Dieci giorni l’anno per donne e transgender con il ciclo. Politica già adottata da numerose altre aziende in tutto il mondo, ma in Italia la proposta di legge è ferma
Dieci giorni di permesso l’anno, uno al mese, per stare a casa in caso di forti dolori mestruali. Un piccolo aiuto nei confronti delle donne che, in molti ambienti lavorativi, è già realtà. L’ultima azienda ad aver sdoganato il così detto “congedo mestruale” è Zomato, multinazionale indiana che opera nel food delivery. Nel mondo conta circa 4 mila dipendenti, di cui il 35% donne.
Possono accedere all’agevolazione le dipendenti donne e transgender: nell’arco dell’anno, potranno chiedere fino a 10 giorni di permesso. Il calcolo si basa su una semplice statistica: le donne hanno mediamente 14 cicli mestruali l’anno, e per ognuno di questi c’è un giorno particolarmente doloroso. Se consideriamo che, in dodici mesi, almeno una volta o due quel giorno potrebbe cadere in un giorno festivo o di ferie, una decina di permessi dovrebbero bastare a migliorare sensibilmente la loro vita lavorativa.
Le spiegazioni arrivano direttamente dal giovane amministratore delegato dell’azienda, Deepinder Goyal, che racconta l’iniziativa dalla pagina del blog aziendale. «Non dovrebbe esserci vergogna» scrive Goyal «nell’assentarsi per congedo mestruale. Dovreste sentirvi libere di dire alle persone alle persone, ai colleghi o via mail che siete in quel periodo e per un giorno non ci siete».
L’India, sede principale dell’azienda, è uno dei paesi dove tutt’oggi il tema rimane strettamente tabù. Ma anche in Europa, dopo oltre due secoli di femminismo, esempi come quello di Zomato sono ben rari. Diversamente, in giro per il mondo esistono da molto tempo aziende che hanno liberamente adottato politiche simili, ed anche paesi dove per regolamentare la questione è stata varata una normativa nazionale. In Giappone risale al 1947 la decisione di alcune aziende di adottare il «seirikyuuka», cioè il congedo. Un anno dopo introduce la stessa pratica anche l’Indonesia. Successivamente, adottano il congedo per le donne che soffrono di dismenorrea anche Sud Corea (nel 2001), Taiwan (nel 2013) e Zambia (2015).
Anche in Italia, nonostante la legge non sia mai stata approvata, se n’era a lungo parlato. Nel 2016, quattro deputate del Pd (Mura, Sbrollini, Iacono, Rubinato) avevano depositato una proposta che prevedeva 3 giorni di riposo retribuito al mese per le lavoratrici con il ciclo, dietro la presentazione di un certificato medico. La questione, tuttavia, è ancora oggetto di riflessioni e polemiche. Se da un lato, infatti, c’è chi sostiene che il provvedimento sarebbe un aiuto concreto nei confronti delle donne, anche fra le lavoratrici stesse non mancano voci discordanti. Molte, infatti, temono che quella che voleva essere una tutela si trasformi velocemente in un motivo di discriminazione, sia in termini di stipendio che di avanzamento di carriera.