Limiti e novità per le partite IVA
Si tratta di un regime fiscale agevolato dedicato ai titolari delle partite IVA che, per la determinazione del reddito imponibile applica, in maniera appunto forfettaria, delle percentuali prestabilite, differenti a seconda dell’attività svolta.
A partire dal gennaio 2019 il regime forfettario è stato esteso a tutti i titolari di partite IVA, il cui reddito annuo non sia superiore ai 65.000 euro.
A questi contribuenti si applica un’imposta unica (flat tax, cioè tassa piatta) sostitutiva di IRPEF, IRAP e addizionali, pari al 15% o, in alcuni casi, al 5%.
Il principale vantaggio del regime forfettario consiste nell’esenzione dall’IVA e dai relativi adempimenti (come dichiarazione IVA e fatturazione elettronica), nonché nell’esonero dagli obblighi di registrazione e tenuta delle scritture contabili.
Possono accedere al regime forfettario i titolari di ditta individuale o i liberi professionisti, che siano titolari di partita IVA.
Dal regime, invece, è escluso:
Per l’accesso al regime forfettario, per l’anno 2019, l’unica condizione necessaria è non superare 65.000 euro di ricavi annui.
Solo in presenza di questo limite sarà possibile applicare l’imposta sostitutivaÈ un prelievo che si applica alla fonte su taluni redditi (ad es. interessi sui conti correnti bancari o postali che non sono relativi all’attività d’impresa, interessi sui BOT o altri titoli di debito pubblico); i redditi soggetti a imposta sostitutiva, come quelli a tassazione separata, sono esclusi dalla base imponibile. More unica del 15%.
In presenza di nuove attività il regime forfettario opera a condizioni ancora più vantaggiose, cioè con imposta pari al 5% per i primi 5 anni di attività.
Si definiscono “nuove” le attività che rispettano tre requisiti:
Il reddito imponibile, cioè quello da tassare, si ottiene applicando ai ricavi conseguiti uno specifico coefficiente di redditività, variabile dall’86 al 40% a seconda dell’attività svolta.
Esempio: per le attività professionali il coefficiente è pari al 78%. Di conseguenza, un avvocato che percepisce un compenso annuo pari a 30.000 euro avrà un reddito imponibile pari a 23.400 euro (cioè il 78% di 30.000). In questo modo è come se le sue spese ammontassero al 22% (dato che il reddito imponibile è pari al 78%). Ecco spiegato come mai, con questo regime fiscale, non si sottraggono i costi effettivamente sostenuti ma è prevista, in maniera appunto forfettaria, una deduzione percentuale variabile in base all’attività svolta.
Dal reddito determinato forfettariamente vanno sottratti i contributi previdenziali versati nell’anno e si possono dedurre anche le perdite pregresse.
Il reddito così risultante subisce la tassazione del 15% (o del 5% in presenza delle condizioni indicate).
A partire dal 1° gennaio 2020 viene introdotto un nuovo requisito, in aggiunta a quello del limite dei ricavi per un importo non superiore a 65.000 euro, in relazione alle spese per i compensi al personale o ai collaboratori; tali spese, non dovranno superare la somma annua di 20.000 euro.
Ulteriore novità è rappresentata dal fatto che il regime forfettario è escluso per i soggetti che nell’anno precedente hanno percepito redditi di lavoro dipendente e redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente superiori a 30.000 euro.
Viene poi introdotto un regime premiale per le partite IVA che emetteranno solo fatture elettroniche, consistente nella riduzione dei termini per l’accertamento: verrà infatti ridotto di un anno (si passerà quindi dai 5 ai 4 anni).
L’aumento previsto della flat tax al 20% per i contribuenti con ricavi annui compresi tra 65.001 e 100.000 euro viene abolito e non troverà applicazione.