Se ritieni di subire il licenziamento ingiustamente puoi contestarlo attraverso una specifica procedura
L’impugnazione è l’atto con cui contesti un provvedimento giuridico, come ad esempio un licenziamento, con l’obiettivo di modificarlo o annullarlo. Se decidi di impugnare un licenziamento, stai mettendo in discussione la validità della decisione presa dall’azienda di interrompere il tuo rapporto di lavoro.
Non hai l’obbligo di esporre i motivi di impugnazione nella tua lettera di contestazione. È sufficiente inviare una semplice comunicazione formale, senza entrare nei dettagli delle motivazioni. I motivi, infatti, possono essere approfonditi successivamente, durante l’eventuale ricorso giudiziale, e dipendono dal tipo di licenziamento ricevuto.
Ad esempio:
Il licenziamento può essere contestato tramite un atto di natura stragiudiziale, ovvero un’impugnazione del licenziamento effettuata in forma scritta. Non è necessario rivolgersi a un avvocato o a un sindacalista per procedere, ma è fondamentale rispettare i termini per impugnare il licenziamento previsti dalla legge. Si tratta di una comunicazione semplice, in cui manifesti chiaramente la tua volontà di contestare il licenziamento.
Non sono richieste formule solenni o particolari formalità: basta che sia evidente la volontà di procedere con l’impugnazione del licenziamento. È importante indicare con precisione i dettagli della comunicazione ricevuta, come la data riportata nella lettera di licenziamento e l’oggetto della stessa.
Per rispettare i tempi per impugnare un licenziamento, è consigliabile inviare la contestazione entro i termini stabiliti, senza condizioni e con una formulazione chiara e precisa. Il termine per impugnare il licenziamento è di 60 giorni dalla comunicazione del provvedimento, secondo quanto previsto dalla normativa vigente.
Se l’azienda, dopo aver ricevuto l’impugnazione, non ti reintegra o non revoca il provvedimento, da quel momento hai un ulteriore termine di 180 giorni per avviare una causa giudiziale. Questi tempi sono fondamentali per garantire che la tua richiesta sia valida e presa in considerazione.
Va precisato che, in caso di licenziamento comunicato solo verbalmente, non esistono termini di decadenza per l’impugnazione. Questo perché la legge richiede che il licenziamento sia formalizzato per essere considerato valido.
Se non ritiri una raccomandata inviata dall’azienda, il procedimento disciplinare e il licenziamento rimangono comunque validi. La legge considera il tuo rifiuto di ritirare la comunicazione come equivalente all’avvenuto recapito. Questo significa che anche se scegli di non accettare la lettera, gli effetti della comunicazione decorrono lo stesso.
Se invece non ti trovi a casa e la raccomandata viene lasciata in giacenza, hai l’obbligo di andare a ritirarla presso l’ufficio postale indicato nell’avviso. Dopo 30 giorni di giacenza, la comunicazione viene considerata legalmente recapitata, anche se non hai provveduto al ritiro.
C’è un’eccezione importante: se non hai ricevuto alcun avviso di giacenza, puoi contestare di non sapere dell’esistenza della raccomandata stessa. In questo caso, però, dovrai dimostrare che non hai ricevuto alcuna notifica e mettere in discussione la validità dei documenti postali che provano l’invio e il mancato ritiro.
La presunzione di conoscenza è un principio giuridico secondo cui una comunicazione si considera conosciuta da chi la riceve nel momento in cui viene regolarmente inviata e recapitata.
La presunzione di conoscenza si applica anche nel caso in cui tu riceva una raccomandata di licenziamento. Secondo la legge, la comunicazione del licenziamento si considera legalmente notificata nel momento in cui la raccomandata viene consegnata al tuo indirizzo o lasciata in giacenza presso l’ufficio postale.
Non importa che tu l’abbia effettivamente letta o ritirata, ma conta che sia stata messa a tua disposizione secondo le modalità previste dalla legge. Ad esempio, una raccomandata che viene lasciata in giacenza presso l’ufficio postale è ritenuta legalmente ricevuta dopo il termine di giacenza, anche se non l’hai ritirata.
L’impugnazione del licenziamento può essere fatta direttamente da te, senza obbligo di assistenza da parte di un legale o di un sindacato. La scelta di farti assistere è facoltativa e può dipendere dalla complessità del tuo caso. Se decidi di procedere autonomamente, devi redigere una lettera chiara e formale in cui fai riferimento al licenziamento ricevuto, indicando la data e i dettagli del provvedimento.
È importante che tu firmi personalmente la lettera, anche se è stata preparata con l’aiuto di un avvocato o di un sindacalista. La lettera deve essere trasmessa nei tempi e nelle modalità previste per garantirne la validità.
Revoca del licenziamento, tentativo di conciliazione o arbitrato sono dei modi per risolvere la lite senza finire davanti al giudice del lavoro.
Dopo che ricevi l’impugnazione del licenziamento, il tuo datore di lavoro può decidere di revocare il licenziamento. Questa possibilità potrebbe derivare, ad esempio, dalla consapevolezza che il licenziamento fosse illegittimo o da un miglioramento del rapporto tra le parti.
Il datore di lavoro ha 15 giorni di tempo dalla ricezione della tua lettera di impugnazione per annullare il licenziamento e ripristinare il rapporto lavorativo senza soluzione di continuità, cioè come se il licenziamento non fosse mai avvenuto. Questo significa che dovrà anche corrisponderti la retribuzione che ti sarebbe spettata dal giorno del licenziamento fino alla sua revoca.
Facciamo un esempio pratico: se ricevi la lettera di licenziamento il 10 giugno e, dopo 60 giorni, invii la tua impugnazione al datore di lavoro, quest’ultimo avrà 15 giorni dalla ricezione della tua lettera per revocare il licenziamento e riammetterti al lavoro con tutte le retribuzioni arretrate.
Se il datore di lavoro non revoca il licenziamento, puoi valutare insieme al datore di procedere con un tentativo di conciliazione. Questa procedura è volontaria e ha lo scopo di trovare un accordo che eviti un contenzioso giudiziario. Le parti hanno 180 giorni di tempo dalla data in cui hai impugnato il licenziamento per attivare il tentativo di conciliazione o ricorrere all’arbitrato.
Se la conciliazione o l’arbitrato non si concludono con un accordo, hai altri 60 giorni di tempo per presentare un ricorso al Giudice del Lavoro. In questo caso, sarà il tribunale a valutare la legittimità del licenziamento e a decidere se hai diritto a essere reintegrato o a ricevere un risarcimento.
La NASpI è l’indennità di disoccupazione prevista per chi perde involontariamente il lavoro. Puoi richiederla anche se sei stato licenziato, persino per giusta causa. La domanda può essere presentata subito dopo la cessazione del rapporto di lavoro, ovvero dopo aver ricevuto la lettera di licenziamento.
Se decidi di impugnare il licenziamento, ma nel frattempo stai già percependo la NASpI, non perdi il diritto all’assegno di disoccupazione.
I termini per impugnare il licenziamento sono di 60 giorni dalla comunicazione, più 180 giorni per avviare un’azione giudiziale. Durante questo periodo, è possibile che tu abbia già chiesto e ottenuto la NASpI. In tal caso, anche mentre contesti il licenziamento, il tuo diritto alla disoccupazione rimane valido.
Se non impugni il licenziamento entro i termini stabiliti oppure lo fai in ritardo, il provvedimento diventa definitivo e non potrai più contestarlo. Questo significa che il licenziamento sarà considerato valido, indipendentemente dalle eventuali irregolarità commesse dall’azienda.
Per evitare questa situazione, è fondamentale che tu rispetti i termini di impugnazione e che ti attivi immediatamente dopo aver ricevuto la lettera di licenziamento.
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