Centoboschi: valorizzare biodiversità, inclusione e territorio

Lanciato dall'associazione Il Tarassaco ODV, Centoboschi coinvolge cittadini, aziende, onlus ed enti locali nel rimboschimento e nella cura dell’ambiente

Il terzo settore come motore di sviluppo sociale, economico e turistico ma soprattutto come garante dello stato di salute del territorio. Dal Veneto, precisamente in provincia di Rovigo, arriva un’esperienza di rete che sta già dando frutti importanti a livello realizzativo e che in prospettiva può generare un circuito virtuoso e facilmente esportabile. 

L’avventura di Centoboschi ha preso il via poco più di un anno fa dalla voglia di concretezza dell’associazione Il Tarassaco, fondata a Pettorazza Grimani (Ro) nel 2019 e da poco accreditata presso il Registro nazionale del terzo settore. Nell’estate 2021 ha lanciato una piattaforma online per individuare e proporre progetti di sostenibilità e valorizzazione ambientale, aperta a collaborazioni e contributi dalla società civile, da altre associazioni ambientaliste e dal tessuto economico locale.

 L’esigenza di non restare a guardare 

“Non volevamo arrenderci alla logica del ‘se volete gli alberi, piantateli a casa vostra’. Sentivamo la necessità di condividere esperienze, mettere in rete energie e recuperare risorse per progettare piano piano un patrimonio naturale a beneficio di tutti”, spiega Matteo Cesaretto, presidente de Il Tarassaco e anima del progetto Centoboschi. 

“L’idea lanciata poco più di un anno fa in una cena tra iscritti alla nostra associazione si è trasformata subito in qualcosa di molto concreto e avvincente. Da allora con il progetto Centoboschi abbiamo messo a dimora 1500 piante, principalmente grazie alla donazione della fondazione Yves Rocher Italia ma anche attraverso risorse proprie. Un’ottantina di persone si sono attivate direttamente, in gran parte iscritte ad associazioni come WWF Rovigo, Plastic Free Veneto e Lipu con cui abbiamo attivato una collaborazione fattiva paritaria e gratificante”. 

Amore per la campagna e difesa del territorio 

Da dove viene tutta questa passione per l’ambiente, gli alberi e la biodiversità? “Personalmente inizia da bambino, perché sono nato e cresciuto in campagna. Quella è la mia dimensione ideale. Abito in mezzo al nulla nel Polesine e fin da piccolo ho sempre coltivato l’orto con mio padre, imparando ad amare e riconoscere le piante e la natura”, racconta Cesaretto. 

“Il Tarassaco nasce dall’esperienza di tanti nostri compaesani rispetto a un caso eclatante di inquinamento ambientale. Un’azienda di Cà Emo di Adria – la Coimpo – faceva smaltimento di rifiuti industriali spacciandoli per ammendanti. Un’attività criminale che si è protratta per almeno 15 anni finché nel 2014 non si è verificato un incidente in cui sono morte 4 persone che ci lavoravano, a causa delle esalazioni tossiche”. 

“I terreni dell’impianto e delle vicinanze sono tuttora fortemente inquinati: dalle indagini sono emerse tra l’altro presenza di idrocarburi e metalli pesanti, che rimangono sepolti lì. Sul caso poi è calata l’attenzione mediatica, anche se ci sono state condanne per i responsabili. Da quell’episodio tragico è partita la voglia di reagire e di fare qualcosa insieme per la salute del nostro territorio”. 

Sette oasi di biodiversità sui fondi privati

Almeno 7 sono stati i proprietari dei fondi privati che si sono lasciati coinvolgere nel progetto Centoboschi nel primo anno di attività, di cui 6 in provincia di Rovigo e 1 in provincia di Verona.

“Finalità principale è realizzare oasi di biodiversità a beneficio della comunità. In potenza si può ragionare di compensazione CO2 ma anche di servizi ecosistemici. Per ora l’attività principale è stato ricostruire uno scorcio di paesaggio agreste: siepi plurispecie, fasce boscate, boschetti di pianura, fornendo un servizio “chiavi in mano” ai proprietari dei terreni privati coinvolti.

Tutto ciò collaborando alla pari con le altre associazioni, impiegando volontari regolarmente assicurati per i lavori di piantumazione e coinvolgendo società civile e dove possibile i bambini”.

Fortemente territoriale anche la tipologia di piante. “Abbiamo messo a dimora tutte specie autoctone. Nei bordi e nei contorni con siepi plurispecie di ligustro, acero campestre, carpino e altre varietà arbustive locali.

Al centro del fondo, dove lasciamo sempre qualche radura per favorire la biodiversità, facciamo impianti a linee curve o dritte a seconda delle necessità e delle preferenze del proprietario. Per lo più ontani, farnie e tigli”.

“Ogni oasi è il volano per recuperare il senso di quel luogo e dove possibile effettuiamo una piccola ricerca storica, per inquadrare le origini di quel posto e valorizzarlo a livello culturale e turistico. Diviene anche un laboratorio per monitorare l’accrescimento delle piante e l’evolversi della biodiversità, oltre che un’occasione di socialità, con iniziative di raccolta plastica, piantumazioni di essenze, liberazione di animali recuperati e curati, che consente di recuperare scorci di paesaggio”.

Interesse crescente e progetti ambiziosi

“C’è un interesse diffuso per questi argomenti”, rilancia Cesaretto, “su come oggi viene vissuto e gestito il nostro paesaggio rurale. Grazie alla collaborazione e condivisione con WWF Rovigo e Plastic Free i nostri ultimi post sui canali social hanno raggiunto più di 10 mila persone, a conferma che anche piccoli gruppi locali di cittadini possono generare un interesse molto forte, che poi in molti casi si trasforma in impegno concreto nei confronti dei vari progetti”.

Parallelamente si cerca di attecchire nelle scuole. “Nel periodo di lockdown è stato difficile ma quando facciamo opere di riforestazione, come avvenuto all’oasi del Gorgo Leze a Pettorazza Grimani (Ro), cerchiamo sempre di coinvolgerli. E con i prossimi progetti spingeremo molto proprio sulle scuole.

In cantiere, fermo restando il sostegno della fondazione Yves Rocher o di altri sponsor a cui facciamo appello in ottica di CSR, c’è un piano di piantumazione imponente che coinvolgerà in modo importante anche il pubblico.

In autunno vogliamo piantare 3 mila alberi in 6 progetti diversi, di cui uno è la conversione dell’ex base Nato di Bagnoli di Sopra (Pd), che si estende su 14 ettari”, annuncia Cesaretto, “L’idea è coinvolgere tutte le associazioni e le scuole del territorio, nell’ottica della massima inclusività, a maggior ragione perché la proprietà è pubblica.

Ci lavoriamo a stretto contatto con il Comune da 1 anno e mezzo, da poco hanno approvato la delibera che ci permette di chiedere le piante alla fondazione ed entro fine settembre sapremo qualcosa di preciso sulle tempistiche realizzative”.

“A parte questo tipo di contributi e donazioni è tutto volontariato puro”, conclude, “Stiamo cercando fondi e risorse ovunque e sono convinto che tante imprese oggi possano essere interessate a sostenere concretamente i nostri progetti. Ne avrebbero vantaggi non solo fiscalmente ma in termini di marketing, responsabilità sociale d’impresa e bilancio sociale”.

 

Leggi anche:

Cura dell’ambiente, del territorio e delle persone, per essere aziende sostenibili

Salute del pianeta: piantare alberi con Treedom

Save the Farm, quando le aziende adottano gli alberi da frutto

Iscriviti alla nostra newsletter

Ricevi gratuitamente le ultime novità, le storie e gli approfondimenti sul mondo del lavoro.