Lavoratrice madre: tutte le tutele che devi conoscere

tutela lavoratrice madre

La lavoratrice madre ha una serie di tutele che ogni datore di lavoro deve osservare

Quanto ti scopri futura madre tanti equilibri cambiano, sia nel lavoro che nella vita privata. 

Per questo motivo è bene agire di prevenzione e informarsi in modo dettagliato su tutti gli strumenti, i diritti e le tutele a cui hai accesso. 

Le regole non sono contenute in un’unica legge, ce ne sono diverse anche se sono due in particolare quelle fondamentali: 

  • il Testo Unico della Maternità e Paternità (D.lgs 151.2001);
  • Il Testo Unico della Salute e Sicurezza sui luoghi di lavoro (D.lgs 81/2008).

Scopriamole insieme, dunque, passo passo.  

Cosa si intende per “tutela della lavoratrice madre”​ 

Quando parliamo di “tutela della lavoratrice madre” intendiamo un ecosistema di leggi, regole e procedure che vanno rispettate nel loro insieme e che sono unite da un unico scopo fondamentale: proteggere lo stato di salute della lavoratrice dipendente e del futuro nascituro

La tutela della maternità varia su tantissimi ambiti

  • quello della salute: l’azienda non può farti svolgere mansioni o attività pericolose per la gravidanza, come ad esempio sollevare pesi, né può farti lavorare in un ambiente di lavoro che la espone a sostanze tossiche; 
  • quello delle mansioni: il datore di lavoro deve provare a spostarti a mansioni più leggere, se quelle per le quali sei stata assunta sono troppo faticose o pericolose; 
  • quello dei diritti: dall’inizio della gravidanza fino al 1° anno di vita del figlio o della figlia, non puoi essere licenziata. Ma non solo: al rientro dalla gravidanza c’è il diritto di rientrare per svolgere la stessa mansione, o equivalente, dell’ultima svolta; 
  • quello delle assenze: l’astensione dal lavoro, sia obbligatoria che facoltativa, è coperta da specifici congedi in capo all’INPS che sono anticipati, dal punto di vista economico, dal datore di lavoro in nome e per conto dell’ente; 
  • quello dei permessi: oltre ai congedi, come futura mamma hai altri strumenti a tutela maternità come, ad esempio, i permessi per le visite prenatali oppure i permessi allattamento da utilizzare fino al primo anno del figlio o della figlia.

Come puoi vedere, quindi, la tutela delle madri lavoratrici​ è molto complessa e strutturata motivo per cui è importante conoscere almeno i punti essenziali di tutto quello che abbiamo appena elencato. 

Certo, se non vuoi perdere o ridurre la tua tutela lavoratrice madre​, a tua volta dovrai rispettare certe regole, come ad esempio l’obbligo di informare tempestivamente il datore di lavoro del tuo stato di gravidanza, consegnare il certificato medico, rispettare i preavvisi richiesti dal CCNL per le diverse situazioni e via dicendo. 

Fatte queste opportune premesse, entriamo ancora di più nel vivo della tutela delle lavoratrici madri analizzando cosa deve fare il datore di lavoro passo dopo passo e quali sono le misure chiave. 

La legge 1204 tutela le lavoratrici madri​ 

Vediamo insieme un po’ di storia della normativa sulla tutela delle lavoratrici madri. 

Prima che entrasse in vigore quello che oggi è chiamato Testo Unico della maternità e della paternità, c’era la legge 1204 sulla tutela lavoratrici madri che è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale nel lontano 30 dicembre 1971. 

In pratica, molto di quello che è stato stabilito nel 1971 è ancora oggi valido e confluito nel Testo Unico. All’epoca, infatti, sono state sancite regole molto importanti come ad esempio: 

  • il divieto di licenziamento;
  • il divieto di svolgere lavori pericolosi o faticosi;
  • il divieto di lavorare per 5 mesi pre e post parto;
  • la possibilità di anticipare il congedo di maternità;
  • i permessi allattamento.

Questa legge, insieme ad altre pubblicate sempre nel 1971, è frutto di una forte azione sindacale che ha permesso di estendere tutte queste tutele anche a una serie di figure professionali che al tempo ne erano escluse: la lavoratrici domestiche e quelle in apprendistato. Ma non solo: ha rafforzato tantissimo anche il diritto alla stabilità nel posto di lavoro della lavoratrice madre. 

Insomma con questa legge è stato possibile mettere delle radici profonde a tutela di tutte le lavoratrici madri con un contratto di lavoro dipendente. 

Cosa deve fare il datore di lavoro per tutelare le madri lavoratrici?

Il datore di lavoro ha grandissime responsabilità, soprattutto perché il codice civile stabilisce che è “responsabile della salute e dell’integrità psicofisica dei lavoratori”

Proprio alla luce di questo deve: 

  • fare la valutazione di tutti i rischi, anche quelli potenziali, a cui potrebbero essere esposte le lavoratrici madri;  
  • mapparli e indicarli in modo specifico nel Documento di Valutazione dei rischi (DVR);
  • informare tutti i dipendenti dell’esito di questa valutazione dei rischi; 
  • prevedere misure di prevenzione, protezione che possano eliminare o ridurre di molto la possibilità che si verifichino questi rischi; 
  • se non è possibile ridurli deve trovare il modo di cambiare la mansione alla lavoratrice. Così facendo, potrebbe continuare a lavorare ugualmente in assenza di rischi per la sua salute e per quella del nascituro. 

Ovviamente, tutte queste procedure devono essere attuate dal tuo datore di lavoro prima che venga a sapere che una o più dipendenti siano in gravidanza. In questo modo, non appena gli verrà comunicata la notizia saprà già quali procedure attuare nel minor tempo possibile.  

La tempestività, in queste situazioni così delicate, è fondamentale. La legge, infatti, non obbliga la lavoratrice dipendente a comunicare lo stato di gravidanza entro un certo mese, ma prima lo fa, meglio è: così facendo il datore di lavoro è messo nelle condizioni di poter attuare tutto quello che ha previsto e disciplinato nel DVR. 

Oltre a questo complesso di regole, che riguardano soprattutto la fase iniziale e/o preventiva della gravidanza, l’azienda deve assicurare tutti i diritti previsti a tutela della genitorialità.

Nello specifico non può negare alla lavoratrice: 

  1. i permessi per le visite prenatali se queste, strettamente connesse allo stato di gravidanza, possono essere effettuate solo durante l’orario di lavoro; 
  2. il congedo di maternità obbligatorio che ha una durata complessiva di 5 mesi; 
  3. il congedo parentale che non è altro che l’astensione facoltativa attivabile su base volontaria non solo dalla mamma, ma anche dal papà; 
  4. i permessi per la malattia del figlio o della figlia che non sono retribuiti, ma permettono di assentarsi in caso di malattia senza perdere il posto di lavoro. 

Tutela delle madri lavoratrici​: quando deve attivarsi il datore di lavoro

Come abbiamo chiarito nel paragrafo precedente, il datore di lavoro deve attivarsi subito quando il lavoro o l’ambiente sono rischiosi per la salute.

In questi casi puoi attivarti tu oppure può farlo il datore di lavoro per chiedere all’Ispettorato del lavoro una sospensione anticipata dal lavoro. Esistono due situazioni principali

  • quando il problema riguarda l’ambiente o le condizioni di lavoro, l’Ispettorato del lavoro può disporre la sospensione anticipata tramite la procedura prevista;
  • quando il problema riguarda la tua salute o quella del tuo bambino e non dipende dal tipo di lavoro svolto, l’ASL può disporre la sospensione anticipata sulla base di un certificato medico;

Attenzione: rimane sempre valida la regola per cui, il datore di lavoro prima di informare l’Ispettorato deve aver valutato la modifica della tua mansione. Solo se non è stato possibile spostarsi a un’altra mansione, allora potrà richiedere la sospensione.

Misure chiave per la tutela della lavoratrice madre

Elencare tutte le misure a tutela della lavoratrice madre può risultare abbastanza complesso perché vanno menzionate non solo quelle previste dalla legge, ma anche quelle che la regione o il comune di residenza possono garantire, così come il pacchetto eventualmente previsto dagli enti bilaterali. 

Lo scenario, quindi, può cambiare in base al settore in cui lavori e il luogo in cui vivi. Nonostante questo, possiamo certamente fare un riepilogo di tutte le misure chiave per la tutela della lavoratrice madre. 

Visite prenatali 

Come abbiamo già accennato, nel caso in cui tu debba fare una visita legata al tuo stato di gravidanza durante l’orario di lavoro, il datore non può negarti i permessi per queste visite. 

Attenzione che i permessi in questione non sono i ROL ordinari (Riduzione dell’Orario di Lavoro), ma specifici permessi previsti ad hoc per questa situazione. 

A stabilirlo è proprio il Testo Unico maternità e paternità, motivo per cui l’azienda non può sottrarsi. Tu, però, dovrai presentare tutta la documentazione necessaria

Divieto di licenziamento

Per tutto il cosiddetto “periodo protetto” e cioè dall’inizio della gravidanza fino al termine del congedo di maternità, e comunque fino al 1 anno di vita del bambino o della bambina, non puoi essere licenziata. 

Questa è una tutela molto forte che garantisce la stabilità del tuo posto di lavoro. 

Sempre leggendo le regole contenute nel Testo unico, infatti, possiamo capire come “il divieto di licenziamento opera in connessione con lo stato oggettivo di gravidanza” e nel caso in cui non venisse rispettato questo divieto, il licenziamento sarebbe nullo

Dimissioni entro il periodo protetto 

Questione diversa, invece, è quella che riguarda le dimissioni dei genitori. 

La legge, infatti, prevede che se ti dimetti durante il periodo protetto potrai godere di una serie di agevolazioni che, per le dimissioni volontarie ordinarie, non sono in genere previste. 

Di cosa si tratta? Nello specifico potrai: 

  • dimetterti senza rispettare il preavviso previsto per il tuo livello 
  • farti pagare dall’azienda l’indennità sostitutiva del preavviso 
  • fare domanda di NASPI

Attenzione: come abbiamo specificato nel nostro articolo dedicato, in questo caso è necessario che l’Ispettorato del lavoro convalidi le tue dimissioni e cioè controlli in modo formale che tu non sia stata spinta dall’azienda a dimetterti.

Congedo di maternità obbligatorio 

Per legge, non puoi lavorare per 5 mesi che rimangono tali anche in caso di gemelli

Questi mesi possono essere presi nei modi che seguono: 

  • due mesi prima e tre mesi dopo il parto;
  • un mese prima e quattro mesi dopo il parto;
  • tutti e cinque dopo il parto. 

Negli ultimi due casi, è necessario però che il medico certifichi che non ci sono complicanze sanitarie nel continuare a lavorare in modo così ravvicinato al parto. 

Il congedo di maternità, poi, è coperto anche dal punto di vista dei contributi: per tutta l’assenza infatti l’Inps ti riconosce i cd. contributi figurativi che restano validi per la tua pensione. Dovrai attivarti personalmente, però, per farli comparire all’interno del tuo estratto conto contributivo

Congedo parentale

Terminato il congedo obbligatorio, puoi decidere di prolungare l’assenza dal lavoro per accudire il tuo piccolo grazie al congedo parentale. 

La durata e il funzionamento di questo congedo, dipendono da chi lo richiede: solo la mamma, solo il papà oppure entrambi i genitori. 

Per quanto riguarda la durata massima devi sapere che potrai richiederlo fino ai 12 anni di tuo figlio o figlia entro questi limiti

  • 6 mesi di durata se lo chiede solo la mamma; 
  • 6 mesi di durata, che possono diventare 7 in certi casi, se lo chiede solo il papà;
  • 10 mesi di durata complessiva per il nucleo familiare che possono diventare 11 in certi casi.

Nel tempo si sono rincorse tantissime modifiche legislative sul congedo parentale, per questo ti rimandiamo per maggiori dettagli al nostro articolo dedicato

Permessi allattamento

Una volta rientrata in azienda hai la possibilità di ridurre il tuo orario lavorativo grazie ai permessi allattamento retribuiti

Li potrai utilizzare fino al 1° anno di vita di tuo figlio e figlia nel seguente modo: 

  • due ore di permesso al giorno se il tuo orario di lavoro è pari o superiore a 6 ore giornaliere
  • un’ora di permesso al giorno se invece è inferiore a 6 ore giornaliere.    

Permessi per malattia figlio 

Può succedere che tuo figlio o figlia stia male, soprattutto quando è tanto piccolo o piccola e le malattie sono frequenti. 

In questi casi la legge ti riconosce dei permessi per assentarti dal lavoro che non sono retribuiti, ma:

  • dai 0 ai 3 anni ti permettono di stare a casa senza limiti di giornate; 
  • dai 3 agli 8 anni c’è un limite massimo di 5 giornate annue

Anche in questo caso, dovrai presentare una giustificazione della tua assenza e quindi il certificato medico

Rientro al lavoro: quali possibilità hai? 

Il rientro al lavoro è sempre una fase molto delicata, ma comunque esiste un’insieme di regole e di aspetti che possono essere concordati con la tua azienda. 

Per quanto riguarda le regole, lo abbiamo accennato anche prima, l’azienda non può cambiare del tutto la tua mansione, e quindi ridurla, ma dovrà farti lavorare con la stessa mansione, o mansione di pari livello, dell’ultima che hai svolto prima della maternità. 

Per quanto riguarda, invece, quello che puoi negoziare con il tuo datore di lavoro al rientro vale la pena menzionare: 

  • lo smart working: se la tua mansione e il tuo ruolo aziendale lo permettono, potresti chiedere di svolgere per un certo periodo alcuni o tutti i giorni di lavoro in smart working. In questo caso, è sempre consigliato firmare un accordo con l’azienda in cui vengono indicate tutte le condizioni da rispettare per questa nuova modalità di svolgimento della prestazione lavorativa; 
  • il part-time: potresti chiedere di ridurre il tuo orario di lavoro da full time a part time per una migliore conciliazione vita lavoro. L’azienda, in questo caso, non è obbligata ad accettare, ma essendo tu madre di un figlio piccolo dovrà dare priorità alla tua richiesta di trasformazione, rispetto ad altre che sono pervenute.  

Lavoratrici madri e trasferte 

Ancora una volta vale quanto abbiamo scritto all’inizio dell’articolo in merito alla salute della madre del futuro bambino

Il datore di lavoro deve rispettare il codice civile e quanto previsto nel DVR quindi può decidere di inviarti in trasferta, anche se incinta, sempre che non sia indicato diversamente dal suo medico e nel DVR stesso.

Gravidanza e contratto a termine 

Cosa succede se hai un contratto prossimo alla scadenza e scopri di essere incinta? La questione è molto delicata e complessa, anche se dobbiamo tenere a mente una cosa molto importante: le lavoratrici a termine e quelle a tempo indeterminato hanno gli stessi diritti. 

Questo vuol dire che in entrambi i casi c’è il diritto all’astensione obbligatoria e facoltativa, oltre al diritto di ricevere l’indennità economica dall’Inps per i relativi congedi. 

Per ultime, ma non per importanza, vanno ricordate alcune misure nazionali a sostegno della genitorialità: 

  • assegno unico e universale: è un aiuto economico pagato dall’Inps in base al numero di figli e all’ISEE. Viene chiamato unico perché ha racchiuso tutte le misure previste per la genitorialità che prima vedevi in busta paga e universale perché vale per tutti indipendentemente dal tipo di lavoro;  
  • bonus asilo nido: l’Inps aiuta le famiglie a pagare le rette degli asili nidi pubblici e privati rimborsando le quote che sono già state saldate. Anche in questo caso, la somma finale che viene pagata dipende dall’ISEE;  
  • bonus nuove nascite: se tuo figlio o figlia nasce dal 1° gennaio 2025, sappi che potrai ricevere 1.000 euro una tantum. Anche in questo caso, la misura è gestita e pagata dall’INPS.

 

Leggi anche:

Nuovo bonus mamme 2025

Congedo parentale a ore

Tutti i bonus per le mamme e per le famiglie nel 2025

Iscriviti alla nostra newsletter

Ricevi gratuitamente le ultime novità, le storie e gli approfondimenti sul mondo del lavoro.