La Corte di Cassazione ha confermato il diritto al risarcimento del danno a favore del lavoratore messo in cassa integrazione, mentre gli altri colleghi hanno continuato a lavorare
Un lavoratore era stato collocato dal datore di lavoro in cassa integrazioneÈ uno strumento previsto dalla legge ed erogato dall’INPS per integrare o sostituire lo stipendio dei lavoratori che hanno subito una riduzione o sospensione dell’attività lavorativa per ragioni legate all’azienda. More con sospensione a zero ore, a differenza dei colleghi che svolgevano le stesse mansioni, i quali erano invece stati sospesi a rotazione, alternando giorni lavorativi a giorni di sospensione lavorativa. Il lavoratore si era allora rivolto al giudice, chiedendo che fosse dichiarata illegittima la sua collocazione in cassa integrazione a zero ore. Ha poi chiesto che il datore di lavoro fosse condannato a risarcirgli il danno, pari alla differenza tra la normale retribuzione e il trattamento di cassa integrazione percepito.
Il lavoratore escluso dalla rotazione può chiedere il risarcimento dei danni ?
Nella scelta dei lavoratori da collocare in cassa integrazione il datore di lavoro non è libero, ma deve rispettare i principi generali di correttezza e buona fede.
Uno dei criteri più diffusi è quello della “rotazione dei lavoratori” in cassa.
La rotazione tra lavoratori che svolgono le stesse mansioni è un modo per distribuire, in modo uguale tra tutti i dipendenti, le conseguenze derivanti dalla riduzione dell’attività lavorativa. In questo modo si evitano ingiustificate discriminazioni tra i lavoratori.
Per poter richiedere la concessione della cassa integrazione, il datore di lavoro deve attivare una apposita procedura di consultazione sindacale. In questa consultazione, l’azienda e i sindacati esaminano assieme le possibili modalità della rotazione tra i lavoratori o le ragioni tecnico-organizzative della mancata adozione di meccanismi di rotazione. Quindi, la rotazione dei lavoratori può essere disapplicata solo in presenza di giustificati motivi di ordine tecnico-organizzativo che ne impediscono la adozione.
Nel caso deciso dalla Corte di Cassazione con la sentenza 20 aprile 2021, n. 10378, è stata confermata l’illegittimità della collocazione del lavoratore in cassa integrazione a zero ore senza rotazione.
Infatti, dalle prove raccolte dai giudici era emerso che il lavoratore fosse stato l’unico ad essere sospeso a zero ore, mentre gli altri dipendenti che svolgevano le sue stesse mansioni erano stati sospesi a rotazione. Nessuna prova è stata fornita per giustificare un simile comportamento discriminatorio. Le comunicazioni trasmesse dall’azienda ai sindacati non specificavano la ragione della sospensione del lavoratore a zero ore (a differenza dei colleghi) e nemmeno indicavano i criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere a rotazione. In queste comunicazioni veniva, invece, soltanto riportato genericamente il numero massimo dei lavoratori da porre in cassa integrazione, ma ciò non consentiva di conoscere in anticipo i criteri di scelta dei lavoratori da sospendere e, quindi, di verificare poi la loro corretta applicazione.
La collocazione del lavoratore in cassa integrazione a zero ore, quindi, risultava immotivata e dunque illegittima.
Il dipendente in cassa integrazione percepisce una retribuzione mensile inferiore rispetto allo stipendio ordinario. Pertanto, accertata la mancata rotazione, al lavoratore è stato riconosciuto il diritto al risarcimento del danno, in misura corrispondente alla differenza tra le retribuzioni spettanti nel periodo di ingiustificata sospensione e il trattamento di cassa integrazione percepito.
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