Fluttuazioni per i bitcoin. Le criptovalute attraversano un altro periodo buio. Coinbase e Bitpanda partono con i licenziamenti, mentre Binance assume
Momento nero per i bitcoin e per il mondo delle criptovalute: da inizio 2022, il settore ha perso in valore complessivo 1.500 miliardi di dollari, e il prezzo dei bitcoin è sceso del 56% dal picco del novembre 2021.
Nel frattempo, Ethereum, la seconda criptovaluta più diffusa al mondo, ha perso il 63% del suo valore, mentre la valuta TerraUSD, ideata per mantenere un valore fisso legato al dollaro statunitense, è arrivata a perdere quasi il 100% del suo valore in un solo mese.
Per far fronte a questa crisi, Coinbase ha annunciato il licenziamento di 1.100 dipendenti: il più grande exchange crypto, con sede negli Stati Uniti, ha dichiarato che ridurrà la sua forza lavoro del 18%.
La società prevede di sostenere spese di ristrutturazione pari a cifre tra i 40 e 45 milioni di dollari, tutte relative al trattamento di fine rapporto dei dipendenti e ad altri benefici per il licenziamento. Per aiutare i collaboratori coinvolti nei tagli del personale, la società ha creato inoltre una piattaforma attraverso la quale è possibile consultare i loro profili e pubblicare offerte di lavoro.
Altrettanto accade per Bitpanda, la piattaforma viennese di scambio di criptovalute, che ha annunciato il licenziamento di centinaia di dipendenti: il personale sarà ridotto da 1.000 a 730 persone.
Mentre queste società procedono con le ristrutturazioni, Binance invece assume, a testimoniare quanto l’oscillazione e l’instabilità siano parte integrante del settore.
Il settore delle criptovalute è abituato da sempre alle grandi fluttuazioni, con notevoli picchi e altrettanti crolli. In mezzo alle oscillazioni ci sono periodi definiti dagli esperti del comparto come ‘crypto winter’, ovvero momenti di flessione prolungata che possono durare anche diversi mesi. Attualmente, sembra che il settore sia proprio di fronte a uno di questi inverni.
Finora il settore ha attraversato due periodi di questo tipo, che ne hanno condizionato lo sviluppo e sono stati seguiti da momenti di crescita.
Il primo si verificò tra il 2013 e il 2014, quando Bitcoin arrivò a perdere l’80% del suo valore. Anche nel 2018 si registrò una crisi simile, con Bitcoin che in quel caso perse il 45%.
Secondo un numero sempre maggiore di osservatori e operatori del settore, sarebbe in corso un nuovo periodo di crisi di questo tipo, iniziato nei primi mesi del 2022 e destinato a durare ancora a lungo.
Gli esperti avvertono: questo secondo crypto winter potrebbe essere pericoloso e durare ancora molto tempo, arrecando danni maggiori dei precedenti, a causa delle trasformazioni che l’intero settore ha avuto negli ultimi anni.
Fino al 2018, infatti, il mondo crypto poteva essere ridotto alle principali criptovalute (Bitcoin, Ethereum), qualche prodotto minore, e fenomeni di nicchia. Oggi, invece, le criptovalute rappresentano solo una parte di un business più vasto, chiamato Web3, che identifica l’insieme di tecnologie inerenti alla blockchain che alcuni vedono come un’evoluzione del world wide web.
Secondo un’analisi della società Morningstar, solo nel 2021 il settore delle criptovalute sarebbe raddoppiato di dimensioni, arrivando a un picco di 2,6 mila miliardi di dollari di valore: una valutazione superiore a quella di Apple e Microsoft messe insieme.
Nonostante le svalutazioni degli ultimi mesi nel settore siano inferiori a quelle registrate in altri momenti storici, gli effetti della crisi si sentono di più perché il mercato è cresciuto molto.
Le prime avvisaglie della crisi in corso erano arrivate proprio dagli NFT, Non-Fungible Token, certificati di autenticità digitale basati sulla blockchain, che nei primi mesi dell’anno avevano registrato cali sia negli scambi giornalieri, che nel numero dei portafogli digitali attivi, usati per conservare e scambiare criptovalute.
Alcuni considerano gli NFT l’epicentro di questo momento critico, come forma più speculativa e dell’intero settore del Web3, come testimoniato dalle molte notizie su discutibili “opere d’arte” digitali vendute per centinaia di migliaia o addirittura milioni di dollari, e svalutate nel giro di poche settimane. Quel che è certo è che, al momento, gli istituti di credito e gli esperti in finanza sconsigliano di addentrarsi in questo mondo, soprattutto se non si hanno le idee chiare e tanta, tanta pazienza.
Leggi anche:
‘Trasformazione digitale e competenze, carente il 76% dei lavoratori’