Trasparenza retributiva e responsabilità d’impresa: un fattore chiave per credibilità, equità e competitività aziendale
La cultura della responsabilità impone di affrontare anche il tema della trasparenza salariale in chiave anti discriminatoria. L’affidabilità di un’impresa e di un’attività economica oggi si fondano su specifici obiettivi normativi, come il modello 231 e gli obblighi di rendicontazione previsti dalla normativa speciale dedicata al Bilancio di sostenibilità.
Un elemento fondamentale è la trasparenza retributiva. L’azienda deve rendere visibili i processi, le regole e i comportamenti che mostrano la sua “salute” in termini di benessere, parità di genere, inclusione e contrasto alla discriminazione.
Non è solo un obiettivo di comunicazione ma un contributo concreto alla realizzazione degli obiettivi ESG: ambientali (Environmental), sociali (Social) e comportamentali (Governance).
Oggi sappiamo che la cultura della responsabilità si costruisce per gradi e che si può comunicare attraverso strumenti specifici, mentre l’essere trasparenti coinvolge in modo più significativo la sfera dei comportamenti ed il modo in cui le organizzazioni si rapportato agli stakeholder.
Se i comportamenti non sono coerenti con quanto dichiarato nel codice etico, questo può influire negativamente sull’azienda, creando disallineamento tra comunicazione e visione d’impresa.
Da qui proprio l’esigenza di dare conto e di rendere “trasparente” il modo in cui si opera. Un’esigenza che coinvolge da tempo ogni attività economica, da quelle amministrative e finanziarie, a quelle commerciali, fino a quelle produttive e manifatturiere.
Oggi per attrarre e trattenere le persone è necessario che quello che si comunica all’esterno sia coerente con quello che si fa. Da qui la necessità sempre più sentita anche a livello europeo anche di regole di trasparenza che facciano da scudo agli obiettivi di diversità, inclusione, parità di genere, ingaggio.
In questo contesto la legislazione europea ha realizzato in questi ultimi anni due importanti strumenti normativi.
La Direttiva UE 2019/1152 relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell’Unione europea– attuata in Italia con il D.lgs. n. 104/2022 – e la Direttiva UE 2023/970 volta a rafforzare l’applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore, che dovrà essere attuata entro il 7 giugno 2026.
La Direttiva europea del 2019 ha messo l’accento sull’obbligo di informare i lavoratori sulle condizioni di lavoro e su tutti gli elementi che compongono la loro retribuzione, come stipendi, straordinari, premi e altri compensi, sia in denaro sia in natura.
In questo senso,Il datore di lavoro può comunque aggiungere altri pagamenti occasionali.
Ma è solo con la nuova Direttiva UE 2023/970 che si rafforza l’importanza della trasparenza retributiva per eliminare le disparità di genere. Infatti, il principio della parità di retribuzione per lavori di pari valore è ormai consolidato sia a livello internazionale sia europeo.
L’articolo 157 TFUE – richiamato nelle premesse della Direttiva – obbliga infatti gli Stati membri ad assicurare il principio di parità di retribuzione fra uomini e donne per pari lavoro o lavoro di pari valore, e autorizza l’UE a legiferare in materia.
Già nella Strategia per la parità di genere 2020-2025, la Commissione Europea aveva annunciato la necessità di introdurre regole vincolanti sulla trasparenza salariale. Infatti, la cultura della segretezza sugli stipendi rende più difficile scoprire eventuali discriminazioni e contribuisce ad alimentare il divario retributivo di genere, che è ancora presente nei paesi dell’Unione.
Le cause principali di questo divario sono strutturali:
Questi fattori hanno conseguenze anche nel lungo periodo, perché il divario retributivo si riflette poi in un divario pensionistico, che penalizza le donne al momento della pensione.
La Direttiva UE 2023/970 identifica alcune misure vincolanti per migliorare la trasparenza retributiva ed incoraggiare le organizzazioni a rivedere le loro strutture salariali.
Le novità partono già dalla selezione dei candidati: i datori di lavoro sono tenuti a comunicare la retribuzione iniziale o la fascia salariale prevista per la posizione. Inoltre, i criteri utilizzati per definire lo stipendio devono essere chiari, oggettivi e neutrali rispetto al genere, basati quindi su elementi come competenze, responsabilità e performance.
I lavoratori avranno anche il diritto di conoscere le retribuzioni medie, suddivise per genere e per categorie di lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore. Saranno inoltre trasparenti i criteri usati per stabilire lo stipendio, l’inquadramento e le possibilità di avanzamento di carriera.
La trasparenza non riguarda solo le fasi di selezione e di gestione del personale, ma anche gli obblighi di rendicontazione, legati in particolare alla componente Social del Bilancio di sostenibilità.
Le aziende con almeno 100 dipendenti devono infatti:
In questo modo la trasparenza diventa uno strumento per eliminare barriere e promuovere una vera cultura della responsabilità: le aziende hanno l’opportunità di crescere in termini di equità e i lavoratori possono contare su informazioni chiare per far valere i propri diritti.
Ma per realizzare questi obiettivi non è necessario aspettare l’attuazione della Direttiva. Quello della trasparenza non è solo un obiettivo, è un dovere di civiltà organizzativa.
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