Telethon, charity che si ispira al modello organizzativo aziendale

(In foto: Daniele Eleodori, HR Director Telethon Foundation)

Non profit d’avanguardia in terapia genica, People Management e gestione aziendale. Ce ne parla Daniele Eleodori, HR Manager di Telethon Foundation

Proveniente dal mondo profit, dal 2009 Daniele Eleodori è a capo dell’ufficio HR di Telethon, che ora punta a produrre e distribuire direttamente le terapie geniche salvavita ai pazienti affetti da malattie genetiche rare.

Orgoglioso di lavorare nel Non Profit ma anche di aver portato il seme dell’organizzazione aziendale in questo mondo, sempre più professionale e al passo con i tempi, Daniele Eleodori è HR Director di Fondazione Telethon, in cui è entrato nel 2009 dopo esperienze in multinazionali della metalmeccanica, della farmaceutica, della moda e del mercato immobiliare.

Con 140 dipendenti dislocati tra Roma e Milano, più due istituti di ricerca con più di 200 ricercatori ciascuno, il Tigem a Pozzuoli e SR-Tiget presso l’ospedale San Raffaele di Milano, all’avanguardia nella terapia genica, Telethon è attiva nella raccolta fondi e nella ricerca sulle malattie genetiche rare dal 1990.

I tre vertici dell’ecosistema Telethon

L’ecosistema Fondazione Telethon poggia su tre attori in equilibrio, ognuno con i propri bisogni e obiettivi specifici. Ed è bene precisare che la raccolta fondi deriva solo da donatori privati, senza sovvenzioni pubbliche.

“Il primo attore è il cittadino o azienda, che ha interesse che i fondi che ha donato siano usati bene”, spiega Eleodori, “Il secondo sono i ricercatori, fondamentali per far avanzare la ricerca biomedica sulle malattie genetiche rare.

Rappresentano il nostro braccio armato. In Italia ci sono pochi finanziamenti e tante richieste, possiamo premiare solo i migliori. L’area organizzativa che si occupa di coordinare il processo di assegnazione dei fondi di ricerca in maniera equa e meritoria è perciò fondamentale nella sua funzione”.

“Il terzo attore, che consideriamo il nostro azionista di riferimento, sono ovviamente i pazienti, insieme alle loro famiglie”, prosegue, “Nella nostra maratona televisiva parliamo soprattutto di bambini, perché il 70% delle malattie rare ha impatto sulla popolazione infantile.

Esistono circa 6mila patologie rare, senza investimenti in ricerca. In questo vuoto ci inseriamo noi. Questi tre vertici sono la componente fondamentale della nostra storia e del nostro scopo”.

L’unica charity in Italia che oltre a finanziare la ricerca la gestisce

Nel 2009, in un momento cruciale per il suo sviluppo futuro, Telethon decise di investire sui suoi istituti di ricerca per arrivare alla cura delle malattie.

“Dal 2010 abbiamo avviato diverse partnership con multinazionali farmaceutiche, per produrre e distribuire terapie che oggi permettono la cura di centinaia di bambini che arrivano da tutto il mondo qui in Italia”, sottolinea con orgoglio.

C’è poi il percorso pluriennale svolto insieme a molte famiglie di pazienti con malattie genetiche rare. “Siamo diventati punto di riferimento di più di 200 associazioni che si occupano di singole patologie per le quali in alcuni casi si sa poco o niente.

Le assistiamo in molti modi, tra cui individuare il miglior processo per attivare finanziamenti sulla malattia che loro vorrebbero studiare. Vi invito ad approfondire sul sito di Telethon la bellezza del progetto Seed Grant. Questo riflette in maniera molto coerente il nostro credo: nessuno deve essere lasciato indietro, ogni singola vita conta”.

Produrre terapie: una nuova frontiera da raggiungere

Se negli anni si è spinta già molto oltre le tradizionali attività di una charity, la prossima sfida per Telethon si presenta rivoluzionaria.

“Su alcune malattie, molto rare, le aziende non riescono a sostenere produzione e distribuzione di una terapia nel tempo. Per questo ci troviamo di fronte a una sfida gigantesca. Dopo la ricerca clinica e le partnership con le case farmaceutiche, vogliamo arrivare a gestire l’ultimo passaggio, cioè la produzione e la distribuzione del farmaco.

Per farlo abbiamo esteso notevolmente il livello di professionalità della nostra direzione scientifica, che si configura come una vera direzione ricerca e sviluppo di un’azienda farmaceutica.

È un passo enorme per una piccola charity. Raccogliamo circa 70 milioni di euro l’anno, dai quali vanno sottratte le spese per il funzionamento della macchina organizzativa. Ci stiamo portando a casa questo onere che è anche una sfida meravigliosa: la possibilità di produrre e distribuire terapie che altrimenti resterebbero solo sulla carta, senza possibilità di arrivare mai sul letto del paziente”.

Dalla pratica legale all’amore per il settore HR

“Non ho avuto in famiglia persone con esperienza aziendale”, ricorda Eleodori sul suo percorso di formazione.

Nato e cresciuto a Pisa, si è laureato in Giurisprudenza nella sua città iniziando come tanti la pratica in uno studio legale.

“Mi ha ‘salvato’ la tesi, su una direttiva comunitaria sulle relazioni sindacali, che mi aveva lasciato un semino di curiosità. Dopo un paio di anni di tirocinio legale, infatti, ho deciso di cambiare direzione e di iscrivermi a un master in Risorse Umane a Lucca, grazie a cui ho fatto sei mesi di stage a Nuovo Pignone General Electric, a Firenze. Un trampolino di lancio fantastico”.

Dal settore meccanico il passaggio a Eli Lilly, azienda farmaceutica multinazionale con sede negli Stati Uniti. “È stata la mia scuola HR, perché già negli anni 2000 era all’avanguardia.

Dopo due anni fondamentali con loro sono passato a una realtà italiana sana e fantasiosa come Ferragamo. Per motivi personali mi sono quindi trasferito a Roma, in una realtà del mondo finanziario legata al settore real estate che per me è stata la più difficile. Così mi sono messo alla ricerca di una nuova avventura”.

Ricerca fortunata, visto che con la fondazione Telethon la scintilla è scattata subito. “Ho scoperto il mio grande amore. Fin dall’inizio ho avuto l’incarico di sviluppare un ufficio HR.

Nel 2009 il non profit era ancora molto legato a dinamiche simili a quelle delle imprese familiari. In Fondazione Telethon esisteva un ufficio personale ma si occupava praticamente solo di payroll, contrattualistica e un po’ di selezione. Il percorso di crescita della funzione HR è stato importante, tanto che oggi la mia supervisione è molto articolata ​​e i processi che gestiamo sono in linea con quelli di modelli aziendali evoluti”.

I trend HR del momento

Dove sta andando il mondo HR, nell’era dello smart working? “La gestione delle persone, delle tecnologie e degli spazi sono le giuste leve e caratterizzano tutti i nostri concetti di evoluzione di una smart organization”, sottolinea Eleodori.

“Oggi è importante avere sedi con spazi pensati per migliorare le dinamiche di relazione e dotare le persone di strumenti informatici adeguati. Abbiamo lavorato molto sulla responsabilizzazione, passando dal controllo gerarchico delle attività al monitoraggio dei percorsi, le persone oggi si attivano per migliorare le loro competenze e sono garanti del loro lavoro a favore dell’organizzazione”.

Nella visione di Telethon, Smart Organization significa assumere una veste organizzativa agile, dinamica, spontanea nel dialogo e nelle relazioni”, che esce da logiche impiegatizie e che punta a un risultato imprenditoriale di sistema.

“Abbiamo attivato un team di progetto orizzontale con competenze portate da tutte le aree organizzative. Si è agito in una modalità sempre più collettiva, valorizzando l’individuo a prescindere dalla sua posizione organizzativa e gerarchica.

Altre grandi sfide attuali riguardano lo sviluppo digitale, la comunicazione virtuale e le relazioni tra i colleghi. Il nuovo sistema di performance management è sempre più connesso con lo sviluppo delle capacità attitudinali, che faranno sempre la più differenza in futuro.

Infine, si sta lavorando su un modello di leadership di sistema, creando a supporto un vocabolario di capacità gestionali e relazionali che sta diventando comune a tutta l’organizzazione”. 

Portare una mentalità profit nel non profit

A dispetto di quanto si creda, la maratona televisiva che dal 1990 caratterizza e ha fatto conoscere Telethon rappresenta solo uno dei canali minori di raccolta fondi e nemmeno più il principale.

“Abbiamo sviluppato una strategia multicanale, prendendoci anche dei rischi sia nel lancio di nuove sfide progettuali, sia assumendo manager a livelli apicali che venivano dal mondo profit.

Così abbiamo scardinato il paradigma che solo chi avesse militato nel contesto non profit potesse guidare con efficacia questo tipo di struttura, e il tempo ci ha dato ragione”.

Abbiamo iniziato a lavorare e a prendere esempio dai modelli organizzativi aziendali già dal 2009. I nostri manager si sono impegnati con determinazione a gettare semi per creare squadre sempre più preparate, motivate e consapevoli dell’importanza del loro contributo, con possibilità di far crescere le persone dal basso e di far evolvere la leadership e le performance della Fondazione.

Credo che il non profit debba attingere e allinearsi sempre più a modelli organizzativi evoluti, mantenendo sempre saldo il focus sui valori e sullo scopo originario. Noto che in questi anni tante organizzazioni nel nostro settore stanno costruendo e facendo evolvere gli uffici HR, noi siamo tra quelli che l’hanno fatto con un po’ di anticipo”.

 

 

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