Dal 28 febbraio 2023 addio a licenziamento rito Fornero

Licenziamenti, dal 1 marzo addio rito Fornero
(foto Shutterstock)

La Riforma Cartabia ha cancellato il rito speciale per i licenziamenti, che era stato introdotto dall'allora ministra Fornero

La Legge di Bilancio 2023 ha anticipato al 28 febbraio 2023 l’entrata in vigore della Riforma Cartabia, un intervento legislativo che ha rivoluzionato le regole che disciplinano il processo civile e che impatta anche su alcuni importanti istituti del processo civile del lavoro.

Tra le novità più importanti in tema di lavoro c’è senza dubbio la cancellazione del cosiddetto “rito Fornero”, ossia il processo rapido, introdotto dall’allora ministra Elsa Fornero, che si applicava ai licenziamenti dei lavoratori alle dipendenze delle aziende medio-grandi. 

Dal 28 febbraio 2023 tutti i licenziamenti seguono lo stesso processo, a prescindere dalle dimensioni dell’azienda. Non cambia invece il regime di tutela, che continua a essere differenziato in base al numero di dipendenti occupati dal datore di lavoro e dalla data di assunzione.

Che cos’è il rito Fornero?

È, o meglio era, il processo previsto per le impugnazioni dei licenziamenti, comminati dalle aziende medio-grandi, ossia quelle che occupano più di 15 dipendenti nello stesso comune o più di 60 in tutto il territorio nazionale. 

Potevano utilizzare questo rito tutti i dipendenti assunti con contratto a tempo indeterminato alla data del 7 marzo 2015. 

Il rito prende il nome dell’allora Ministra del Lavoro, la professoressa Elsa Fornero, protagonista di interventi normativi in tema di pensioni, licenziamenti e processo del lavoro. 

Il rito Fornero si contraddistingueva per una forte celerità rispetto ai giudizi ordinari: consisteva in due fasi, una prima sommaria e una seconda a cognizione piena. Con la caratteristica che già al termine della prima fase sommaria il Tribunale doveva pronunciarsi sulla legittimità o meno del licenziamento. 

La seconda fase – detta a “cognizione piena” – era solo eventuale e a impulso della parte soccombente all’esito della fase sommaria.

Dal 28 febbraio 2023 un rito unico per tutti i licenziamenti

Tre anni dopo la Legge Fornero è stato approvato il Jobs Act e tutti i decreti attuativi, tra i quali il decreto legislativo 23/2015, che ha riformato anche le tutele e i processi di impugnazione dei licenziamenti. 

La conseguenza è stata la contemporanea compresenza di due diversi processi del lavoro, a seconda della data di assunzione del lavoratore licenziato e delle dimensioni aziendali.

La Riforma Cartabia ha cancellato il rito Fornero e unificato il rito da applicare a tutte le impugnazioni: dal 28 febbraio 2023 tutti i processi del lavoro seguono il rito ordinario. 

Spariscono le due fasi del rito Fornero, a eccezione dei giudizi ancora pendenti a tale data. Per il resto, le impugnazioni dei licenziamenti seguono tutte lo stesso rito processuale.

Le tutele in caso di licenziamento

Se il processo è uguale per tutti, rimangono ferme le differenti tutele previste dall’ordinamento in caso di licenziamento illegittimo.

E infatti, la Riforma Cartabia non è intervenuta sulla disciplina sostanziale dei licenziamenti. Pertanto, a seconda della data di assunzione e delle dimensioni aziendali, continua ad applicarsi l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori o il decreto legislativo 23/2015.

Maggiore celerità per i licenziamenti con richiesta di reintegra

La Riforma Cartabia non trascura il fatto che alcune impugnazioni di licenziamenti hanno una maggiore urgenza rispetto alle altre. Su tutte, quelle domande giudiziali che hanno a oggetto la richiesta di reintegra sul posto di lavoro. 

Si pensi, ad esempio, ai licenziamenti nulli perché discriminatori, dettati da motivo illecito, oppure ai licenziamenti per erroneo calcolo del comporto o a quelli fondati su fatti inesistenti o meramente pretestuosi.

In tutti i casi in cui la reintegra è prevista dall’ordinamento come sanzione, il nuovo articolo 441 bis del codice di procedura civile prevede una corsia preferenziale: queste cause “hanno carattere prioritario rispetto alle altre pendenti sul ruolo del giudice, anche quando devono essere risolte questioni relative alla qualificazione del rapporto”. 

 

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