Pensione di reversibilità, quanto dura?

Quanto dura la pensione di reversibilità?
(foto Shutterstock)

Bisogna soddisfare precisi requisiti per poter mantenere il diritto di percepire la pensione di reversibilità

 La pensione di reversibilità è una forma di «eredità della pensione». Si tratta infatti di un trattamento economico che può essere riconosciuto dall’INPS a favore dei familiari superstiti a seguito del decesso di un lavoratore assicurato, o di un pensionato. 

Questo contributo economico non ha una scadenza definita per legge. Bisogna però che i beneficiari continuino a godere dei requisiti richiesti, altrimenti viene revocato.  

Oltre a questa ipotesi, c’è la possibilità che il trattamento economico venga riproporzionato.

Vediamo nel dettaglio i casi in cui può essere revocato e quando, invece, può essere ridotto.

 Quando può essere richiesto il versamento? 

Ci sono due tipi di trattamenti pensionistici riconosciuti dall’INPS in caso di decesso di una persona: 

  • pensione di reversibilità, in caso di decesso di un pensionato.

L’importo erogato è pari a una percentuale di quello che percepiva il defunto come pensione ordinaria 

  • pensione indiretta, in caso di decesso di un lavoratore assicurato.

In questo caso, la pensione è riconosciuta nel caso in cui l’assicurato abbia svolto almeno 15 anni di anzianità assicurativa e contributiva, oppure 5 anni di anzianità assicurativa e contributiva, di cui con almeno 3 nei 5 anni immediatamente precedenti alla data del decesso.

Quanto dura?

Non c’è una durata temporale fissata per legge. Tuttavia, l’INPS continua a erogare il trattamento economico solo se i beneficiari continuano ad avere i requisiti richiesti. 

Ci sono dei casi, quindi, in cui l’erogazione può essere interrotta: 

  • il coniuge divorziato, titolare di assegno di mantenimento, si sposa con altro soggetto. Se presente una sentenza del Tribunale che si pronuncia in tal senso, però, è possibile che vengano comunque erogate delle quote, anche dopo aver contratto nuovo matrimonio
  • i figli inabili che trovano occupazione, a meno che questa non sia tra le ipotesi espressamente previste dalla Circolare INPS 15/2009. In questo caso, il soggetto continuerà a percepire il trattamento economico di reversibilità
  • i figli maggiorenni studenti che interrompono gli studi, o che superino i 21 anni di età, elevati a 26 nel caso in cui stiano frequentando l’università. Inoltre, per i figli studenti è prevista l’erogazione dell’indennità anche se svolgono un’attività lavorativa, ma solo se ne deriva un reddito contenuto
  • i genitori che percepiscono altra pensione
  • i fratelli inabili e che erano a carico del defunto, se si sposano.

 Quando viene ridotta?

Oltre l’ipotesi in cui la pensione di reversibilità viene revocata, c’è anche la possibilità che venga ridotta.

Questo può accadere quando il coniuge superstite supera determinati limiti di reddito.

Le percentuali di riduzione sono assenti per i redditi più bassi e arrivano fino al 50% per quelli più alti. In quest’ultimo caso, l’importo della pensione può essere dimezzato.

È importante sottolineare che ci sono comunque delle eccezioni a questa regola. Per esempio, quando il soggetto beneficiario è un coniuge che ha a suo carico figli minori, inabili o studenti con i requisiti richiesti, non verrà applicata alcuna riduzione del trattamento, a prescindere dal reddito.

 Come richiedere il trattamento pensionistico?

La domanda può essere presentata telematicamente utilizzando l’apposita sezione nel sito INPS, o in alternativa si può telefonare al contact center INPS o rivolgersi a patronati e Centri di Assistenza Fiscale (CAF).

A partire dal decesso del soggetto, non c’è un periodo limite per presentare domanda, se non quello di prescrizione delle somme, pari a 10 anni. 

Il trattamento pensionistico verrà erogato a partire dal mese successivo a quello del decesso del soggetto.

Generalmente, per l’elaborazione del provvedimento c’è bisogno di un periodo di 30 giorni. In alcuni casi la legge può fissare termini diversi.

 

 

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