I nuovi obblighi informativi per andare a lavorare all’estero

I nuovi obblighi informativi per andare a lavorare all'estero
(foto Shutterstock)

A tutela del lavoratore, aggiornati di recente gli obblighi informativi che il datore di lavoro è tenuto a fornire in caso di lavoro all’estero

Cosa significa lavoro all’estero

Per lavoro all’estero si intende il lavoro prestato per conto di un’impresa che opera in italia e che invia il dipendente all’estero, fuori dall’Italia.

Non rientra nella definizione chi va andare a lavorare in un paese straniero per un’azienda che opera fuori dal territorio italiano.

Il lavoro all’estero può essere prestato nell’ambito di:

In questi casi il lavoratore resta un dipendente italiano, e pertanto il rapporto continua a essere regolato principalmente dal diritto del lavoro italiano e dal contratto collettivo applicato.

Tuttavia, oltre alle leggi italiane, si applicano anche le leggi e convenzioni europee e internazionali. 

I nuovi obblighi informativi 

Con il dg.lgs. 104/2022 sono state aggiornate le comunicazioni che il datore è tenuto a fornire al lavoratore che viene inviato all’estero. 

Il lavoratore dev’essere informato per iscritto, e prima della partenza, su qualsiasi modifica degli elementi del rapporto.

Inoltre, dev’essere informato riguardo a:

  • il paese o i paesi in cui deve essere svolto il lavoro all’estero e la durata prevista
  • la valuta in cui verrà corrisposta la retribuzione
  • le eventuali prestazioni ulteriori in denaro o in natura inerenti agli incarichi svolti
  • se previsto il rimpatrio, le condizioni che lo disciplinano
  • la retribuzione cui ha diritto il lavoratore conformemente al diritto applicabile dello Stato membro ospitante
  • le eventuali indennità specifiche per il distacco e le modalità di rimborso delle spese di viaggio, vitto e alloggio
  • l’indirizzo del sito internet istituzionale dello Stato membro ospitante in cui sono pubblicate le informazioni sul distacco.

Per quali rapporti di lavoro sono previsti i nuovi obblighi? 

Questi obblighi informativi riguardano i rapporti di lavoro dipendente. In particolare, le seguenti tipologie contrattuali:

  • contratto di lavoro subordinato, compreso quello di lavoro agricolo, a tempo indeterminato e determinato, anche a tempo parziale;
  • contratto di lavoro somministrato;
  • rapporto di collaborazione con prestazione prevalentemente personale e continuativa organizzata dal committente;
  • contratto di collaborazione coordinata e continuativa;
  • contratto di prestazione occasionale;
  • contratto di lavoro domestico.

Va evidenziato che gli obblighi informativi per i lavoratori all’estero non si applicano ai dipendenti di amministrazioni pubbliche in servizio all’estero, né ai lavoratori marittimi e ai lavoratori della pesca.

In caso di mancato, ritardato, incompleto o inesatto assolvimento degli obblighi informativi sul rapporto di lavoro all’estero, il lavoratore può rivolgersi all’Ispettorato Nazionale del Lavoro che, dopo aver accertato la situazione, potrà applicare una sanzione amministrativa pecuniaria.

Come funzionano tassazione e contribuzione?

Nulla è cambiato, invece, sull’applicazione della tassazione e contribuzione nel caso di lavoro all’estero.

Quindi, per quanto riguarda la tassazione del lavoro all’estero, al fine di evitare la doppia imposizione fiscale, sono state sottoscritte varie convenzioni tra gli Stati. 

Per capire quale tassazione applicare al dipendente bisognerà considerare la residenza del lavoratore, la sua permanenza all’estero, le modalità concrete di svolgimento dell’attività.

Nello specifico, bisognerà valutare se:

  • l’attività lavorativa sia prestata all’estero in maniera stabile e continuativa;
  • il dipendente soggiorni all’estero per un periodo superiore a 183 giorni nel corso di 12 mesi.

Per quanto riguarda invece la contribuzione, la regola generale è che i lavoratori continuino a versare i contributi all’INPS per il periodo stabilito dagli accordi stipulati tra l’Italia e gli altri Stati.

Per il lavoro in Europa, ad esempio, il limite massimo è di 24 mesi, prolungabile fino ad un massimo di 5 anni in presenza di alcune condizioni.

Per quanto riguarda i limiti relativi agli altri Paesi è invece necessario verificare cosa è previsto nei vari accordi.

 

 

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