Risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, cos’è e come funziona

Risoluzione consensuale
(foto Shuttertstock)

Quando il rapporto di lavoro cessa per comune accordo tra datore di lavoro e lavoratore si parla di risoluzione consensuale

Il rapporto di lavoro può finire per diversi motivi. Quando le motivazioni sono del datore di lavoro, si parla di licenziamento. Se la volontà è invece del dipendente, allora si parla di dimissioni

Esiste anche un altro caso: quando la volontà è da entrambe le parti, si parla di risoluzione consensuale. Come per le dimissioni, anche la risoluzione consensuale dev’essere presentata tramite la procedura online e ha delle regole ben precise: in questo articolo ti spieghiamo tutto quello che devi sapere.

Cos’è la risoluzione consensuale

Quando entrambe le parti (datore di lavoro e dipendente) vogliono risolvere il rapporto lavorativo possono farlo attraverso un accordo di risoluzione consensuale

Si tratta di un atto immediatamente efficace che non comporta l’applicazione delle tutele previste in caso di licenziamento o dimissioni, come ad esempio il rispetto del preavviso. Significa che il rapporto di lavoro termina subito, non bisogna aspettare che scadano i giorni di preavviso.

La differenza tre dimissioni e risoluzione consensuale

A differenza delle dimissioni, che partono dalla decisione del lavoratore di terminare il rapporto di lavoro, la risoluzione consensuale è basata sull’incontro delle volontà delle parti di porre fine al rapporto di lavoro

Con quest’ultima le parti manifestano reciprocamente e comunicano la volontà di terminare il rapporto. Il consenso è quindi di entrambi, e alle volte è abbinato a un incentivo all’esodo.

Quale è la procedura di trasmissione della risoluzione?

Oltre all’accordo tra le parti, è necessario convalidare la volontà di recedere dal rapporto di lavoro tramite la procedura ministeriale prevista anche per le dimissioni. Se non viene inviata la convalida telematica, la risoluzione consensuale è inefficace, e quindi il rapporto non termina.

Anche in questo caso la presentazione deve essere fatta dal lavoratore e serve a sua tutela. Infatti, è stata prevista per confermare la sua volontà a porre fine al rapporto e per evitare comportamenti fraudolenti da parte del datore di lavoro.

Anche se è un dovere del lavoratore, non significa che debba concretamente presentarla esclusivamente lui. La procedura può essere fatta in autonomia o rivolgendosi a un intermediario, come ad esempio un patronato o un consulente del lavoro.

Ci sono anche delle categorie che sono esonerate da questo obbligo. Non devono presentare nulla:

  • i lavoratori domestici;
  • i marittimi;
  • chi lavora nella pubblica amministrazione. 

Inoltre, la convalida telematica non è necessaria nei casi in cui la risoluzione consensuale sia intervenuta in sede protetta.

NASpI e risoluzione consensuale

Come per le dimissioni, anche a in caso di risoluzione consensuale non hai diritto alla Naspi, perché verrebbe a mancare il presupposto della perdita involontaria del lavoro, prevista invece per la disoccupazione.

Tuttavia ci sono delle eccezioni previste dalla legge. Ad esempio, si prende comunque la Naspi nel caso in cui la risoluzione consensuale sia intervenuta a seguito del rifiuto del lavoratore al proprio trasferimento ad altra sede della stessa azienda distante oltre 50 km dalla residenza e/o mediamente raggiungibile in 80 minuti o oltre con i mezzi di trasporto pubblici.

 

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