La ritenuta d’acconto viene versata direttamente allo Stato dal sostituto d’imposta ed è tipica dei rapporti di lavoro autonomo
La ritenuta d’acconto è un meccanismo fiscale con cui viene trattenuta una parte delle imposte che dovresti versare al fisco. In pratica, chi ti paga agisce come sostituto d’imposta: invece di versarti l’intero importo della fattura o della ricevuta, trattiene una quota (di solito il 20%) e la versa direttamente allo Stato.
Questo sistema funziona in modo simile a quanto avviene per i lavoratori dipendenti, dove le tasse vengono scalate alla fonte. L’obiettivo è quello di garantire che una parte delle imposte venga già versata al momento del pagamento, rendendo più semplici i controlli fiscali.
La ritenuta d’acconto viene applicata soprattutto nei rapporti di lavoro autonomo, nelle consulenze e nelle collaborazioni occasionali.
Capire cos’è la ritenuta d’acconto significa partire dalla sua funzione: è un’anticipazione delle imposte che dovrai pagare sul tuo reddito. In pratica, per semplificare i pagamenti e ridurre gli errori, chi ti corrisponde un compenso trattiene subito una parte della somma e la versa allo Stato al tuo posto.
Questo meccanismo è molto diffuso in diversi ambiti: per esempio nella prestazione occasionale (quando svolgi un lavoro saltuario senza partita IVA) e tra i professionisti con partita IVA. Dire cos’è la ritenuta d’acconto, quindi, equivale a descriverla come uno strumento che assicura un versamento anticipato delle tasse, rendendo più semplice il rapporto tra te e il fisco.
Per capire come funziona la ritenuta d’acconto devi guardare al ruolo delle due parti: chi paga il compenso e chi lo riceve. Chi ti paga agisce da sostituto d’imposta: trattiene una percentuale della somma dovuta e la versa all’Agenzia delle Entrate con il modello F24. A te arriva quindi un importo ridotto, ma la quota trattenuta è un anticipo delle tasse che poi saranno calcolate sul tuo reddito complessivo.
Di norma la trattenuta è il 20% del compenso lordo, ma non sempre è così. Se sei una persona non residente in Italia, si applica un’aliquota del 30% a titolo d’imposta (e non di acconto): in pratica quella somma chiude l’obbligo fiscale in Italia su quel compenso e riduce ulteriormente quanto ti arriva netto.
Chi effettua la trattenuta deve versare le ritenute entro il 16 del mese successivo a quello in cui ti ha pagato. Assicurati che nella ricevuta o nella fattura siano indicati compenso lordo, ritenuta e netto a pagare, così puoi controllare facilmente i conteggi.
Il calcolo della ritenuta d’acconto parte dall’importo pattuito tra te e chi ti paga. In generale, l’aliquota ordinaria è il 20% e si applica sul compenso lordo, escludendo le spese documentate e i contributi previdenziali obbligatori.
Per calcolare la ritenuta ti basta moltiplicare il compenso imponibile per l’aliquota: ottieni così la somma trattenuta e versata allo Stato.
Quando invece concordi un importo netto, devi risalire al lordo. In questo caso usi la formula dal netto (valida per l’aliquota del 20%): netto × 100 / 80. In questo modo trovi l’importo lordo corrispondente da indicare in ricevuta o fattura.
Per capire chi paga la ritenuta d’acconto devi distinguere tra chi eroga il compenso e chi lo riceve. Il versamento all’Agenzia delle Entrate lo fa chi ti paga: trattiene la quota prevista e la versa allo Stato con il modello F24, agendo da sostituto d’imposta. Tu, che svolgi il lavoro (come professionista o con prestazione occasionale), ricevi l’importo al netto della ritenuta: quella trattenuta è un anticipo delle imposte dovute sul tuo reddito complessivo.
Ci sono situazioni precise in cui la ritenuta non si applica. Per esempio, non si applica sui compensi che incassi se sei in regime forfettario o nel regime dei minimi: in questi casi la legge prevede che tu versi le imposte con modalità diverse, quindi il cliente non deve trattenere nulla alla fonte.
Anche i rimborsi di spese sostenute “in nome e per conto” del cliente non rientrano nell’imponibile su cui calcolare la trattenuta. Questo significa che su questi importi non si calcola la ritenuta del 20% (purché le spese siano documentate e correttamente intestate al committente).
Sapere quando la ritenuta d’acconto non si applica ti aiuta a evitare errori e a non ritrovarti con irregolarità verso l’Agenzia delle Entrate. Verifica sempre che chi ti paga sia effettivamente un sostituto d’imposta e che debba operare la trattenuta: non tutte le persone o realtà che pagano compensi lo sono.
Per capire meglio come funziona, può essere utile un esempio pratico di ritenuta d’acconto.
Immagina di svolgere una prestazione occasionale e di concordare un compenso di 1.000 €.
Su questa somma si applica la ritenuta del 20%, cioè 200 €. Chi ti paga versa questi 200 € direttamente allo Stato e a te corrisponde i restanti 800 €.
Tu ricevi quindi un importo netto più basso, ma la quota trattenuta viene considerata un anticipo delle imposte che risulteranno nella tua dichiarazione dei redditi. In questo modo si vede chiaramente come la ritenuta funzioni come un meccanismo di tassazione anticipata.
Se chi ti paga non trattiene la ritenuta d’acconto, oppure la trattiene ma non la versa nei termini, si configura una violazione che comporta sanzioni e interessi verso l’Erario.
Le sanzioni cambiano in base al tipo di errore, ai tempi con cui ti attivi per regolarizzare e agli importi coinvolti. Se la ritenuta è stata operata ma non versata, la sanzione è pari al 25% dell’importo non versato (nuova misura dal 1° settembre 2024, ridotta rispetto al precedente 30%). Se il versamento arriva in ritardo fino a 90 giorni, la sanzione può essere ridotta automaticamente al 12,5% dell’importo non versato. Per ritardi molto brevi (entro 14 giorni) è prevista un’ulteriore riduzione, così da non penalizzare eccessivamente una svista di breve durata.
Quanto alla responsabilità, una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito che, se il sostituto d’imposta non versa la ritenuta trattenuta, la sanzione ricade su di lui e non sulla persona a cui è stata effettuata la trattenuta.
Il tema del decreto ingiuntivo legato alla mancata ritenuta d’acconto riguarda i casi in cui, dopo un rapporto di lavoro autonomo o una prestazione occasionale, nascono contestazioni sul pagamento dei compensi. Potrebbe capitare che tu debba tutelarti chiedendo al giudice un decreto ingiuntivo contro il tuo cliente: in pratica, un ordine formale di pagamento delle fatture non saldate.
In questa situazione il decreto ingiuntivo copre il compenso al lordo della ritenuta; la ritenuta viene poi scorporata nell’atto di precetto (il passaggio successivo con cui intimi il pagamento). Resta quindi il tuo cliente/debitore a dover versare la ritenuta d’acconto all’Erario, mentre a te spetta l’importo netto.
Leggi anche: