La differenza retributiva si nasconde in bonus, premi e incentivi sbilanciati verso la parte maschile, a causa di un retaggio culturale. Poche le donne ai vertici, penalizzate le lavoratrici con figli
Il gender pay gap è la differenza nella retribuzione media percepita da uomini e donne che lavorano, a sfavore di queste ultime. Ma che cos’è il gender pay gap esattamente?
Per capire il significato del termine “gender pay gap” bisogna fare un passo indietro. Si tratta di una traduzione dall’inglese che significa esattamente “divario retributivo di genere”. Questo divario salariale riflette le disparità economiche e sociali tra i generi e può essere influenzato da vari fattori, tra cui discriminazioni dirette, differenze nei settori di impiego, livelli di esperienza e responsabilità familiari. Il gender pay gap rappresenta un indicatore delle disuguaglianze di genere presenti nel mercato del lavoro.
Secondo Maurizio Del Conte, professore di diritto del Lavoro alla Bocconi ed ex presidente dell’Anpal (Agenzia Nazionale Politiche Attive Lavoro), una parte del gender pay gap si nasconde nei superminimi individualiIl S.I. è un aumento retributivo aggiuntivo rispetto ai minimi previsti dalla contrattazione collettiva. Viene definito come “aumento di merito” ed è spesso concordato in fase di assunzione. More. Questi sono aumenti salariali che i datori di lavoro possono decidere di dare ai singoli lavoratori.
Anche se i contratti collettivi stabiliscono che uomini e donne devono avere lo stesso salario minimo, nulla impedisce di dare aumenti extra solo agli uomini. Inoltre, gli uomini fanno più straordinari rispetto alle donne, che in molti casi devono occuparsi della famiglia, guadagnando così di più.
Le donne hanno più difficoltà a fare carriera rispetto agli uomini. Molti ruoli di alto livello sono occupati da uomini, il che rende più difficile per le donne raggiungere posizioni di vertice. Questo contribuisce a mantenere il gender pay gap. Anche il part-time involontario, cioè lavorare meno ore di quanto si desideri, colpisce più le donne che gli uomini, riducendo le loro opportunità di guadagno e crescita professionale.
Secondo l’ultimo rapporto dell’Eurostat (2022), il gender pay gap nell’Unione Europea è al 12,7%, mentre nell’eurozona è al 13,2%. L’Italia risulta tra i Paesi con un divario di genere meno elevato, pari al 4,3%, mentre il Lussemburgo è l’unico Paese dove le donne hanno guadagnato mediamente lo 0,7% in più degli uomini.
Secondo un’indagine di AlmaDiploma e AlmaLaurea, dopo 5 anni dalla laurea, i maschi guadagnano il 18,3% in più rispetto alle femmine: 1.675 euro netti contro 1.416 euro. In media, gli uomini guadagnano 155 euro netti in più al mese rispetto alle donne.
Dopo 5 anni dalla laurea, solo il 49,4% delle donne svolge un lavoro altamente specializzato, contro il 59,2% degli uomini.
In presenza di figli, il divario aumenta: il tasso di occupazione maschile è del 90,2%, mentre quello femminile è del 65,7%.
Sulla base dei dati Istat, nel 2018 il tasso di occupazione femminile era sotto il 50% (49,8%). Al sud la situazione è ancora peggiore, considerando che lavora meno di una donna su tre (32,7%). Ai vertici delle aziende solo il 17% dei posti è occupato da donne.
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