Un team di ricercatori ha messo a punto un breve test per verificare la circolarità dei materiali, mettendone alla prova l’intero ciclo di vita
Un articolo scientifico pubblicato sul Journal of Waste Management evidenzia che il concetto di “circolarità” non sempre implica la sostenibilità.
Attualmente, infatti, la circolarità dei materiali, dei componenti e dei prodotti di imballaggio è considerata una strategia per ridurre gli impatti ambientali negativi legati al ciclo di vita degli imballaggi. Tuttavia, l’interpretazione del termine è ancora ampia e gli indicatori utilizzati per valutarla spesso non riescono a considerare la complessità del sistema o gli effetti a cascata che possono vanificare i benefici ambientali.
Per affrontare questa sfida in modo pratico, i ricercatori hanno proposto una scheda di valutazione della circolarità basata su 7 domande che coprono il ciclo di vita di un prodotto: produzione, utilizzo e “smaltimento”. Questo approccio mira a fornire un quadro più completo della sostenibilità dei processi circolari.
La circolarità dei materiali è una strategia chiave adottata da politici e imprese per ridurre gli impatti ambientali negativi derivanti dai cicli di vita degli imballaggi. Tra questi ricordiamo le emissioni di gas serra, l’inquinamento e l’esaurimento delle risorse.
La necessità di contenere questi effetti ha portato a un’attenzione senza precedenti nei confronti di questo particolare aspetto della produzione industriale. Tanto che la stessa Commissione Europea sta revisionando la direttiva sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio, per promuoverne la circolarità. Allo stesso tempo, i governi nazionali stanno promulgando nuove leggi in materia, mentre le imprese si stanno progressivamente impegnando per raggiungere obiettivi ambiziosi.
Sulla strategia da mettere in atto, però, c’è ancora confusione. Prima di tutto perché attualmente non esistono metriche ampiamente accettate che possano cogliere sia l’efficienza che gli effetti causali della circolarità. Tuttavia, secondo gli studiosi, è possibile affermare che la circolarità non è necessariamente sinonimo di sostenibilità e che il tentativo di raggiungerla non garantisce risultati sostenibili.
Uno dei motivi di questa distinzione risiede ad esempio nei principi della termodinamica: un’economia circolare priva di rifiuti, in cui i materiali vengono riciclati all’infinito, è semplicemente impossibile da realizzare. Ogni ciclo o ciclo di materiali porta con sé degli scarti, che richiedono nuovi materiali ed energia per essere reintegrati.
A complicare la situazione c’è poi, ad esempio, il fatto che i mercati delle materie plastiche primarie e secondarie non sono integrati e questo distingue la catena del valore della plastica da altre catene del valore dei materiali di imballaggio, come metalli, vetro e carta/legno.
A questo si aggiunge la varietà di processi di conversione della plastica (fabbricazione dei prodotti), che finora sono stati poco influenzati dalle pressioni politiche.
Per monitorare l’implementazione dell’economia circolare è stata sviluppata un’ampia gamma di metriche, ma nessuna di queste misura in modo adeguato o sufficiente, portando a una forma di spostamento degli oneri tra il consumo di materiali e gli aspetti ambientali, economici, tecnici o sociali. Inoltre, le attuali metriche sottovalutano la complessità di rallentare, chiudere e ridurre i cicli dei materiali.
A partire da queste considerazioni, lo studio citato in apertura ha identificato 7 domande per valutare in autonomia se il proprio prodotto risponde o meno ai principi dell’economia circolare.
In base alle risposte si può calcolare un punteggio come da tabella a seguire, che può essere un utile punto di partenza per valutare iniziative e progetti futuri.
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