Entro precisi limiti di reddito il lavoratore può fare causa al datore di lavoro senza dover pagare la parcella dell’avvocato e i costi del processo
Il lavoratore ha diritto di fare causa al proprio datore di lavoro. Può avviare una causa per il recupero delle retribuzioni non pagate, del TFR oppure per il riconoscimento di lavoro straordinarioÈ l’attività lavorativa svolta oltre l’orario normale di lavoro (in genere 40 ore settimanali). More; può impugnare il licenziamento o il trasferimento e più in generale può promuovere qualsiasi causa per il riconoscimento dei propri diritti. Si tratta del diritto di difesa ed è tutelato a livello costituzionale.
Le cause costano: le parcelle degli avvocati, le marche da bollo, il contributo unificato.
E se un lavoratore non può permetterseli?
Per consentire a tutti di poter fare una causa (o di potersi difendere in giudizio), lo Stato ha previsto il gratuito patrocinio (più precisamente il Patrocinio a spese dello Stato).
Con il gratuito patrocinio, il lavoratore può fare causa senza sostenerne i costi: avvocato gratis quindi (nemmeno un acconto) e nessun costo di processo. Tutte le spese, anche quelle dell’avvocato, saranno pagate dallo Stato.
Attenzione a non confondere il gratuito patrocinio con “l’avvocato d’ufficio”: questa seconda figura riguarda esclusivamente i processi e le indagini penali.
Sì, il lavoratore può scegliere un proprio avvocato di fiducia, a condizione che risulti iscritto negli elenchi dei professionisti disponibili ad accettare incarichi per i quali è previsto il pagamento a carico dello Stato.
Possono richiedere il gratuito patrocinio tutti i cittadini italiani e gli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia. Per poter godere di questo beneficio, tuttavia, sono richieste particolari condizioni di reddito. È infatti previsto che possa accedere al gratuito patrocinio il lavoratore che abbia un reddito familiare annuo imponibile, risultante dall’ultima dichiarazione (o dal CUD), non superiore a 11.746,68 euro, al netto degli oneri deducibili.
Si deve considerare il reddito imponibile e non l’ISEE.
Al reddito del lavoratore richiedente si devono sommare tutti i redditi dei familiari conviventi. Quindi per avere diritto al gratuito patrocinio la somma dei redditi imponibili deve essere non superiore a 11.746,68 euro, come risultanti dalla somma delle dichiarazioni dell’anno precedente.
È un tema molto importante poiché gli stipendi non pagati sono crediti che formalmente compongono il reddito, ma che in realtà il lavoratore non ha mai percepito e per i quali si prepara a fare causa. Si devono considerare nel reddito imponibile? Può accadere che anche gli stipendi non pagati rientrino nella dichiarazione dei redditi e nel CUD. Tuttavia, il lavoratore, al momento della presentazione della istanza, deve specificare che parte (o tutti) di quei redditi non sono stati mai percepiti.
E l’indennità di disoccupazione? Sì, anche le somme percepite a titolo di NASpILa “Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego” (NASpI) è un’indennità mensile di disoccupazione, istituita in relazione agli eventi di disoccupazione involontaria che si sono verificati dal 1° maggio 2015. More rientrano nel reddito imponibile.
Di recente, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che anche il Reddito di cittadinanza concorre a determinare il reddito ai fini della richiesta di gratuito patrocinio.
La richiesta di gratuito patrocinio va presentata alla segreteria dell’Ordine degli Avvocati del Tribunale competente per la causa di lavoro. Sul sito di ciascun Ordine degli Avvocati si possono trovare tutte le informazioni necessarie e la modulistica per presentare la domanda.
Molte delle informazioni richieste sono oggetto di autocertificazioni. Attenzione però a non dichiarare il falso: copia della domanda è inoltrata alla Guardia di Finanza per tutte le verifiche necessarie.
Il dipendente ammesso al gratuito patrocinio può promuovere la causa o difendersi in giudizio senza sostenere alcun costo. Tuttavia, nel caso in cui perda la causa e venga condannato a pagare le spese nei confronti del datore di lavoro, deve pagare tali somme perché il gratuito patrocinio non copre questi costi.