Legge 104, la Cassazione: legittimo andare al parco durante i giorni di permesso

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(foto Shutterstock)

Lo ha stabilito la Corte, annullando il licenziamento per un dipendente che era stato visto al parco senza il familiare di cui si prendeva cura

Con la sentenza numero 7306 del 13 marzo 2023, la Corte di Cassazione ha stabilito chiaramente i limiti di utilizzo dei permessi legge 104: non è necessario, ha chiarito la Corte, che siano dedicati al 100% all’assistenza al familiare, ma rimane fondamentale che il lavoratore rispetti i propri doveri di cura.

Sulla base di questi principi è stata quindi confermata l’illegittimità del licenziamento per un lavoratore che, durante i suoi due giorni di permesso, si era recato al parco a leggere un libro da solo.

Il caso

Una nota società di telecomunicazioni aveva avviato un’indagine investigativa nei confronti di un lavoratore sospettato di utilizzare i permessi 104 in modo improprio. 

Al termine dell’investigazione era emerso che in due occasioni l’uomo non si era occupato di accudire il genitore, ma si era recato al parco da solo a leggere un libro. La società aveva quindi contestato questa condotta e successivamente licenziato l’uomo per giusta causa.

Chi ha diritto ai permessi 104?

Prima di analizzare questo specifico caso, ricordiamo brevemente le regole stabilite dalla legge 104.

Secondo l’articolo 33 della legge 104 del 1992, i “permessi 104” possono essere fruiti da diverse categorie di lavoratori:

“A condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado […], ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito […], anche in maniera continuativa”.

L’attuale testo normativo stabilisce quindi che il soggetto assistito debba essere parente entro il secondo grado, e non prevede più il requisito della convivenza con l’ammalato.

Come possono essere utilizzati i permessi 104?

La sentenza della Corte di Cassazione fornisce nuovi spunti in merito ai limiti di utilizzo dei permessi 104. Negli ultimi anni, anche grazie allo sviluppo di nuove tecniche investigative, sono infatti aumentate le controversie sollevate dalle aziende per possibili usi impropri dei giorni di assenza dal lavoro.

I casi più frequenti ruotano attorno a due interrogativi spesso oggetto di discussione: 

  • Il lavoratore deve assistere il familiare nello stesso orario in cui avrebbe lavorato?
  • Il lavoratore ha il diritto di utilizzare i permessi per riposarsi, ad esempio andando a fare attività sportiva o una passeggiata, oppure semplicemente per rilassarsi al parco o al mare?

Nel caso deciso dalla Cassazione, il lavoratore si è infatti difeso sostenendo di essersi recato al parco per recuperare le energie dopo aver assistito per ore suo padre gravemente malato.

Il Tribunale e la Corte d’Appello hanno accolto le difese del dipendente e annullato di conseguenza il licenziamento: l’onere di assistenza – e quindi l’utilizzo dei permessi 104 – si deve valutare con flessibilità, hanno stabilito, “in modo da poter considerare anche i bisogni personali del dipendente e l’integrità del suo equilibrio psicofisico, sottoposto ad una gravosa prova per le incombenze legate alla cura dei familiari in difficili condizioni di salute”.

L’accusa della società: il permesso deve coincidere con l’orario lavorativo

La datrice di lavoro, dal canto suo, ha sostenuto che durante i giorni di permesso 104 il dipendente avrebbe invece dovuto accudire suo padre in corrispondenza dell’orario di lavoro.

In più, ha spiegato, non era necessario per il lavoratore “riposare ulteriormente”, visto che la mancata prestazione gli avrebbe già consentito di farlo. Secondo l’azienda “il tempo di assistenza deve essere direttamente commisurato alla mancata prestazione lavorativa, dovendo ogni esigenza di recupero psico-fisico del lavoratore trovare spazio in orario extra lavorativo, come avviene nel caso in cui la normale prestazione di lavoro venga resa”.

La Cassazione risponde ai due dubbi sui permessi 104

Come detto, la Corte ha annullato definitivamente il licenziamento, confermando le sentenze dei due gradi precedenti e fornendo risposte ai due interrogativi menzionati in precedenza.

Per quanto riguarda l’orario di utilizzo, la Cassazione ha stabilito che “non è necessario che il dipendente utilizzi i permessi nello stesso orario in cui avrebbe lavorato in azienda”, e che la fruizione dei permessi deve avvenire “senza automatismi o rigide misurazioni dei segmenti temporali dedicati all’assistenza in relazione all’orario di lavoro”.

In ogni caso, ricorda la Cassazione, l’elemento essenziale è “l’esistenza di un diretto e rigoroso nesso causale tra la fruizione del permesso e l’assistenza alla persona disabile”, da intendersi quale “chiara ed inequivoca funzionalizzazione del tempo liberato dall’obbligo della prestazione di lavoro alla […] soddisfazione dei bisogni della persona disabile”.

In altre parole, se il lavoratore svolge “l’attività di assistenza in tempi e modi tali da soddisfare […] le esigenze e i bisogni dei congiunti in condizione di handicap grave” e poi si riposa al parco, “non potrà ravvisarsi alcun abuso del diritto o lesione degli obblighi di correttezza e buona fede, quindi alcun inadempimento”.

Le conseguenze: insussistenza del fatto contestato

La Corte di Cassazione ha dunque confermato le tutele accordate al lavoratore dalle due sentenze precedenti: l’applicazione dell’articolo 18, comma quarto dello Statuto dei Lavoratori e la reintegra sul posto di lavoro. Secondo la Corte, in presenza di un evento senza alcuna rilevanza disciplinare si verifica l’insussistenza del fatto, con le relative tutele a favore del dipendente licenziamento illegittimamente.

 

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