La Corte di Cassazione ha ribadito che è reato installare telecamere nascoste per controllare i dipendenti
La curiosità del datore di lavoro può costare caro e può comportare anche sanzioni penali. L’azienda non può controllare i propri dipendenti tramite sistemi video non autorizzati. La violazione di tali divieti, posti a tutela della privacy dei lavoratori, è un reato.
L’installazione delle telecamere nei luoghi di lavoro è disciplinata dall’art. 4 dello Statuto dei LavoratoriSi tratta della legge 300/1970, che ha introdotto importanti norme a tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale, dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento More. Si tratta di una delle norme più importanti del nostro ordinamento e rappresenta un limite ai poteri di controllo del datore di lavoro. Per l’installazione di sistemi video, da cui può derivare un controllo a distanza dei lavoratori, è necessario che l’azienda dimostri l’esistenza di esigenze organizzative e produttive, oppure che questi siano funzionali alla sicurezza del lavoro o per la tutela del patrimonio aziendale. Se non ci sono queste esigenze, le telecamere non possono essere installate per soddisfare una mera curiosità dell’azienda.
Sì. Anche se ricorrono le esigenze già descritte, l’azienda non può comunque procedere in autonomia all’installazione di sistemi audiovisivi. È infatti necessario un accordo collettivo stipulato con le RSA o le RSU. In mancanza dell’accordo o delle RSA e RSU, l’azienda può chiedere l’autorizzazione all’Ispettorato del Lavoro. Sia le rappresentanze sindacali, sia l’Ispettorato controllano l’effettiva sussistenza delle ragioni addotte dalla azienda per richiedere l’installazione delle telecamere.
In ogni caso, è sempre necessario fornire a tutti i dipendenti una completa informativa sulla privacy.
L’installazione di sistemi audiovisivi senza un preventivo accordo con i sindacati o senza l’autorizzazione dell’Ispettorato, comporta conseguenze civili e penali.
Dal punto di vista civile e lavoristico, tutte le informazioni ottenute mediante telecamere nascoste non autorizzate non possono essere utilizzate in alcun caso. Cosa significa? Si pensi al caso in cui le telecamere registrino il furto di beni da parte di un lavoratore: se non erano autorizzate, il video così ottenuto non può costituire una valida prova per dimostrare la condotta del lavoratore alla base del licenziamento.
L’installazione non autorizzata di telecamere è anche un reato. Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la recente sentenza n. 32234 del 23 aprile 2021. Il testo originario dello Statuto dei Lavoratori aveva previsto, all’art. 38 che la violazione dell’art. 4 fosse punito con “l’ammenda da lire 100.000 a lire un milione o con l’arresto da 15 giorni ad un anno”. Nel corso degli anni si sono succedute varie riforme legislative, tanto che alcuni esperti hanno ritenuto che la violazione in questione non avesse più alcuna rilevanza penale, solamente amministrativa. La Corte di Cassazione, con questa recente pronuncia, ha invece ricordato come il d.lgs. 151 del 2015 che ha modificato l’art. 4 nella sua vigente formulazione, ha fatto chiarezza sul punto e ha previsto che la sua violazione è punita con le sanzioni penali previste dall’art. 38 dello Statuto dei Lavoratori, ossia con l’ammenda da euro 154 a euro 1.549 o con l’arresto da 15 giorni ad un anno.
Sono una particolare ipotesi in cui l’azienda può installare delle telecamere anche senza autorizzazione e le registrazioni sono valide anche ai fini disciplinari. Quando sono ammessi i controlli difensivi? Sono possibili se l’azienda ha il fondato timore o il sospetto che il dipendente commetta dei comportamenti illeciti, diversi dal semplice scarso rendimento. In queste ipotesi, il datore di lavoro può installare delle telecamere per accertare gli eventuali illeciti del lavoratore, anche senza l’autorizzazione dell’Ispettorato e senza l’accordo sindacale.