I premi di risultato calano durante la pandemia, calo più forte nelle Pmi

(foto Shutterstock)

Con la pandemia è diminuito il premio di risultato. Il calo maggiore si registra nella piccola e media impresa

I premi di risultato sono strumenti di incentivazione che le aziende possono erogare come compenso in busta paga, in aggiunta alla normale retribuzione, in conseguenza del raggiungimento di un obiettivo, aziendale o individuale, o al miglioramento delle performance. La Legge di Stabilità 2016 ha previsto, per i collaboratori, la possibilità di convertire, in tutto o in parte, il premio di risultato in servizi welfare, laddove questa opzione sia prevista dal contratto. La pandemia ha inciso negativamente su questo strumento, evidenziando una differenza di approccio a seconda delle dimensioni aziendali.

Pandemia e premio di risultato

La pandemia ha inciso pesantemente sulla diffusione del premio di risultato, e della contrattazione di secondo livello, determinando un calo generalizzato dei premi nel 2020, e accentuando le differenze dovute alla dimensione aziendale.

Prendendo in esame i contratti collettivi di secondo livello, aziendali e territoriali, depositati nella Banca dati del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, si ha una fotografia abbastanza fedele della negoziazione collettiva relativa a singole realtà aziendali o territoriali.

A distanza di cinque anni dalla riforma della disciplina sulla detassazione del premio di risultato, sono circa 24.000 le aziende che hanno presentato oltre 66.000 richieste di accesso al beneficio fiscale, e il premio di risultato ha coinvolto circa 2 milioni di beneficiari all’anno

Durante la pandemia, la contrattazione decentrata si è dovuta impegnare sul sostegno economico dei lavoratori, in caso di sospensione o riduzione delle attività produttive, e sulla necessità di garantire lo svolgimento in sicurezza delle attività rimanenti, ricorrendo anche allo smart working.

Premio di risultato, le piccole aziende lo chiedono meno

La frenata economica e il cambiamento dei temi oggetto della contrattazione sono confermati dai dati: – 48,7 % di istanze presentate per l’accesso al regime fiscale di vantaggio. Le conseguenze più marcate si registrano soprattutto per i contratti territoriali (- 62%) rispetto a quelli aziendali (- 45,3%). Il dato può essere considerato come il segnale di maggiori difficoltà organizzative, durante la crisi pandemica, delle associazioni sindacali dei lavoratori e delle imprese. 

Fino a questo momento, la contrattazione territoriale aveva garantito la diffusione del premio di risultato tra le micro e piccole imprese, e ora la pandemia sembra aver rotto questo equilibrio, costruito tanto faticosamente. La dimensione aziendale ha fortemente pesato sull’accesso alla tassazione agevolata: dopo febbraio 2020, rispetto al periodo precedente, le istanze presentate dalle imprese di  dimensioni più piccole (0-9 dipendenti) si sono ridotte quasi del 62%, e l’andamento del calo è inversamente proporzionale alla dimensione. Nelle aziende con oltre 250 dipendenti, il calo si è attestato al 40%.

La contrattazione territoriale, che dall’inizio della sua diffusione aveva rappresentato un volano per una distribuzione equa delle richieste del premio di risultato tra le diverse classi dimensionali delle aziende, è quella che ha subito la battuta d’arresto più significativa. 

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