Un datore di lavoro ha accertato che un dipendente aveva utilizzato per finalità personali i permessi previsti dalla legge per l’assistenza ad un familiare disabile.
Il dipendente, infatti, durante i giorni di permesso non era mai uscito dalla propria abitazione e non si era mai recato presso la casa della zia per prestarle assistenza.
A seguito di questo accertamento, il datore di lavoro ha provveduto al licenziamento per giusta causaÈ il licenziamento inflitto senza preavviso a fronte di una condotta del dipendente talmente grave da non consentire la prosecuzione, neanche temporanea, del rapporto. More.
È consentito il licenziamento per giusta causa in caso di abuso dei permessi per l’assistenza ad un familiare disabile?
I lavoratori dipendenti, che assistono un familiare con handicap grave, hanno diritto all’utilizzo di particolari permessi, in base a quanto previsto dalla legge 104 del 1992.
I permessi consistono in 3 giorni al mese, anche frazionabili in ore, interamente retribuiti dall’INPS.
Lo stesso diritto spetta anche ai lavoratori dipendenti che siano portatori di una condizione di handicap grave.
In alternativa ai 3 giorni di permesso è possibile fruire, a determinate condizioni, di riposi giornalieri di 1 o 2 ore, a seconda che l’orario lavorativo giornaliero sia inferiore o superiore alle sei ore.
Per beneficiare dei permessi è necessario presentare domanda all’INPS e al datore di lavoro, allegando il certificato medico a dimostrazione della gravità della condizione di handicap.
Condizione esclusiva per la concessione dei permessi è che il lavoratore assista il familiare disabile, pur non essendo necessaria un’assistenza continuativa.
Ciò significa che il dipendente, pur non dovendo affiancare il familiare per tutto l’arco della giornata, non può utilizzare i giorni di permesso per finalità diverse da quelle di assistenza.
I giudici, pronunciandosi sulla questione, hanno ritenuto legittimo il licenziamento per giusta causa del dipendente (Sentenza n. 18411 del 9 luglio 2019).
La Corte di CassazioneÈ l’organo di vertice della magistratura ordinaria italiana e rappresenta l’ultimo grado di giudizio ricorribile. Ad essa spetta, in via definitiva, l’ultima parola sulla legittimità o meno di una sentenza. More, in particolare, ha sostenuto che l’abuso dei permessi riconosciuti dalla legge, utilizzati dal lavoratore per finalità diverse da quelle di assistenza, incide irrimediabilmente sul rapporto di fiducia con l’azienda.
Questo comportamento, oltre ad essere condannabile da un punto di vista morale e sociale, è anche sanzionabile da un punto di vista penale.
Infatti, il dipendente che utilizza in modo illecito i giorni di permesso, continuando comunque a percepire l’indennità da parte dell’INPS, commette un reato, consistente nell’indebita percezione di contributi statali.