La possibilità di lavorare nelle festività infrasettimanali deve derivare da uno specifico accordo tra lavoratore e datore di lavoro
Un lavoratore è stato licenziato dal suo datore di lavoro per essersi rifiutato di prestare la propria attività lavorativa nella giornata del 1° maggio.
Convinto della legittimità del suo rifiuto, il dipendente ha impugnato il licenziamento.
Il datore di lavoro può obbligare i suoi dipendenti a lavorare durante le festività infrasettimanali? Può licenziarli se loro non acconsentono?
Innanzitutto, le giornate festive non devono essere confuse con la domenica.
Si tratta, invece, di alcuni giorni dell’anno che la legge considera festività in quanto dedicati alla celebrazione di ricorrenze religiose o civili.
Ad esempio, sono festivi il giorno di Natale, Capodanno, il 25 aprile (Festa della Liberazione), il 1° maggio (Festa dei Lavoratori), il 2 giugno (Festa della Repubblica), il 15 agosto (Festa dell’Assunzione) e l’8 dicembre (Festa dell’Immacolata Concezione).
In linea di massima, se il dipendente in tali giorni non lavora percepirà comunque il suo normale stipendio, mentre se decide di lavorare avrà diritto, oltre alla retribuzione ordinaria, ad una maggiorazione di solito stabilita dal contratto collettivoÈ l’accordo stipulato a livello nazionale tra i sindacati di rappresentanza dei lavoratori e dei datori di lavoro per regolare determinati aspetti dei contratti individuali di lavoro di un certo settore (es. orario di lavoro, retribuzione minima, ferie, congedi, ecc.). More di settore.
La Cassazione ha innanzitutto ricordato come sia proprio la legge a garantire al lavoratore il pieno diritto di non lavorare durante le festività celebrative di ricorrenze civili e religiose infrasettimanali (l. 260/1949).
Fanno eccezione i dipendenti che operano nei settori della sanità pubblica e privata, del turismo, della ristorazione o che svolgono servizi di pubblica utilità (es. trasporti pubblici), che per esigenze di servizio sono obbligati a lavorare anche durante le festività.
Di conseguenza, il diritto al riposo in tali giornate non può essere cancellato dal datore di lavoro in maniera unilaterale, né il contratto collettivo può prevedere l’obbligo dei dipendenti di lavorare nelle festività infrasettimanali.
Neanche il contratto individuale può legittimare l’azienda a pretendere in via generalizzata la disponibilità del lavoratore nei giorni festivi per tutta la durata del rapporto: sarà, al contrario, sempre necessario un accordo in tal senso tra il lavoratore e il datore, raggiunto volta per volta in modo specifico.
Sulla base di tali considerazioni, la Cassazione ha confermato la legittimità del rifiuto del dipendente di lavorare il 1° maggio e la conseguente invalidità del licenziamento impugnato (Sentenza n. 18887/2019).