La lavoratrice madre ha una serie di tutele che ogni datore di lavoro deve osservare
Quanto ti scopri futura madre tanti equilibri cambiano, sia nel lavoro che nella vita privata.
Per questo motivo è bene agire di prevenzione e informarsi in modo dettagliato su tutti gli strumenti, i diritti e le tutele a cui hai accesso.
Le regole non sono contenute in un’unica legge, ce ne sono diverse anche se sono due in particolare quelle fondamentali:
Scopriamole insieme, dunque, passo passo.
Quando parliamo di “tutela della lavoratrice madre” intendiamo un ecosistema di leggi, regole e procedure che vanno rispettate nel loro insieme e che sono unite da un unico scopo fondamentale: proteggere lo stato di salute della lavoratrice dipendente e del futuro nascituro.
La tutela della maternità varia su tantissimi ambiti:
Come puoi vedere, quindi, la tutela delle madri lavoratrici è molto complessa e strutturata motivo per cui è importante conoscere almeno i punti essenziali di tutto quello che abbiamo appena elencato.
Certo, se non vuoi perdere o ridurre la tua tutela lavoratrice madre, a tua volta dovrai rispettare certe regole, come ad esempio l’obbligo di informare tempestivamente il datore di lavoro del tuo stato di gravidanza, consegnare il certificato medico, rispettare i preavvisi richiesti dal CCNL per le diverse situazioni e via dicendo.
Fatte queste opportune premesse, entriamo ancora di più nel vivo della tutela delle lavoratrici madri analizzando cosa deve fare il datore di lavoro passo dopo passo e quali sono le misure chiave.
Vediamo insieme un po’ di storia della normativa sulla tutela delle lavoratrici madri.
Prima che entrasse in vigore quello che oggi è chiamato Testo Unico della maternità e della paternità, c’era la legge 1204 sulla tutela lavoratrici madri che è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale nel lontano 30 dicembre 1971.
In pratica, molto di quello che è stato stabilito nel 1971 è ancora oggi valido e confluito nel Testo Unico. All’epoca, infatti, sono state sancite regole molto importanti come ad esempio:
Questa legge, insieme ad altre pubblicate sempre nel 1971, è frutto di una forte azione sindacale che ha permesso di estendere tutte queste tutele anche a una serie di figure professionali che al tempo ne erano escluse: la lavoratrici domestiche e quelle in apprendistato. Ma non solo: ha rafforzato tantissimo anche il diritto alla stabilità nel posto di lavoro della lavoratrice madre.
Insomma con questa legge è stato possibile mettere delle radici profonde a tutela di tutte le lavoratrici madri con un contratto di lavoro dipendente.
Il datore di lavoro ha grandissime responsabilità, soprattutto perché il codice civile stabilisce che è “responsabile della salute e dell’integrità psicofisica dei lavoratori”.
Proprio alla luce di questo deve:
Ovviamente, tutte queste procedure devono essere attuate dal tuo datore di lavoro prima che venga a sapere che una o più dipendenti siano in gravidanza. In questo modo, non appena gli verrà comunicata la notizia saprà già quali procedure attuare nel minor tempo possibile.
La tempestività, in queste situazioni così delicate, è fondamentale. La legge, infatti, non obbliga la lavoratrice dipendente a comunicare lo stato di gravidanza entro un certo mese, ma prima lo fa, meglio è: così facendo il datore di lavoro è messo nelle condizioni di poter attuare tutto quello che ha previsto e disciplinato nel DVR.
Oltre a questo complesso di regole, che riguardano soprattutto la fase iniziale e/o preventiva della gravidanza, l’azienda deve assicurare tutti i diritti previsti a tutela della genitorialità.
Nello specifico non può negare alla lavoratrice:
Come abbiamo chiarito nel paragrafo precedente, il datore di lavoro deve attivarsi subito quando il lavoro o l’ambiente sono rischiosi per la salute.
In questi casi puoi attivarti tu oppure può farlo il datore di lavoro per chiedere all’Ispettorato del lavoro una sospensione anticipata dal lavoro. Esistono due situazioni principali
Attenzione: rimane sempre valida la regola per cui, il datore di lavoro prima di informare l’Ispettorato deve aver valutato la modifica della tua mansione. Solo se non è stato possibile spostarsi a un’altra mansione, allora potrà richiedere la sospensione.
Elencare tutte le misure a tutela della lavoratrice madre può risultare abbastanza complesso perché vanno menzionate non solo quelle previste dalla legge, ma anche quelle che la regione o il comune di residenza possono garantire, così come il pacchetto eventualmente previsto dagli enti bilateraliSono associazioni private tra sindacati dei lavoratori e dei datori di lavoro di un determinato settore, con varie funzioni (es. conciliazione nelle liti di lavoro, sostegno al reddito dei lavoratori, formazione professionale). More.
Lo scenario, quindi, può cambiare in base al settore in cui lavori e il luogo in cui vivi. Nonostante questo, possiamo certamente fare un riepilogo di tutte le misure chiave per la tutela della lavoratrice madre.
Come abbiamo già accennato, nel caso in cui tu debba fare una visita legata al tuo stato di gravidanza durante l’orario di lavoro, il datore non può negarti i permessi per queste visite.
Attenzione che i permessi in questione non sono i ROL ordinari (Riduzione dell’Orario di Lavoro), ma specifici permessi previsti ad hoc per questa situazione.
A stabilirlo è proprio il Testo Unico maternità e paternità, motivo per cui l’azienda non può sottrarsi. Tu, però, dovrai presentare tutta la documentazione necessaria.
Per tutto il cosiddetto “periodo protetto” e cioè dall’inizio della gravidanza fino al termine del congedo di maternità, e comunque fino al 1 anno di vita del bambino o della bambina, non puoi essere licenziata.
Questa è una tutela molto forte che garantisce la stabilità del tuo posto di lavoro.
Sempre leggendo le regole contenute nel Testo unico, infatti, possiamo capire come “il divieto di licenziamento opera in connessione con lo stato oggettivo di gravidanza” e nel caso in cui non venisse rispettato questo divieto, il licenziamento sarebbe nullo.
Questione diversa, invece, è quella che riguarda le dimissioni dei genitori.
La legge, infatti, prevede che se ti dimetti durante il periodo protetto potrai godere di una serie di agevolazioni che, per le dimissioni volontarie ordinarie, non sono in genere previste.
Di cosa si tratta? Nello specifico potrai:
Attenzione: come abbiamo specificato nel nostro articolo dedicato, in questo caso è necessario che l’Ispettorato del lavoro convalidi le tue dimissioni e cioè controlli in modo formale che tu non sia stata spinta dall’azienda a dimetterti.
Per legge, non puoi lavorare per 5 mesi che rimangono tali anche in caso di gemelli.
Questi mesi possono essere presi nei modi che seguono:
Negli ultimi due casi, è necessario però che il medico certifichi che non ci sono complicanze sanitarie nel continuare a lavorare in modo così ravvicinato al parto.
Il congedo di maternità, poi, è coperto anche dal punto di vista dei contributi: per tutta l’assenza infatti l’Inps ti riconosce i cd. contributi figurativi che restano validi per la tua pensione. Dovrai attivarti personalmente, però, per farli comparire all’interno del tuo estratto conto contributivo.
Terminato il congedo obbligatorio, puoi decidere di prolungare l’assenza dal lavoro per accudire il tuo piccolo grazie al congedo parentale.
La durata e il funzionamento di questo congedo, dipendono da chi lo richiede: solo la mamma, solo il papà oppure entrambi i genitori.
Per quanto riguarda la durata massima devi sapere che potrai richiederlo fino ai 12 anni di tuo figlio o figlia entro questi limiti:
Nel tempo si sono rincorse tantissime modifiche legislative sul congedo parentale, per questo ti rimandiamo per maggiori dettagli al nostro articolo dedicato.
Una volta rientrata in azienda hai la possibilità di ridurre il tuo orario lavorativo grazie ai permessi allattamento retribuiti.
Li potrai utilizzare fino al 1° anno di vita di tuo figlio e figlia nel seguente modo:
Può succedere che tuo figlio o figlia stia male, soprattutto quando è tanto piccolo o piccola e le malattie sono frequenti.
In questi casi la legge ti riconosce dei permessi per assentarti dal lavoro che non sono retribuiti, ma:
Anche in questo caso, dovrai presentare una giustificazione della tua assenza e quindi il certificato medico.
Il rientro al lavoro è sempre una fase molto delicata, ma comunque esiste un’insieme di regole e di aspetti che possono essere concordati con la tua azienda.
Per quanto riguarda le regole, lo abbiamo accennato anche prima, l’azienda non può cambiare del tutto la tua mansione, e quindi ridurla, ma dovrà farti lavorare con la stessa mansione, o mansione di pari livello, dell’ultima che hai svolto prima della maternità.
Per quanto riguarda, invece, quello che puoi negoziare con il tuo datore di lavoro al rientro vale la pena menzionare:
Ancora una volta vale quanto abbiamo scritto all’inizio dell’articolo in merito alla salute della madre del futuro bambino.
Il datore di lavoro deve rispettare il codice civile e quanto previsto nel DVR quindi può decidere di inviarti in trasferta, anche se incinta, sempre che non sia indicato diversamente dal suo medico e nel DVR stesso.
Cosa succede se hai un contratto prossimo alla scadenza e scopri di essere incinta? La questione è molto delicata e complessa, anche se dobbiamo tenere a mente una cosa molto importante: le lavoratrici a termine e quelle a tempo indeterminato hanno gli stessi diritti.
Questo vuol dire che in entrambi i casi c’è il diritto all’astensione obbligatoria e facoltativa, oltre al diritto di ricevere l’indennità economica dall’Inps per i relativi congedi.
Per ultime, ma non per importanza, vanno ricordate alcune misure nazionali a sostegno della genitorialità:
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