Nell’industria 5.0 gli uomini e le macchine lavorano sempre di più fianco a fianco: serve una mentalità aperta al cambiamento e fare nostra la tecnica del perno tipica della pallacanestro
di Filippo Poletti, giornalista, comunicatore e LinkedIn Top Voice
Siamo entrati nell’era della quinta rivoluzione industriale, quella 5.0 tipica dell’industria collaborativa tra le macchine e gli uomini. È l’epoca della “super smart society”, che vede protagonista, al fianco degli uomini, anche l’intelligenza artificiale.
La rivoluzione industriale 5.0 genera tanti effetti anche indesiderati, dalla disoccupazione tecnologica all’obsolescenza delle competenze, alla disuguaglianza digitale e alla ristrutturazione delle professioni.
Ciò che dobbiamo e possiamo fare è aggiornarci continuamente, sviluppare una mentalità aperta al cambiamento, collaborare con altri professionisti, promuovere l’armonia tra il lavoro e la vita privata, sviluppare il pensiero critico e, infine, adottare uno spirito imprenditoriale.
Nel 1997, prima ancora dell’avvento dei social media che oggi conosciamo, l’economista Tom Peters parlò su “Fast company” della “Me Inc.” o “azienda io”. Siamo tutti CEO di noi stessi. Lo siamo oggi ai tempi della comunicazione sociale. Dobbiamo mettere a fuoco la nostra unicità professionale o “unique value proposition”, individuare le nostre “buyer personas” ossia i nostri clienti e, infine, dare vita una vera e propria “customer journey” o “viaggio dei nostri clienti”.
Dobbiamo posizionarci sul mercato del lavoro, andando alla ricerca di soluzioni a problemi magari mai posti. Mi ha sempre colpito la storia del Post-IT della 3M: fu Spencer Silver, chimico ricercatore, a inventare la supercolla nel 1968. Nel 1974, dopo anni in cui questo prodotto non sembrava avere più un mercato, un collega di Silver, che cantava in un coro, usò l’adesivo per attaccare dei foglietti gialli sulle partiture. Nacquero così i Post-It, definiti dalla CNN «la soluzione a un problema di cui nessuno era a conoscenza».
Ciò che dobbiamo fare è andare alla ricerca degli oceani blu, non di quelli rossi, dove la competizione è alta e ci si scanna. Dobbiamo e possiamo individuare nuovi ambiti in cui competere ed eccellere. Dobbiamo volare, spingerci oltre l’ordinario, andare da zero a cento.
Come diceva il cantautore Jim Morrison, «non accontentiamoci dell’orizzonte, cerchiamo l’infinito». La mattina dobbiamo fare come il bruco, che ama ripetere questo verbo: «Volerò». Tanti, sentendoci, potrebbero ridere. Liberissimi di farlo. Quelli che non rideranno, ascoltandoci, saranno le farfalle.
Infine, “viviamo alla Michael Jordan”, perché lui era il giocatore che saltava più in alto di tutti, e sul petto portava il numero 23. Cerchiamo ogni giorno di fare un salto sempre più alto, anche nel mondo del lavoro.
Possiamo farlo facendo nostra la tecnica del perno del basket:
Anche sul lavoro possiamo fare “perno”, mantenendo fissi i prodotti o i servizi che il mercato apprezza e, allo stesso tempo, modificando i prodotti o i servizi che non vanno sulla base dei feedback ricevuti.
Tutti, infatti, possiamo “lavorare alla Michael Jordan”, facendo tanti canestri.
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