Non esiste un divieto vero e proprio, ma il datore di lavoro deve sempre valutare lo stato di salute della futura mamma
La maternità è un periodo delicato e protetto sotto diversi punti di vista.
La legge, infatti, assicura diverse tutele alle future mamme e, di conseguenza, impone degli obblighi al datore di lavoro sin dall’inizio della gravidanza e, in alcuni casi specifici, anche dopo il parto. Un po’ più sfumata è la tutela della lavoratrice in gravidanza durante le trasferte di lavoro.
Possiamo parlare di trasferta tutte le volte che viene chiesto alla dipendente, per un certo periodo di tempo, di svolgere la prestazione lavorativa in una sede di lavoro diversa da quella abituale. Ma, il datore può obbligare la lavoratrice ad andarci?
Come vedremo non esistono disposizioni di legge specifiche, ma in questi casi è sempre bene consultare il proprio medico e attenersi alla Costituzione, alle leggi e ai CCNL.
Cerchiamo di rendere più chiara la questione in questo articolo!
Non proprio: il datore di lavoro, in genere, può decidere di inviare in trasferta la lavoratrice madre, anche se incinta, sempre che non sia indicato diversamente dal suo medico e nel DVR, il documento di valutazione dei rischi.
Il Testo Unico della maternità e paternità (decreto legislativo n.51 del 26 Marzo 2001), però, contiene un elenco di tutte le attività che le lavoratrici madri non possono svolgere dall’inizio della gravidanza e, in alcuni casi, fino a dopo il parto.
L’articolo 7, infatti, dice che durante la gravidanza è vietato adibire le lavoratrici al trasporto e sollevamento pesi, nonché a lavori pericolosi e faticosi.
Questo vuol dire che, se la trasferta comporta il sollevamento di pesi, come può accadere, ad esempio, in occasione di qualche fiera di settore, allora per il datore di lavoro potrebbe risultare più difficile richiedere la trasferta.
I datori di lavoro sono obbligati alla compilazione e alla conservazione del DVR, cioè del Documento di Valutazione dei Rischi.
Ma di cosa si tratta? È un documento, in genere composto da diverse pagine, in cui datore, medico competente e RLS riportano la valutazione di tutti i rischi e i pericoli a cui sono esposti i lavoratori in azienda. Ma non solo: devono essere descritte anche tutte le procedure da seguire in caso di pericolo.
Una sezione deve essere totalmente dedicata alla tutela della salute delle lavoratrici madri. Questa sezione è molto importante perché possono essere indicate tutte le azioni che il datore di lavoro deve compiere per proteggere la salute della mamma e del figlio, anche cambiando l’organizzazione aziendale. Alcuni esempi? Evitando il lavoro in certe fasce orarie, riducendo o eliminando le trasferte, spostando la lavoratrice ad altre mansioni e via dicendo.
In tutte le cose, comunque, ci vuole buon senso: dato che la trasferta può comportare un grande dispendio di energie, il datore di lavoro è tenuto a valutare la reale necessità in ragione dello stato di gravidanza.
La stessa Costituzione, infatti, ricorda, all’articolo 37, che “le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione”.
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