Cassa integrazione: risarcimento del danno per l’unico dipendente che non ha lavorato

dettaglio di uomo d'affari che taglia con la mano pedine simbolo dei suoi dipendenti, eliminandone una
(foto Shutterstock)

La Corte di Cassazione ha confermato il diritto al risarcimento del danno a favore del lavoratore messo in cassa integrazione, mentre gli altri colleghi hanno continuato a lavorare

Un lavoratore era stato collocato dal datore di lavoro in cassa integrazione con sospensione a zero ore, a differenza dei colleghi che svolgevano le stesse mansioni, i quali erano invece stati sospesi a rotazione, alternando giorni lavorativi a giorni di sospensione lavorativaIl lavoratore si era allora rivolto al giudice, chiedendo che fosse dichiarata illegittima la sua collocazione in cassa integrazione a zero ore. Ha poi chiesto che il datore di lavoro fosse condannato a risarcirgli il danno, pari alla differenza tra la normale retribuzione e il trattamento di cassa integrazione percepito.

Il lavoratore escluso dalla rotazione può chiedere il risarcimento dei danni ?

Come si scelgono i lavoratori da mettere in cassa?

Nella scelta dei lavoratori da collocare in cassa integrazione il datore di lavoro non è libero, ma deve rispettare i principi generali di correttezza e buona fede.
Uno dei criteri più diffusi è quello della “rotazione dei lavoratori” in cassa.
La rotazione tra lavoratori che svolgono le stesse mansioni è un modo per distribuire, in modo uguale tra tutti i dipendenti, le conseguenze derivanti dalla riduzione dell’attività lavorativa. In questo modo si evitano ingiustificate discriminazioni tra i lavoratori.

Per poter richiedere la concessione della cassa integrazione, il datore di lavoro deve attivare una apposita procedura di consultazione sindacale. In questa consultazione, l’azienda e i sindacati esaminano assieme le possibili modalità della rotazione tra i lavoratori o le ragioni tecnico-organizzative della mancata adozione di meccanismi di rotazione. Quindi, la rotazione dei lavoratori può essere disapplicata solo in presenza di giustificati motivi di ordine tecnico-organizzativo che ne impediscono la adozione.

Senza valide (e dimostrabili) ragioni, la sospensione è illegittima

Nel caso deciso dalla Corte di Cassazione con la sentenza 20 aprile 2021, n. 10378, è stata confermata l’illegittimità della collocazione del lavoratore in cassa integrazione a zero ore senza rotazione.

Infatti, dalle prove raccolte dai giudici era emerso che il lavoratore fosse stato l’unico ad essere sospeso a zero ore, mentre gli altri dipendenti che svolgevano le sue stesse mansioni erano stati sospesi a rotazione. Nessuna prova è stata fornita per giustificare un simile comportamento discriminatorio. Le comunicazioni trasmesse dall’azienda ai sindacati non specificavano la ragione della sospensione del lavoratore a zero ore (a differenza dei colleghi) e nemmeno indicavano i criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere a rotazione. In queste comunicazioni veniva, invece, soltanto riportato genericamente il numero massimo dei lavoratori da porre in cassa integrazione, ma ciò non consentiva di conoscere in anticipo i criteri di scelta dei lavoratori da sospendere e, quindi, di verificare poi la loro corretta applicazione.
La collocazione del lavoratore in cassa integrazione a zero ore, quindi, risultava immotivata e dunque illegittima.

Che danni sono stati riconosciuti al dipendente messo in cassa?

Il dipendente in cassa integrazione percepisce una retribuzione mensile inferiore rispetto allo stipendio ordinario. Pertanto, accertata la mancata rotazione, al lavoratore è stato riconosciuto il diritto al risarcimento del danno, in misura corrispondente alla differenza tra le retribuzioni spettanti nel periodo di ingiustificata sospensione e il trattamento di cassa integrazione percepito

 

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