Sono dispositivi indossabili che supportano la capacità fisica dell’operatore. Nei prossimi anni si stimano tassi di crescita del 25% annuo
Tra le nuove tecnologie applicate al mondo del lavoro, si stanno affermando gli esoscheletri, già testati in ambito medico e militare. Si tratta di supporti ergonomici indossabili dalle persone, capaci di fornire un sostegno esterno al corpo, alleviando gli sforzi fisici dovuti ad attività faticose, pericolose o ripetitive, come il sollevamento di oggetti pesanti o lo svolgimento di mansioni in posizioni o situazioni difficili.
Le stime del 2018 relative agli esoscheletri, si attestano a circa 8.000 unità, con tassi di crescita del 20-25% annuo per il futuro prossimo.
In Italia il primo esoscheletro industriale indossabile è stato creato nel 2018.
Si chiama MATE ed è un robot sviluppato da Comau – azienda di Torino tra i player mondiali nel campo dell’automazione industriale – in partnership con ÖSSUR, azienda islandese leader nel settore dei dispositivi ortopedici non invasivi, e IUVO, spin-off dell’italiano BioRobotics Institute specializzato in tecnologie indossabili.
MATE ha una struttura dal design ergonomico, che facilita i movimenti ripetitivi e allevia gli sforzi di chi lo indossa, grazie a un supporto posturale leggero. È in grado di replicare i movimenti dinamici della spalla, avvolgendo il corpo in modo confortevole per l’operatore.
MATE si indossa come un gilet (del peso di circa 3 chilogrammi) e si fissa alle braccia, sotto le spalle; è pensato per chi lavora in fabbrica, ma anche in altri ambiti professionali dove sia necessario tenere le braccia sollevate a lungo. Ha un prezzo di circa 5.000 euro.
«L’abbiamo pensato per lavorare nel sottoscocca di un’auto – racconta Duilio Amico, Marketing & Network development director robotics Comau, al Sole 24 Ore – ma è stato venduto per applicazioni impensabili: ce l’hanno chiesto manutentori, elettricisti, decoratori, controsoffittatori, cineoperatori, nell’agricoltura, nella logistica, nelle operazioni di verniciatura di materiali sollevati a una certa altezza».
Nonostante sia in aumento l’adozione di soluzioni robotiche come l’esoscheletro, la difficoltà che incontra la diffusione di questo strumento, secondo Amico, risiede nel fatto che i produttori non possiedono una certificazione dell’esoscheletro quale dispositivo per la protezione individuale, come può essere un casco, e non è contemplato nelle valutazioni ufficiali di tipo ergonomico.
«Questo significa che con un esoscheletro un’azienda non ha un miglioramento certificato dell’ergonomicità di una postazione e della sicurezza dello stabilimento. Questo ne limita l’acquisto: lo compra solo chi ha una visione particolarmente illuminata del futuro di una fabbrica. I feedback dei nostri clienti dicono che i benefici in termini di affaticamento muscolare, di comfort e quindi di execution è notevole, ma sono tutti aspetti non misurabili. Nel 2020, comunque dovremmo vedere riconosciute le prime caratteristiche da parte di alcuni organismi di ergonomia, e questo ci aiuterà».
Questo tipo di collaborazione uomo-macchina va oltre un approccio volto soltanto all’aumento di produttività, focalizzandosi anche su una gestione della forza lavoro in modo più efficiente, valorizzando l’ergonomia, e migliorando le condizioni di lavoro degli operatori attraverso soluzioni che limitino stress e infortuni.
Secondo Fondazione Ergo le sfide dell’industria 4.0 in termini di produttività, innovazione e competitività, si possono vincere solo se avvengono tre cambiamenti simultanei: adozione delle nuove tecnologie, cambiamento dei modelli organizzativi, dei processi aziendali, e miglioramento significativo della qualità della forza lavoro.
L’introduzione di nuovi macchinari intelligenti non sarebbe sufficiente a trasformare il modo di funzionare delle singole aziende e delle filiere produttive.
«Vanno ripensati e riprogettati i processi produttivi – si legge in una nota di Fondazione Ergo – per consentire da un lato un vero controllo decentrato sulle tecnologie, sui prodotti, sulla qualità; e dall’altro per dialogare davvero con tutta la filiera produttiva. Uno dei nodi cruciali è quello dell’introduzione di nuovi workplaces che assegnino ai dipendenti molta più discrezionalità decisionale, molto più controllo decentrato sulle fasi lavorative.
Servono quindi modelli organizzativi nuovi, meno verticali, più orientati ai risultati, più articolati e decentrati e servono dipendenti in grado di prendere queste decisioni, di partecipare attivamente al processo. In questa logica vanno ridisegnate le stesse postazioni di lavoro».
Un video di presentazione di Comau MATE: “la tecnologia wearable al servizio dei lavoratori”
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