Employer branding, come creare una strategia efficace

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Nel suo ultimo libro, Giuseppe Caliccia prende per mano gli appassionati di employer branding e li accompagna nella creazione di un piano vincente

Dopo la pubblicazione nel 2017 della “Guida pratica all’Employer Branding”, Giuseppe Caliccia torna a parlare agli “employer branding lovers” con il nuovissimo volume Non è tutto Employer Branding quello che luccica”, edito da Franco Angeli, che è appena uscito in tutte le librerie e gli store online. 

Direttore dell’area Employer Branding di Start Hub Consulting, Caliccia ha ideato nel 2002 e dirige ancora oggi l’Osservatorio permanente sulla percezione dei neolaureati italiani nei confronti del mercato del lavoro. Insegna Employer Branding presso la 24Ore Business School e presso il Master HR Management della RCS Academy. Ha insegnato Employer Branding anche presso la Fondazione ISTUD, la Giunti Academy e la Bologna Business School

Con lui abbiamo esplorato il mondo dell’employer branding, per capire meglio cos’è e cosa non è, e mettendo a terra anche qualche consiglio per una employer branding strategy efficace

Cos’è l’employer branding: facciamo chiarezza

L’employer branding – chiarisce Caliccia – è la gestione dell’immagine del brand come luogo di lavoro. A monte della vendita e della customer satisfaction, quando vendo un prodotto gestisco il cliente solo dopo che si è fatto un’idea di chi sono, quindi del brand. Allo stesso modo, sul mercato del lavoro io vendo un prodotto, che è l’azienda intesa come luogo di lavoro, e l’obiettivo è quello di fare in modo che il brand sia attrattivo, in modo da trasformare il marketing da push a pull. In altre parole, la mia immagine è forte e funziona quando non sono io a dover cercare di portare a casa i talenti, ma sono le persone stesse che desiderano venire da me”.

Su cosa sia davvero l’employer branding, in realtà, c’è ancora molta confusione. 

“Soprattutto nelle piccole e medie imprese – conferma Caliccia – si confonde l’employer branding con altre attività, che invece competono al reparto HR. Ad esempio la talent acquisition è competenza di chi fa recruiting. Ma è un altro mestiere: chi si occupa di employer branding, come dicevo, lavora sull’immagine del marchio, non sulle persone da portare a bordo”.  

Primo step: definire la personalità del brand

Nel paese delle piccole, spesso piccolissime imprese, tuttavia, la sfida maggiore è proprio quella di farsi conoscere. “Il primo problema da porsi – spiega Calicchia – è trovare una chiara identità del brand, e veicolarla. Nel campo dell’employer branding, questo lavoro riguarda l’immagine dell’azienda come luogo di lavoro, e non come ditta produttrice di un determinato prodotto. 

Quando abbiamo definito la personalità dell’azienda, allora posso stabilire dei piani di comunicazione che permettano di trasferire questa immagine ai target elettivi. Ad esempio, se mi rivolgo ad un pubblico molto giovane la mia campagna di comunicazione e successivamente di recruiting dovrà adattarsi al gusto del mio target, nella forma e nei canali di comunicazione da selezionare. Tutto questo lavoro sfocia nella creazione di quella che definiamo employer value proposition, ovvero ciò che un datore di lavoro offre ai suoi dipendenti in cambio del loro contributo e impegno”. 

Creare un employer value proposition, il modello delle 5 C

Il primo libro di Giuseppe Caliccia, “Guida pratica all’employer branding“, voleva offrire una “cassetta degli attrezzi” di base per permettere a chiunque di poter iniziare questa attività in piena autonomia. Il secondo libro è in un certo senso figlio della pandemia: “durante il periodo di chiusura – spiega l’autore – tutti si sono messi a fare employer branding, o almeno ci hanno provato. Nel momento in cui gli strumenti tradizionali per farsi conoscere dai candidati, come le fiere e gli open day, sono venuti meno, era diventato essenziale puntare tutto sull’immagine del brand”.

Non è tutto employer branding quel che luccica” è stato prima uno slogan, per invitare le persone a distinguere tra le attività che davvero riguardano l’employer branding e quelle che invece non hanno niente a che fare. E poi è diventato un libro, un manuale in cui prendo per mano gli employer branding lovers e li accompagno lungo la creazione di una employer branding value proposition, portando esempi concreti e case history”. 

Quanto alla creazione del piano: “Propongo il modello delle 5 C: candidati, canali, codici, contenuto e comunicazione. Ognuno di questi aspetti è approfondito attraverso un percorso che permette di entrare nel vivo della materia, arrivando alla definizione di un progetto con dei feedback controllabili”.

 

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