Come funziona il rapporto di collaborazione continuativa co.co.co: cosa dice la disciplina, come funzionano i contributi e l’indennità
Co.co.co è l’acronimo di collaborazione continuata e continuativa. I contratti co.co.co hanno trovato in passato un utilizzo diffuso soprattutto in certi settori: professioni intellettuali, freelance, disegnatori, architetti, informatici.
L’utilizzo di questa figura contrattuale è incentivata da una maggiore flessibilità in ingresso e in uscita. Tuttavia, in alcun casi, questi contratti mascherano veri e propri rapporti di lavoro subordinato. I co.co.co, infatti, rientrano nell’ambito della cosiddetta “parasubordinazioneCategoria che comprende i lavoratori autonomi che si trovano in una posizione di dipendenza verso i datori di lavoro, come i lavoratori subordinati More”, ossia quel mondo professionale che si pone al confine tra il lavoro autonomo e la subordinazione.
La definizione è offerta dall’art. 2 del d.lgs. 81/2015, secondo cui si tratta di “rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro prevalentemente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente”.
In questa definizione sono dettate le caratteristiche principali dei contratti co.co.co, ossia:
Dal 2015 per questi rapporti trova applicazione la disciplina del rapporto di lavoro subordinato, tranne in questi casi:
L’applicazione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato ai contratti co.co.co non significa che questi diventino automaticamente dei lavoratori dipendenti. I collaboratori continuativi rimangono lavoratori parasubordinati ma possono beneficiare di alcune garanzie previste per il lavoro subordinato, a partire – ad esempio – dalla quantificazione dello stipendio.
Facciamo subito chiarezza: le parti sono libere di negoziare, al rialzo, qualsiasi tipo di corrispettivo professionale. Per quanto riguarda, invece, il “minimo sindacale”, il compenso per il contratto co.co.co non può essere inferiore a quanto previsto dai contratto collettivo leader del settore. È questo uno degli effetti dell’applicazione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato al rapporto di collaborazione continuata e collaborativa. È un argine per i fenomeni di sfruttamento e di utilizzo illegittimo (e spesso sottopagato) di queste figure contrattuali.
Il contratto co.co.co ha diritto alla tredicesima? No, non ne ha diritto. Dobbiamo però fare una precisazione: il corrispettivo riconosciuto al co.co.co non deve essere inferiore al trattamento economico complessivo previsto dal contratto collettivo leader per prestazioni analoghe eseguite dai lavoratori subordinati. Questo significa che nella determinazione del compenso deve essere considerata anche l’incidenza della tredicesima, fermo restando che a dicembre il collaboratore co.co.co non la riceve.
Per quanto riguarda contratto cococo e contributi, il collaboratore deve essere iscritto alla Gestione Separata Inps. Perché bisogna chiedersi: chi paga i contributi nei contratti co.co.co? È una domanda molto ricorrente in questo settore. Purtroppo, viene posta dopo che il contratto è già stato firmato e non è più possibile negoziare condizioni contrattuali di maggior vantaggio. Dov’è il problema? Il problema sta nel fatto che i contributi sono così ripartiti:
Il soggetto tenuto al versamento è sempre il committente, che deve denunciare gli importi mensilmente all’INPS. È dunque importante accertarsi che nella determinazione del compenso per la collaborazione siano stati considerati importi al netto anche della contribuzione a carico del collaboratore.
I collaboratori co.co.co non hanno ferie o permessi. Il rapporto, infatti, non ha natura subordinata e quindi il collaboratore non ha diritto a chiedere la sospensione del rapporto. In alcuni casi, quando la collaborazione deve essere eseguita in un lungo periodo, è possibile concordare con l’azienda committente un periodo di sospensione dell’attività, ma non si parla tecnicamente di “ferie” e soprattutto è un periodo non retribuito.
In caso di contratto co.co.co non si parla di dimissioni, ma di recesso. Il collaboratore può sempre esercitare il diritto di recesso in caso di gravi inadempimenti da parte del committente, ad esempio in caso di omesso pagamento delle competenze, comportamenti vessatori, violazione delle norme sulla sicurezza. Inoltre, le parti possono prevedere un periodo di preavviso per l’esercizio del recesso. In questo caso, se non c’è una giusta causa, il collaboratore è tenuto ad osservare il periodo di preavviso, pena l’eventuale richiesta di risarcimento del danno.
Il collaboratore ha diritto all’indennità di disoccupazione.
In questo settore non si chiama NASPI, ma prende il nome di DIS-COLL.
Per poterla ricevere è necessario essere in possesso dei seguenti requisiti:
Quanto dura la disoccupazione contratto co.co.co? La prestazione corrisponde al numero di mesi di contribuzione accreditati nel periodo intercorrente tra il 1° gennaio dell’anno precedente e la data di cessazione del rapporto. In ogni caso, ha una durata massima di 12 mesi.
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