L’outplacement è l’insieme di servizi offerti per aiutarti a reinserirti nel mondo del lavoro dopo aver perso la precedente posizione
Quando il rapporto di lavoro si interrompe, è normale che tu possa sentirti disorientato, soprattutto se non hai scelto questo cambiamento. In situazioni come queste, l’outplacement rappresenta un valido supporto per affrontare il periodo successivo al licenziamento e accompagnarti fino a una nuova occupazione.
Questo servizio ti aiuta a individuare nuove opportunità professionali coerenti con le tue competenze e aspirazioni. Attraverso un percorso strutturato, hai accesso a strumenti pratici e personalizzati per rientrare più rapidamente nel mercato del lavoro, con maggiore consapevolezza e direzione.
Qual è il significato di outplacement? Questo termine indica un insieme di servizi offerti da società specializzate per aiutarti a reinserirti nel mondo del lavoro dopo la perdita di un impiego.
Quando si parla di outplacement, si fa riferimento a un processo strutturato pensato per sostenerti nella fase di transizione verso una nuova occupazione.
Questo percorso parte dall’analisi delle tue competenze, passa attraverso eventuali momenti di formazione o consulenze personalizzate, e ti fornisce strumenti pratici per affrontare il mercato con maggiore consapevolezza.
L’outplacement può essere destinato a singoli lavoratori o a gruppi di dipendenti, spesso nell’ambito di riorganizzazioni aziendali o piani condivisi con i sindacati.
Una società di outplacement ti supporta nel momento in cui hai perso il lavoro, accompagnandoti in un percorso di reinserimento professionale pensato su misura.
Il suo obiettivo è aiutarti a valorizzare le tue competenze, a definire nuovi traguardi lavorativi e a trovare strategie efficaci per rientrare nel mercato del lavoro.
In concreto, ti affianca con strumenti pratici come il coaching individuale, la revisione del curriculum, le simulazioni di colloqui e l’orientamento verso le opportunità più adatte a te.
Queste società lavorano anche con le imprese, per favorire uscite organizzate o inserimenti mirati, cercando di rendere il cambiamento meno traumatico possibile per entrambe le parti.
Il mercato del lavoro è in continua evoluzione, e questo si ripercuote necessariamente sulle persone: nel corso del tempo, pur restando nella stessa organizzazione, se non si dedicano a percorsi di crescita o formazione, rischiano di non essere allineate con gli obiettivi aziendali.
«Ciò che è cambiato è anche il concetto di outplacement – spiega Roberta Bullo. Non necessariamente, infatti, un’azienda deve andar male per far ricorso a un percorso di outplacement. L’azienda, spesso, ha bisogno di affrontare processi di cambiamento, quindi di capire se le persone siano in grado di supportare questo percorso di trasformazione.
Tra i nostri obiettivi – prosegue Bullo –, c’è quello di affiancare le persone in questi processi di cambiamento, aiutandole nella consapevolezza del proprio valore professionale. Un processo di transizione di carriera può essere utile alla persona per capire che deve fare dei percorsi di aggiornamento e formazione per essere al passo con le nuove esigenze aziendali».
«In questi percorsi di cambiamento la persona è al centro delle nostre attenzioni – dice Paolo Vitale. C’è un individuo, c’è un bagaglio di esperienza e un insieme di competenze. Rappresentano un grande valore sia per la persona, che per l’azienda che ha vissuto fino a quel momento con quel professionista, e lo sarà per un altro contesto.
Ciò che noi facciamo ha un valore sociale, ed è legato al futuro: non deve andar perso, né abbandonato, alcun tipo di valore professionale e umano che ogni persona di cui ci occupiamo può manifestare.
Questo passaggio va gestito con attenzione: prendersi cura delle persone è un passaggio fondamentale, perché solo dando fiducia si permette loro di affidarsi completamente, e affrontare il percorso di cambiamento con la massima serenità possibile».
«Il primo passo consiste nel fare un bilancio personale. È indispensabile accompagnare le persone a essere consapevoli delle esperienze maturate nel tempo – dice Roberta Bullo.
Solitamente, la prima reazione di una persona di fronte ai percorsi di outplacement non è positiva, ed è fondamentale aiutarla a scoprire e valorizzare i suoi talenti, in modo che possa cogliere la transizione di carriera come un’opportunità di crescita personale e professionale».
Poi subentra la fase di ricerca attiva di un’altra occupazione. «Il consulente accompagna, poi, nella valutazione delle competenze, se siano aggiornate o meno, e si valutano gli obiettivi della persona – conclude Paolo Vitale –. Si contribuisce con il realismo, avendo ben presente il mercato del lavoro, e le aziende che possono essere interessate a un determinato profilo.
Quindi, si analizzano i desideri della persona, cercando di adeguarli alla situazione oggettiva. L’ultima fase consiste nell’accompagnare il professionista a rivedere alcuni aspetti legati alla comunicazione, così da aiutarlo in una modalità di dialogo più proficua, in occasione di un colloquio di lavoro».
Il costo dell’outplacement dipende dal livello di servizio e dal grado di personalizzazione previsto. Di norma, è l’azienda a farsi carico della spesa, specialmente nei contesti di licenziamenti collettivi o riorganizzazioni aziendali, quando l’outplacement è previsto all’interno di accordi sindacali o piani di gestione delle eccedenze.
Dal punto di vista fiscale, si tratta di una formula vantaggiosa: per l’azienda le spese sono generalmente deducibili, mentre per il lavoratore il servizio non è considerato reddito, quindi non è soggetto a tassazione. Questo rende l’outplacement una scelta efficace e sostenibile per entrambe le parti.
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