5 buoni motivi per assumere un “longennial”

Manager cinquantenne seduto alla sua scrivania parla al telefono con un cliente
(foto Shutterstock)

La loro presenza ispira fiducia, sono ottimi mentori e possiedono intelligenza organizzativa. I cinquantenni sono sempre più ricercati, ecco perché

Seri e competenti, appassionati e devoti, conoscono la cultura aziendale e sono un valore aggiunto anche per le giovani imprese, dove la loro presenza aiuta a creare un team intergenerazionale

I lavoratori over 50, che fino a qualche tempo fa sembravano “snobbati” dal mercato del lavoro, stanno rientrando più carichi di prima, e le aziende guardano ai loro curriculum con crescente interesse. 

Qualcuno li ha chiamati “longennial”, un termine che non definisce un’età precisa, ma piuttosto un concetto: quello della maturità. Rientrano in questa categoria i cinquantenni, ma anche i sessantenni che ancora non ci stanno a sentirsi etichettati come “anziani”. E hanno ragione: ormai a quell’età molti lavoratori sono ancora attivi, energici e con un’esperienza invidiabile

Vediamo insieme perché avere nel team anche persone più senior può avere numerosi vantaggi.  

La loro presenza rende il team intergenerazionale 

Molte startup dichiarano, con orgoglio, di avere team giovanissimi, dove l’età media è spesso inferiore ai trent’anni. Sicuramente i giovani possono offrire freschezza e innovazione, ma i lavoratori senior sono anche loro un valore aggiunto

Avere un team intergenerazionale, infatti, può avere molti vantaggi. Uno fra tanti: avere lavoratori che hanno diversa esperienza nel mondo del lavoro, e che quindi possono integrare le proprie conoscenze. I cinquantenni possono essere ottimi mentori, condividendo le proprie esperienze senza imporre. 

Un altro: dal punto di vista personale i cinquantenni stanno attraversando un’altra fase della vita rispetto ai ventenni e ai trentenni, quindi hanno esigenze diverse che possono essere complementari. 

Conoscono la cultura aziendale

Chi è nel mondo del lavoro da oltre vent’anni vanta, per forza di cose, un’esperienza che non può avere eguali tra i lavoratori più giovani. E non si parla solo di competenze verticali: chiaramente chi è nel settore da più tempo ha una conoscenza più approfondita, ma l’esperienza di lunga data permette anche di conoscere l’evoluzione stessa di quel settore e, non meno importante, di conoscere molto bene la cultura aziendale

Quest’ultimo è un punto di grande forza, perché imparare a conoscere a pieno la cultura aziendale è un processo lento ma fondamentale per il successo dell’azienda. Facilita i processi di trasformazione e permette di superare con più facilità i periodi di crisi. 

Eccellono nell’intelligenza organizzativa

Secondo alcuni studi, soprattutto le donne con più di cinquant’anni eccellono nella negoziazione e nella risoluzione dei problemi. La loro è stata definita “intelligenza organizzativa”: una soft skills che si forma con anni di esperienza maturata nell’affrontare molte volte situazioni complesse.

L’intelligenza organizzativa è strettamente connessa anche con l’intelligenza emotiva, perché permette di gestire le emozioni in modo da facilitare i rapporti professionali e personali. 

Ispirano fiducia

Soprattutto nei ruoli dove c’è un contatto diretto con i clienti, è un dato di fatto che le persone più mature ispirano più fiducia. Pensiamo a una situazione che, nell’esperienza pratica, è capitata a chiunque almeno una volta nella vita: arriviamo in ospedale e ci accoglie un medico molto giovane. Può anche essere già specializzato e molto competente, ma in fondo in fondo ognuno di noi preferirebbe essere visitato dal collega più anziano. 

In molti settori si innesca un meccanismo psicologico del tutto simile: non c’è in realtà un motivo oggettivo per “fidarsi” di più di una persona più matura, ma di fatto un viso che dimostra un po’ di anni dà alle persone più affidabilità

Si assentano meno

Normalmente, un lavoratore fra i trenta e i quarant’anni è nella fase della vita in cui sta mettendo su famiglia. Questo comporta, per forza di cose, che dovrà assentarsi per periodi più o meno lunghi: per il congedo di maternità o paternità, ad esempio, ma anche per diversi anni successivi per accudire i bambini quando sono malati, quando le scuole chiudono o quando le maestre scioperano. Eventi che, nel corso dell’anno, si verificano quasi con costanza. 

Questo potrebbe essere uno dei motivi per cui, secondo uno studio pubblicato sul Telegraph, i cinquantenni tendono invece a fare meno assenze e a essere quindi più presenti sul posto di lavoro. Secondo l’indagine, infatti, solo il 25% degli ultracinquantenni ha preso giorni di malattia durante l’anno in esame, a fronte del 50% dei lavoratori fra i 20 e i 29 anni.

 

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