L’Italia vuole introdurre il salario minimo per legge

salario minimo

Il salario minimo non sarà una cifra uguale per tutti, lo decideranno i contratti più applicati

È stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge numero 144 del 26 settembre 2025.

Si chiama “Delega al Governo in materia di retribuzione dei lavoratori e di contrattazione collettiva”. Questa legge rappresenta il primo passo per applicare la Direttiva UE 2022/2041, che chiede ai Paesi europei di intervenire sui salari minimi.

La norma è una legge delega, quindi il Parlamento autorizza il Governo a emanare uno o più decreti legislativi per contrastare il lavoro sottopagato e il dumping contrattuale. Il Governo ha tempo fino ad aprile 2026 per adottare i decreti. 

Piccola anticipazione, non ci sarà un salario minimo uguale per tutti, né una tariffa oraria minima garantita. Il salario minimo sarà quello individuato dal contratto collettivo maggiormente  applicato nel settore di appartenenza.

La legge delega e la direttiva UE sul salario minimo

La legge sul salario minimo dà attuazione alla Direttiva UE 2022/2041, dedicata alla retribuzione minima e inderogabile. 

Come chiarito nella legge delega, la Direttiva non ha fissato una somma minima mensile uguale per tutti, ma ha previsto che gli Stati si attivino quando alcuni settori non sono coperti dai contratti collettivi

In un primo momento il Governo non intendeva intervenire, perché in Italia la copertura della contrattazione collettiva è indicata al 98%, secondo i dati del CNEL

Ora però il Parlamento è intervenuto con la legge delega n. 144/2025 e sarà compito del Governo emanare uno o più decreti legislativi nei limiti degli obiettivi e dei principi indicati.

Questi sono i quattro obiettivi della legge di attuazione:

  • assicurare trattamenti retributivi equi;
  • contrastare il lavoro sottopagato;
  • incentivare il rinnovo dei contratti collettivi;
  • contrastare il dumping contrattuale.

Vediamo nel dettaglio le modalità che il Governo dovrà usare per scrivere le regole sul salario minimo in Italia.

Salario minimo non significa stipendio minimo

Non aspettarti uno stipendio minimo fissato per legge. La legge delega non introduce nessuna somma minima uguale per tutti. Chi sperava in un costo minimo orario o in una retribuzione inderogabile non ne sarà felice.

La Direttiva UE già prevedeva che il salario minimo fosse definito dalla contrattazione collettiva. La legge italiana segue questa strada. Il salario minimo è quello stabilito dalle parti sociali nel contratto collettivo nazionale più rappresentativo del tuo settore.

Il Governo dovrà indicare quali sono i contratti più applicati per numero di imprese e dipendenti. Il trattamento economico complessivo minimo previsto da quei contratti diventa, nel rispetto dell’articolo 36 della Costituzione, la base economica minima da riconoscere a chi appartiene alla stessa categoria.

In pratica, una volta individuati i contratti collettivi più diffusi in ogni settore, la retribuzione prevista da ciascuno di essi è il salario minimo inderogabile per quella categoria.

Mancato rinnovo del contratto collettivo? Entra in scena il ministero del Lavoro

Le trattative per rinnovare i contratti collettivi sono spesso lunghe. Può succedere che il contratto scada e che il rinnovo arrivi dopo anni. In questi casi di solito le parti riconoscono un importo una tantum per coprire il periodo di vuoto. 

Per evitare queste situazioni ricorrenti, la legge delega prevede una novità importante. Se un contratto è scaduto e non viene rinnovato entro termini ragionevoli, il Ministero del Lavoro può intervenire e fissare solo i trattamenti economici minimi complessivi.

Salario minimo esteso anche ai rapporti non coperti

In Italia la copertura della contrattazione collettiva è alta, ma non sempre ogni rapporto di lavoro è regolato da un contratto collettivo preciso. Può succedere perché le parti non vogliono applicare la disciplina collettiva, oppure perché l’azienda non aderisce a un’associazione datoriale e nel contratto individuale non richiama il contratto collettivo. 

La legge delega punta a risolvere questa “scopertura” estendendo per legge l’efficacia del contratto collettivo di settore anche ai rapporti non regolamentati. Così, anche se qualcuno prova a non applicare il contratto collettivo, la retribuzione non potrà mai scendere sotto quella prevista dal contratto maggiormente applicato nel settore di riferimento.

Stipendi diversi in base al territorio in cui si lavora

Fissare un salario minimo non basta se non si considera il diverso costo della vita nelle province italiane. Un affitto a Milano o Roma pesa più di un canone in provincia. 

Il Parlamento lo riconosce e, nella legge delega, chiede che i decreti del Governo favoriscano lo sviluppo della contrattazione di secondo livello con finalità adattive. L’obiettivo è rispondere alle esigenze diverse dei territori legate all’aumento dei prezzi e alle differenze del costo della vita su base regionale e provinciale.

Controllo e mappatura della situazione retributiva nazionale

Il tema del salario minimo richiede aggiornamento continuo e monitoraggio della contrattazione collettiva, che in Italia determina i minimi. Per questo i decreti legislativi dovranno prevedere strumenti di misurazione della diffusione dei contratti, usando non solo i flussi telematici verso l’INPS, ma anche le comunicazioni obbligatorie e le buste paga, così da avere dati completi e confrontabili.

 

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