Il lavoratore ha diritto alla pausa pranzo che, però, non sempre viene considerata orario di lavoro e quindi pagata
Per affrontare il tema delle pause al lavoro, tra cui quella per consumare il pranzo, è necessario partire da una domanda: cos’è l’orario di lavoro? Conoscere questa definizione è importante perché possiamo distinguere diversi momenti della giornata lavorativa come, ad esempio, le soste, le pause e i riposi giornalieri e settimanali.
Ma non solo: sapere per quanto tempo si può lavorare ed entro quali limiti è fondamentale anche per il recupero delle energie psicofisiche.
Dunque, il lavoratore ha diritto alle pause? Sono pagate oppure no? Scopriamolo insieme in questo articolo!
Il Decreto Legislativo 8 aprile 2003 lo definisce come qualsiasi periodo in cui il lavoratore è al lavoro, a disposizione del datore e sta svolgendo le sue attività o le sue funzioni.
In realtà, questa definizione è molto più ampia, perché include anche tutto il tempo impiegato per svolgere attività complementari.
Facciamo alcuni esempi per capire meglio:
Perché è utile sapere se è o non è orario di lavoro? Perché il tempo impiegato in attività che non rientrano nella definizione di orario lavorativo, generalmente, non viene retribuito.
L’articolo 8 del d.lgs 66/2003 dice che, se la prestazione lavorativa ha una durata superiore alle 6 ore al giorno, il dipendente ha diritto a una pausa per il recupero delle energie.
A questo punto, però, bisogna fare una precisazione: in genere, la materia delle pause e dei riposi è regolata dai CCNL sia per la durata che per l’eventuale retribuzione.
Se, però, il CCNL non dice nulla sul tema, allora la pausa non può, per legge, essere inferiore ai 10 minuti, tranne per alcune categorie di lavoratori per cui è prevista una pausa più lunga.
Attenzione: i 10 minuti sono minimi, quindi è possibile prevedere durate superiori.
Non esiste un orario preciso per andare in pausa pranzo, quindi il datore di lavoro è libero di scegliere quando collocarla durante la giornata lavorativa.
Cosa vuol dire? Che può essere messa in qualsiasi momento, non per forza dopo le 6 ore di lavoro di cui abbiamo parlato prima.
Una cosa non va mai dimenticata: dato che si tratta di un suo diritto, il lavoratore, come dice il Ministero del lavoro, non può mai rinunciare alla pausa pranzo, nemmeno per fare delle ore di straordinario.
No, perché sempre il Ministero dice che, in via generale, nessuna pausa viene pagata a meno che il CCNL non preveda qualcosa di diverso.
In particolare il lavoratore non riceve soldi per:
Il datore di lavoro, però, potrebbe rimediare con alcuni strumenti come, ad esempio, la mensa aziendale oppure i buoni pasto.
Si tratta di alternative molto valide per venire incontro alle esigenze dei propri dipendenti e che sono vantaggiose anche per i lavoratori stessi.
Pensiamo ai buoni pasto: sono buoni totalmente esenti da tasse entro i 4 euro al giorno se vengono dati in forma cartacea, 8 euro se invece sono elettronici.
Attenzione: non stiamo parlando di un diritto del lavoratore, ma di una scelta aziendale che può essere introdotta dal datore di lavoro.
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