Quali sono gli importi e le tutele riconosciute alle lavoratrici con partita IVA che vanno in maternità
In Italia sono tante le donne che lavorano come autonome. Normalmente si pensa che chi non ha un contratto da dipendente non abbia nemmeno delle tutele in caso di maternità, ma non è così.
Infatti, ci sono regole precise. Le donne con partita IVA devono essere tutelate nel periodo precedente e subito dopo il parto, proprio come le dipendenti.
In questo articolo vedremo che, anche all’interno del mondo degli autonomi, ci sono delle differenze. In particolare, la situazione è diversa se le lavoratrici sono obbligate o meno all’iscrizione a un preciso albo professionale.
Si tratta di tutte quelle professioniste che, per esercitare la loro professione, sono tenute all’iscrizione a un apposito Albo professionale o Cassa nazionale di previdenza. Per questo motivo, informalmente si parla di persone “con cassa”.
In questi casi, quando la lavoratrice è in gravidanza, il suo rapporto con il committente non si estingue. La professionista potrà essere sostituita temporaneamente con altre figure.
Attenzione: nel periodo di sospensione, non c’è l’obbligo di pagare il compenso per un periodo massimo di 150 giorni.
Rientrano in questa categoria tutte quelle lavoratrici che non sono tenute a iscriversi a un albo professionale, ma non per questo sono senza tutele. In questo caso è obbligatoria l’iscrizione alla Gestione separata INPS, che prevede prestazioni precise in caso di maternità.
In entrambi i casi, è la lavoratrice a dover presentare domanda all’INPS. Si può fare online sul sito web dell’INPS, telefonando al Contact Center dell’INPS al numero 803 164 (gratuito da rete fissa) oppure al numero 06 164 164 da rete mobile. In alternativa ci si può recare presso uno degli enti di patronato.
La libera professionista deve fare domanda dopo il parto oppure due mesi prima la data presunta del parto in caso di gravi complicanze con la gravidanza.
La legge riconosce un’indennità per i 2 mesi precedenti alla data presunta del parto e per i 3 mesi successivi all’evento, pari all’80% dei compensi percepiti nell’anno precedente.
Il reddito preso a riferimento, ovvero quello risultante dal Modello Unico, deve essere ridimensionato su 5 mesi, che è il tempo massimo riconosciuto per la maternità.
L’erogazione avviene da parte dell’INPS con un bonifico sul conto corrente, a prescindere che la lavoratrice si astenga effettivamente dal lavoro.
Per quanto riguarda invece il calcolo dell’importo della prestazione per le donne con la partita IVA in maternità, l’INPS eroga, per ogni mese, l’80% dell’importo, pari a 1/12 del reddito risultante dalla denuncia dei redditi dell’anno precedente.
Attenzione: è importante sapere che il diritto all’indennità spetta anche qualora, al momento dell’evento, la lavoratrice non risulti più iscritta alla Gestione separata, ma comunque abbia maturato il requisito contributivo richiesto.
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