Dedicated performer, lavoratori in controtendenza che si fermano in azienda

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(foto Shutterstock)

Chi sono i lavoratori che decidono di proseguire il loro percorso in azienda e perché lo fanno

Nell’epoca delle grandi dimissioni c’è chi sceglie di restare in azienda e approfondire il suo cammino professionale all’interno della stessa realtà: sono i dedicated performer, i lavoratori in controtendenza, soddisfatti e felici della propria posizione. Ma cosa spinge queste persone a preferire la permanenza al movimento, in un contesto globale che vede un turn over dei lavoratori sempre più spinto? Ne parliamo in questo articolo della nostra rubrica consigli sul lavoro.

L’attenzione al benessere da parte del leader, un’ottimale work-life balance e un buon engagement sono gli elementi che fanno la differenza e portano le persone a restare in azienda. 

Dedicated performer: un contesto variabile 

Il quadro generale in cui si inseriscono i dedicated performer è mutevole e vede un turn over spiccato dei lavoratori in tutto il mondo. Secondo il report State of the Global Workplace 2023 di Gallup, il 51% dei lavoratori si sta organizzando per cambiare lavoro: uno su due ha l’obiettivo di migliorare la propria vita professionale e, per arrivare allo scopo, è disposto anche a trasferirsi in un altro Paese

Tra il 2021 e il 2022, i dati di Fondazione Migrante dicono che oltre 80 mila persone hanno lasciato l’Italia alla ricerca di stipendi più elevati, maggior flessibilità, miglior conciliazione vita-lavoro. Questo abbandono da parte dei lavoratori ha un costo per le aziende: ogni volta che un’impresa sostituisce un dipendente spende, in media, da 6 a 9 mesi di stipendio in più all’anno

Chi sono i dedicated performer

I dedicated performer non hanno un identikit preciso: la voglia di restare in azienda può appartenere sia ai giovani under 35, sia agli over 50 e coinvolge in modo trasversale i diversi ruoli aziendali. Così come un giovane può desiderare di fermarsi e maturare la propria professione nell’azienda dove inizia a lavorare, altrettanto può succedere che un manager affermato, e magari richiesto da altre realtà, possa preferire stare dove è cresciuto. 

Ma quali sono i fattori che determinano questa volontà in controtendenza? E cosa fanno di speciale le aziende che riescono a contrastare le dimissioni del proprio personale? Favorire la crescita delle risorse umane attraverso la formazione continua e mettere in campo azioni e strumenti che assicurino il loro benessere sono i due elementi che scongiurano l’abbandono

I dedicated performer vogliono lavorare felici

Tra i fattori principali che influiscono sulla scelta dei dedicated performer a non cambiare posto di lavoro c’è l’attenzione dei propri leader al benessere mentale delle persone. 

L’88% degli intervistati dalla società di ricerca del personale Kelly dichiara che i datori di lavoro abbiano a cuore la loro salute mentale, rispetto al 2% di coloro che stanno programmando di cambiare lavoro. 

Il 27% dei lavoratori italiani coinvolti nell’indagine dichiara che un carico di lavoro troppo elevato o la presenza di team con risorse insufficienti hanno un impatto negativo sul loro benessere. A essere determinanti, però, sono anche il senso di appartenenza e l’engagement che le persone nutrono nei confronti del proprio lavoro e dell’azienda in cui sono impegnati.

Il 54% dei dedicated performer dichiara di provare un senso di appartenenza alla propria azienda attuale e il 53% sostiene di lavorare in un ambiente psicologicamente confortevole, rispetto al 12% di quelli che sono alla ricerca di una nuova opportunità.

Anche lo sviluppo delle competenze e la possibilità di crescita professionale sono priorità decisive: il 35% dei partecipanti all’indagine dà la massima importanza alle buone opportunità di percorsi di formazione e aggiornamento, seguite da una buona progressione di carriera (33%) e da un buon work-life balance (27%).

Ma le persone hanno bisogno di sentirsi coinvolte in ciò che le occupano per buona parte della giornata. A livello nazionale, il 45% degli intervistati ha dichiarato che sta fornendo solo il minimo indispensabile di ciò che il loro ruolo richiede. Questo significa che le aziende che desiderano trattenere i talenti e non disperdere importanti risorse umane, devono investire nell’engagement, leva indispensabile per aumentare la partecipazione proattiva delle persone al proprio lavoro.

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