L’Inps assicura un sostegno economico alle donne vittime di violenza con l’obiettivo di facilitare il percorso di protezione nei centri antiviolenza
In Italia, dati alla mano, le donne continuano a morire vittime di femminicidio e quelle che non vanno incontro a questo tragico destino, si trovano a dover combattere per la propria affermazione e indipendenza professionale, economica e sociale.
La violenza di genere è una delle violazioni dei diritti umani più diffuse, ma meno riconosciute nel mondo. Nonostante questo, il diritto del lavoro italiano prevede degli strumenti specifici a tutela delle lavoratrici vittime di questo fenomeno.
Le donne vittime di atti che passano dallo stalking agli abusi fisici e psicologici possono assentarsi dal lavoro per un periodo massimo di 90 giorni effettivi entro tre anni dall’inizio del percorso di protezione in cui sono inserite.
Per rendere questo diritto effettivo, però, ci sono dei requisiti da rispettare. Nell’articolo vedremo quali sono, come fare domanda e come utilizzare il congedo Inps per le donne vittime di violenza di genere.
La cronaca può far pensare che i casi di violenza accadano solo nel contesto esterno al mondo del lavoro, ma in realtà la violenza di genere sul lavoro esiste e le aziende, piccole o grandi che siano, non possono rimanere indifferenti.
I datori di lavoro, infatti, devono sapere che ogni lavoratrice dipendente del settore privato e pubblico, che risulta inserita in un percorso di protezione legato alla violenza di genere e che ha un rapporto di lavoro in corso, può fare richiesta del congedo per la violenza di genere.
Se rientri tra queste lavoratrici, devi sapere che l’iscrizione al percorso antiviolenza deve essere certificato da:
Come avremo modo di spiegare, infatti, dovrai poi conservare tutta la documentazione di questi enti e allegarla alla domanda da inoltrare all’Inps.
Chi sono le lavoratrici che hanno diritto a questo congedo?
È opportuno riportare una precisazione se sei iscritta alla Gestione Separata Inps: a differenza di tutte le altre categorie professionali, non hai diritto ad alcuna indennità economica, ma solo a sospendere il tuo rapporto di collaborazione.
Dalla lettura dell’articolo 24 del d.lgs. 80/2015, completamente dedicato alla disciplina del congedo, ricaviamo diverse informazioni importanti.
In primo luogo, leggendo il comma 3 scopriamo che sei tenuta a comunicare la tua assenza a titolo di congedo con un preavviso di almeno sette giorni, indicando al tuo datore di lavoro sia la data di inizio che di fine del periodo di congedo.
Dal canto suo, il datore di lavoro deve pagarti, per tutta la durata dell’assenza, un’indennità del 100% della retribuzione del mese precedente a quello in cui ha inizio il congedo.
In pratica, esattamente come succede per la maternità, l’azienda anticipa i soldi in nome e per conto dell’Inps e poi recupera quanto pagato successivamente con le denunce aziendali obbligatorie. Non sono pagati tutti i giorni di assenza, ma solo quelli in cui è prevista la prestazione lavorativa, quindi sono esclusi ad esempio i giorni festivi.
Se dovessi decidere di usare il congedo in modalità oraria allora l’indennità verrà ridotta al 50% perché il legislatore ha previsto che l’uso ad ore è possibile “in misura pari alla metà dell’orario medio giornaliero del periodo di paga precedente”. In poche parole, se l’orario medio è di 8 ore, il congedo può essere richiesto per massimo 4 ore.
Ad ogni modo, la scelta tra l’uso a ore e l’uso a giorni non è libera al 100%: in primo luogo bisogna vedere cosa dice il CCNL sul punto e, solo in caso di mancata regolamentazione, potrai scegliere tra un metodo e l’altro.
Questa assenza tutelata porta riflessi negativi sulla retribuzione e sulla pensione? No, perché per legge tutto il periodo è coperto dai contributi figurativi ed è preso in considerazione per il calcolo delle ferie, della tredicesima e del TFR.
È molto importante sottolineare, infine, che questo strumento non viene concesso automaticamente al momento dell’iscrizione in un percorso antiviolenza, ma deve essere richiesto con una specifica domanda.
Ci sono diversi modi per farla:
In tutti i casi, come abbiamo già annunciato, è obbligatorio allegare tutti i fascicoli inerenti al percorso antiviolenza che stai seguendo. Qualora dovessi consegnare questi documenti a mano in forma cartacea, per motivi di privacy, è obbligatorio consegnarli in una busta bianca chiusa senza indicare nome e cognome.
Non è mai facile dare una definizione di violenza di genere, ma per fortuna vengono in soccorso le istituzioni.
Per capire cos’è la violenza di genere si può partire dal sito del Ministero del Lavoro che, riprendendo alcune delle fonti più autorevoli sul tema, la definisce come “tutte quelle forme di violenza da quella psicologica e fisica a quella sessuale, dagli atti persecutori del cosiddetto stalking allo stupro, fino al femminicidio, che riguardano un vasto numero di persone discriminate in base al sesso”.
Alla luce di questo, i principali obiettivi della normativa italiana, sono riassunti in tre punti fondamentali:
La realtà a cui assistiamo tutti i giorni, purtroppo, ci offre diversi esempi di violenza di genere. Pensiamo ad esempio:
A livello normativo sono tanti gli sforzi ancora da compiere per contribuire a sradicare questo fenomeno, ma vale la pena menzionare due eventi rilevanti.
Nel 2024, l’Unione Europea ha approvato in via definitiva la prima normativa comunitaria sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica. Il testo chiede leggi più severe per contrastare la violenza informatica, una migliore assistenza alle vittime e misure per prevenire gli stupri.
Questa normativa ha raccolto grande consenso: 522 voti a favore, 27 contrari e 72 astensioni, sintomo di un’urgente necessità di fare qualcosa di concreto.
Il 7 maggio 2024, il Consiglio UE ha adottato la direttiva che riguarda le sanzioni e i termini di prescrizione per tali reati, a cui tutti gli Stati devono adeguarsi facendo una legge entro tre anni dalla pubblicazione (entro maggio 2027).
Rimanendo in ambito europeo, però, il Consiglio UE già nel maggio 2011 aveva emanato la Convenzione di Istanbul, che costituisce tutt’ora il primo strumento internazione giuridicamente vincolante sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica.
Dopo aver definito la violenza di genere come una forma di violazione dei diritti umani e di discriminazione contro le donne, la Convenzione parla di obiettivi.
Uno di questi è quello di creare un quadro globale per la protezione delle donne, nonché la cooperazione internazionale e il sostegno alle autorità e alle organizzazioni a questo scopo. L’emendamento sulla violenza di genere è stato firmato da 32 Stati e ratificato da 8.
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