Decreto Trasparenza: come cambiano le lettere di assunzione?

Decreto Trasparenza: come cambiano le lettere di assunzione?
(foto Shutterstock)

Nuovi obblighi per tutte le aziende: dal 1° agosto contratti di lavoro più trasparenti e con maggiori informazioni

Addio vecchie lettere di assunzione. Usando un linguaggio in codice, potremmo parlare di una vera e propria “operazione trasparenza” che investe tutti i rapporti di lavoro. Con il decreto 104  del 2022, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 29 luglio 2022, il Governo è intervenuto introducendo precisi obblighi di comunicazione a carico dei datori di lavoro.

Il decreto è l’attuazione della Direttiva UE 1152/2019 che riguarda, appunto, le “condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell’Unione europea.”

Tutti i dipendenti devono essere informati, per iscritto, sugli elementi principali del rapporto di lavoro e del contratto individuale, collettivo e aziendale applicato.

A chi si applicano le nuove regole?

Le nuove regole si applicano a tutti.

A tutte le aziende, a prescindere dal fatturato e dal numero degli occupati. 

A tutti i lavoratori, indipendentemente dall’anzianità lavorativa e dall’orario di lavoro svolto.

Le nuove norme si applicano anche alle collaborazioni continuative e ai rapporti di prestazione occasionale (Prest.O).

Sono esclusi:

  • i rapporti di lavoro con durata media inferiore alle 3 ore settimanali in un periodo di 4 settimane consecutive;
  • i contratti di agenzia;
  • tutti i rapporti di lavoro autonomi con P.IVA.

Che cosa deve comunicare il datore di lavoro?

“Chiare”, “trasparenti” e “sintetiche”: sono i tre aggettivi che, secondo il Legislatore, devono guidare la condivisione delle informazioni da parte delle aziende.

Le informazioni devono essere fornite per iscritto, anche in formato elettronico, e l’azienda deve conservare la copia della dichiarazione di ricezione per almeno 5 anni.

Questi sono alcuni degli elementi che la comunicazione deve contenere: l’identità delle parti; il luogo di lavoro; l’inquadramento, il livello e la qualifica attribuiti; la data di inizio del rapporto e il termine, se apposto; la durata del periodo di prova, se previsto; l’importo iniziale della retribuzione, con l’indicazione precisa di tutti gli elementi costitutivi, e la previsione del periodo e delle modalità di pagamento.

E ancora, il datore di lavoro deve informare i lavoratori su durata dei congedi e sulle modalità di fruizione, sulla durata delle ferie, sulla procedura, la forma e i termini del preavviso in caso di recesso del datore di lavoro o del lavoratore, e sulla organizzazione dei turni e dell’orario di lavoro. 

Quando deve comunicare le informazioni?

Per gli assunti dal 1° agosto 2022, l’obbligo si applica già al momento dell’assunzione.

Invece, per i lavoratori già in forza a tale data, l’0bbligo di fornire le informazioni sul rapporto di lavoro sorge solo nel caso in cui un dipendente ne faccia apposita richiesta scritta: in questo caso, l’azienda ha 60 giorni di tempo per condividere i dati con il lavoratore. 

Un nuovo portale web per tutti i lavoratori

Per effetto dei nuovi obblighi informativi, non sono più valide le clausole dei contratti individuali che rimandavano alle disposizioni del contratto collettivo applicato.

Tali previsioni, infatti, nei limiti indicati, devono essere esplicitate dal datore di lavoro.

Per andare incontro alle esigenze di lavoratori e aziende, il Ministero del Lavoro adotterà un nuovo portale internet in cui sarà possibile consultare tutti i contratti collettivi e tutta la normativa lavoristica suddivisa per argomenti.

Le aziende, nelle loro comunicazioni digitali, potranno così creare dei collegamenti per permettere ai propri dipendenti una rapida consultazione.

Sanzioni: fino a 1.500 euro a lavoratore 

L’inadempimento alle nuove previsioni può costare caro. La norma punisce non solo la totale omissione dei dati, ma anche il semplice ritardo o l’indicazione parziale delle informazioni. La segnalazione è trasmessa dal lavoratore all’Ispettorato del Lavoro.

L’accertamento della irregolarità comporta una sanzione amministrativa da 250 a 1.500 euro per ogni lavoratore interessato.

Inoltre, il lavoratore che segnala l’inadempimento è tutelato da qualsiasi ritorsione o provvedimento sfavorevole adottato dall’azienda nei suoi confronti: oltre alla nullità del provvedimento, è prevista anche una (ulteriore) sanzione amministrativa da 250 a 1.500 euro.

 

 

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