili, e la violazione di queste regole può rendere illegittima la misura, anche in presenza di condotte gravissime da parte del dipendente.
È il provvedimento di espulsione comunicato dall’azienda senza alcuna formalità, direttamente “a voce”. Una scena da film che nel nostro ordinamento non è prevista.
Infatti, il licenziamento deve rappresentare l’ultima fase del cosiddetto “procedimento disciplinare”. Questo procedimento è caratterizzato dalla forma scritta e non ammette variazioni, a parte l’utilizzo della modalità digitale.
La contestazione disciplinare, che apre il procedimento, deve essere formalizzata per iscritto. Allo stesso modo, deve essere verbalizzata l’eventuale audizione del lavoratore.
Come previsto dall’articolo 2 della legge 604 del 1966:
“Il datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, deve comunicare per iscritto il licenziamento al prestatore di lavoro. La comunicazione del licenziamento deve contenere la specificazione dei motivi che lo hanno determinato.
Il licenziamento intimato senza l’osservanza delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 è inefficace”.
In altre parole, il licenziamento non scritto è come se non esistesse.
Anche in caso di provvedimento illegittimo, è sempre il lavoratore che deve appellarsi all’autorità giudiziaria per poter godere delle tutele.
Questa possibilità può essere esercitata entro un certo periodo di tempo: l’impugnazione va trasmessa entro 60 giorni dalla comunicazione e nei successivi 180 giorni va iniziata la causa giudiziaria.
Tuttavia, questi precisi limiti temporali non si applicano all’ipotesi di licenziamento verbale poiché, in assenza di un documento scritto, manca una data da cui far decorrere l’inizio del termine decadenziale. Il rischio, dunque, è che l’azienda subisca l’impugnazione del provvedimento anche alcuni anni dopo aver espulso oralmente un proprio dipendente.
La prova del licenziamento orale è uno dei temi più importanti di questa materia. In mancanza di una comunicazione scritta è fondamentale capire chi deve provare che sia avvenuto veramente.
La questione può essere così riassunta: il lavoratore è rimasto a casa dal lavoro per sua scelta oppure è stato licenziato a voce dall’azienda?
Ebbene, la giurisprudenza stabilisce che è onere del lavoratore dimostrare di essere stato licenziato oralmente (si veda di recente la sentenza della Corte di Cassazione numero 16013/2022).
Il lavoratore che invoca l’illegittimità del provvedimento deve provare che in un determinato giorno questa cosa sia successa. In che modo? Non è sufficiente dimostrare l’assenza dal lavoro, ma dovrà chiamare a testimoniare dei colleghi presenti oppure dovrà allegare della corrispondenza (email, messaggi, ecc.) che dimostrino che il licenziamento è avvenuto.
Il licenziamento verbale è nullo e inefficace, ossia è come se non fosse mai stato comunicato.
Le conseguenze sono pesantissime per l’azienda: la reintegra sul posto di lavoro e il pagamento di tutte le retribuzioni dal licenziamento fino all’effettiva ripresa in servizio, oltre al pagamento dei contributi previdenziali.
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